di padre John Flynn, LC
ROMA, lunedì, 15 marzo 2010 (ZENIT.org).- I messaggi e le immagini nei media, di natura sessuale e che incitano a comportamenti licenziosi, costituiscono una minaccia per i giovani, sostiene un rapporto pubblicato dal Ministero dell’Interno del Regno Unito.
L'Home Office britannico ha incaricato una psicologa indipendente, la dottoressa Linda Papadopoulos, di esaminare l’impatto derivante da una cultura altamente sessualizzata. L’iniziativa rientra nell’ambito della politica del Governo diretta a contenere i fenomeni di violenza contro le donne.
“Per cambiare i comportamenti ci vuole del tempo, ma è fondamentale se vogliamo arrestare la violenza contro le donne e le ragazze”, ha osservato il Ministro dell’Interno Alan Johnson nel comunicato stampa del 26 febbraio che accompagna il rapporto.
Sia il Partito laburista al Governo che il principale partito di opposizione, quello conservatore, sono preoccupati per l’impatto che la cultura contemporanea esercita sui giovani. Prima della pubblicazione del rapporto, il leader del Partito conservatore, David Cameron, si era detto favorevole ad una stretta sulle pubblicità irresponsabili destinate ai minori, secondo quanto riferito dalla BBC il 26 febbraio.
Nel rapporto, intitolato “Sexualization of Young People: Review”, la dottoressa Papadopoulos ha spiegato che la sua ricerca rientra nell’ambito di una consultazione finalizzata ad accrescere la consapevolezza sui problemi della violenza contro le donne e le ragazze. In particolare, la sua ricerca riguarda la questione del nesso tra una cultura sessualizzata e la violenza.
“Le donne sono apprezzate – e premiate – per i loro attributi fisici e, sia le ragazze, che i ragazzi, sin da un’età sempre più precoce, sono spinti a emulare gli stereotipi sessuali estremizzati”, osserva il rapporto.
Nello studio, la sessualizzazione è definita come “l’imposizione di una sessualità adulta sui bambini e sui giovani, prima che questi siano diventati capaci di gestirla, mentalmente, emotivamente o fisicamente”.
Come oggetti
L’uso di immagini sessuali nei media non è certamente un fenomeno recente, ammette il rapporto. Tuttavia, negli ultimi anni abbiamo assistito a un inedito incremento nella loro frequenza. Inoltre, i bambini vengono oggi descritti più spesso secondo criteri adulti, mentre le donne vengono infantilizzate.
“Questo porta a un offuscamento del confine tra maturità e immaturità sessuale, con la conseguenza di una legittimazione dell’idea secondo cui i bambini possono essere considerati come oggetti sessuali”, sottolinea il testo.
Per quanto riguarda i bambini, una preoccupazione evidenziata nel rapporto è che a un’età precoce, le capacità cognitive necessarie a gestire adeguatamente le incalzanti immagini mediatiche non sono ancora sviluppate. In aggiunta a questa incapacità di gestire tali immagini, la natura pervasiva di una cultura sessualizzata implica che i bambini siano frequentemente esposti a contenuti che non sono appropriati per la loro età.
Il rapporto osserva che uno dei temi dominanti, nelle riviste più diffuse, è che le ragazze devono presentarsi in modo sessualmente attraente per essere apprezzate dai ragazzi. Questo è vero anche per i bambini, che vengono incoraggiati a vestirsi in modo da attirare l’attenzione su attributi sessuali che peraltro ancora non possiedono.
Per esempio, le bambole sono presentate in modo notevolmente sessualizzato. Oggetti come astucci per le matite o quaderni riportano il logo di Playboy. La biancheria intima opportunamente imbottita viene commercializzata e venduta anche a bambini di otto anni.
Per quanto riguarda i ragazzi, il messaggio predominante è che devono essere sessualmente dominanti e trattare il corpo femminile come un oggetto.
Nella televisione, nel cinema e nella musica, oltre che nella carta stampata, tutto dipinge i giovani secondo questo messaggio ipersessualizzato, osserva il rapporto.
Disordini
Una delle conseguenze che può derivare dalle continue pressioni sui giovani per conformarsi a tali immagini stereotipate è quella di una permanente insoddisfazione nei confronti del proprio corpo e di una scarsa autostima. A sua volta, questo può ingenerare forme di depressione e di disordine alimentare come l’anoressia. Ma le giovani donne stanno anche ricorrendo sempre più spesso alla chirurgia estetica, spinte dalla pressione a conformarsi a un immagine idealizzata.
