Il Papa: per raggiungere la pace, bisogna cambiare il cuore

Riceve i Vescovi del Sudan a Roma per la visita ad limina

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CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 15 marzo 2010 (ZENIT.org).- Per raggiungere la pace è necessario un vero cambiamento, iniziando da quello del cuore.

Benedetto XVI lo ha spiegato questo sabato mattina ricevendo in udienza i Vescovi del Sudan, a Roma in occasione della loro visita quinquennale ad limina apostolorum al Papa e alla Curia romana.

“So quanto voi e i fedeli del vostro Paese desideriate la pace, e quanto pazientemente vi adoperate per il suo ripristino”, ha riconosciuto il Pontefice riferendosi al conflitto che insanguina da decenni il Paese opponendo il nord prevalentemente arabo al sud cristiano e animista.

“Se la pace significa mettere radici profonde, bisogna compiere sforzi comuni per diminuire i fattori che contribuiscono ai conflitti, in particolare la corruzione, le tensioni etniche, l’indifferenza e l’egoismo”, ha sottolineato.

In questo senso, ha esortato a promuovere iniziative “basate sull’integrità, su un senso di fraternità universale e sulle virtù della giustizia, della responsabilità e della carità”, ricordando che “trattati e altri accordi, elementi indispensabili del processo di pace, recheranno frutti solo se saranno ispirati e accompagnati dall’esercizio di una guida matura e moralmente retta”.

“Gli effetti della violenza potrebbero impiegare anni per attenuarsi – ha riconosciuto -, ma il mutamento del cuore che è la condizione indispensabile per una pace giusta e duratura deve essere implorato fin da ora quale dono della grazia di Dio”.

Il contributo della Chiesa

Benedetto XVI ha quindi riconosciuto l’importante ruolo della Chiesa in Sudan, Paese nel quale i cattolici rappresentano un’esigua minoranza (su 37 milioni di abitanti, i cristiani sono il 17%, e i cattolici appena il 15% di questi ultimi), ma sono molto attivi nell'”aiutare i poveri a vivere con dignità e rispetto di sé, a trovare un lavoro a lungo termine e a essere in grado di dare il proprio contributo alla società”.

In questo contesto, ha chiesto ai Vescovi che la loro predicazione e attività pastorale “continuino a essere ispirate da una spiritualità di comunione che unisce le menti e i cuori in obbedienza al Vangelo, dalla partecipazione alla vita sacramentale della Chiesa e dalla fedeltà alla vostra autorità episcopale”.

“Voi stessi dovete essere i primi insegnanti e testimoni della nostra comunione di fede e dell’amore di Cristo, condividendo iniziative comuni, ascoltando i vostri collaboratori, aiutando sacerdoti, religiosi e fedeli ad accettarsi e sostenersi reciprocamente senza distinzione di razza o gruppo etnico, in uno scambio generoso di doni”, ha aggiunto.

Per questa ragione, il Papa ha esortato i Vescovi a dedicarsi al rafforzamento dell’educazione cattolica, “e quindi a preparare i laici in particolare a recare una testimonianza convincente di Cristo in ogni aspetto della famiglia, della vita politica e sociale”.

Dopo i genitori, infatti, “i catechisti sono il primo anello nella catena di trasmissione del prezioso tesoro della fede”.

Dialogo interreligioso

Il Pontefice ha quindi espresso il proprio apprezzamento per gli sforzi compiuti dai Vescovi sudanesi per mantenere buoni rapporti con i seguaci dell’islam.

A questo proposito, ha esortato a “sottolineare i valori che i cristiani condividono con i musulmani, come base per quel ‘dialogo di vita’ che è un primo passo essenziale verso un rispetto e una comprensione interreligiosi autentici”.

“La stessa apertura e lo stesso amore dovrebbero essere dimostrati verso chi appartiene alle religioni tradizionali”, ha riconosciuto.

Un’evangelizzazione difficile

Nel suo saluto al Pontefice, il Vescovo Rudolf Deng Majak, presidente della Conferenza Episcopale del Sudan, ha sottolineato la difficoltà di diffondere il cristianesimo nel Paese.

Il motivo, ha spiegato, è essenzialmente la carenza di persone e “di risorse materiali per portare avanti la necessaria opera di evangelizzazione”. I religiosi vivono spesso in grande povertà, e devono compiere lunghi viaggi senza alcun mezzo di trasporto per poter raggiungere le comunità più lontane.

Nonostante gli ostacoli, la Chiesa è molto impegnata, soprattutto nei confronti dei giovani. “Abbiamo molte scuole gestite dalla Chiesa. Centinaia di catechisti svolgono l’opera di evangelizzazione e si occupano dei servizi di preghiera domenicali – ha sottolineato come riporta “L’Osservatore Romano” -. Nel periodo post-bellico il ministero giovanile sta diventando un’importante responsabilità per la società e per la Chiesa”.

Allo stesso modo, si presta particolare attenzione alla formazione dei responsabili delle comunità e dei seminaristi, così come alla formazione permanente di sacerdoti, religiosi e religiose.

“Nei nostri programmi pastorali – ha aggiunto – la priorità è stata dedicata alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione”.

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ZENIT Staff

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