I bambini e gli adolescenti sono esposti anche a un ingente volume di contenuti mediatici di natura esplicitamente sessuale o persino pornografica, aggiunge Papadopoulos. La facilità di accedere a Internet e di ricevere materiali via e-mail o sui telefoni cellulari, rende difficile contenere questo afflusso.
D’altra parte l’industria del sesso è ormai entrata nella grande diffusione ed è diventata parte integrante della cultura quotidiana, osserva il rapporto. Gli annunci di lavoro regolarmente comprendono anche quelli di agenzie di escort, di club di lap dance, di luoghi di prostituzione e di canali televisivi sessuali.
“Il fatto che, sia nella cultura popolare, che in quella delle celebrità, le donne sono normalmente apprezzate e celebrate per il loro sex appeal e il loro aspetto – con scarsi riferimento al loro intelletto o alle loro capacità – costituisce un potente messaggio per i giovani su cosa considerare di valore e su cosa doversi concentrare”, osserva il rapporto.
Come conseguenza di questo, molti giovani pubblicano nelle proprie pagine Web, foto esplicitamente sessuali di se stessi e usano spesso con i loro coetanei un linguaggio sprezzante e degradante, afferma il rapporto.
La sessualizzazione delle ragazze contribuisce anche ad alimentare il mercato della pedofilia, secondo il rapporto. Molte ragazze si espongono in evidenti pose sessualmente provocanti per farsi vedere dai propri coetanei attraverso i social network, le e-mail o i cellulari.
“Sono gli stessi giovani ora a produrre e a far circolare ciò che in effetti è ‘pornografia minorile’ – un fatto che emerge dal crescente numero di adolescenti condannati per possesso di questi materiali”, osserva il rapporto.
Violenze
Per quanto riguarda la correlazione tra sessualizzazione e violenza contro le donne, il rapporto cita una ricerca da cui risulta che gli adulti che fruiscono di immagini di donne trattate come oggetti sessuali sono più propensi ad accettare la violenza.
“Gli elementi raccolti in questo studio evidenziano un chiaro nesso tra il consumo di immagini sessuali, la tendenza a fruire di immagini di donne-oggetto e l’accettazione di atteggiamenti e comportamenti aggressivi come normali”, aggiunge il rapporto.
La dottoressa Papadopoulos richiama anche un recente sondaggio che mostra come, per molti giovani, la violenza all’interno di un rapporto è normale. Nel gruppo di età tra i 13 e i 17 anni, una ragazza su tre era stata costretta ad atti sessuali non voluti, nell’ambito di una relazione, mentre una su quattro aveva subito violenza fisica.
Dalla ricerca citata nel rapporto risulta anche che le pubblicità, nell’incoraggiare i maschi a considerare le donne principalmente come esseri sessuali, promuovono una mentalità in cui le donne sono considerate come subordinate e quindi come possibili obiettivi di violenza sessuale.
“L’immagine continuamente riproposta, dell’uomo dominante e aggressivo e della donna subordinata e degradata, verosimilmente continua ad alimentare le violenze contro le donne”, afferma il rapporto.
La rivolta
Il rapporto conclude facendo appello alle persone, perché prendano coscienza del fatto che la sessualizzazione è una questione di grande importanza, con pesanti conseguenze per gli individui, le famiglie e la società. Studi analoghi, svolti negli Stati Uniti e in Australia, sono giunti alle ste
sse conclusioni, sottolinea il rapporto, pur auspicando maggiori ricerche su questo fenomeno. Il rapporto termina con un elenco di 36 raccomandazioni su come gestire la sessualizzazione.
Oltre che in rapporti come questo, pubblicato di recente dal Ministero dell’Interno britannico, l’opposizione alla sessualizzazione della cultura contemporanea sta crescendo anche tra la gente comune.
Un esempio in questo senso viene dall’Australia, dove il sito Internet Collective Shout offre una piattaforma interattiva per persone o gruppi che vogliono adoperarsi contro le aziende e i media che promuovono la donna-oggetto e la sessualizzazione delle ragazze per vendere i loro prodotti e servizi.
In definitiva, la maggiore regolamentazione forse non serve a risolvere problemi come lo svilimento della sessualità. Ciò che sarebbe veramente necessario è un cambiamento nell’opinione pubblica, su larga scala, innescato da una rivolta contro lo sfruttamento della donna, da parte delle molte persone che sono stufe di dover accettare la continua degradazione della dignità umana.