La generazione del matrimonio

Per i giovani la felicità coniugale è prioritaria

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di Carl Anderson

NEW HAVEN, Connecticut, mercoledì, 24 febbraio 2010 (ZENIT.org).-Tra le molte cose per cui sarà ricordato il Papa Giovanni Paolo II vi è certamente la sua capacità di parlare ai giovani. L’istituzione della Giornata mondiale della gioventù, una tradizione che è stata accolta da Benedetto XVI, si è rivelata come una lungimirante occasione di insegnamento, un modo per comunicare con la successiva generazione di genitori cattolici, preti e religiosi.

Un nuovo sondaggio congiunto Cavalieri di Colombo e Marist Institute for Public Opinion evidenzia l’importanza di comunicare alle nuove generazioni di cattolici. I risultati di questo recente studio, svolto sui giovani americani nati tra il 1978 e il 2000 (i cosiddetti millennials), ha rivelato elementi di speranza, ma anche aree di preoccupazione per la Chiesa cattolica, di cui gli evangelizzatori cattolici – laici, chierici e religiosi – dovrebbero tener conto, soprattutto nel trattare con i più giovani.

Un elemento incoraggiante emerso dal sondaggio è che tra i millennials che si identificano come cattolici – non solo cattolici praticanti – l’85% dice di credere in Dio. Le loro priorità sono il matrimonio e la vicinanza a Dio. Circa l’82% di loro ritiene che il matrimonio sia sottostimato e ben più del 60% ritiene che l’aborto e l’eutanasia siano moralmente sbagliati.

Queste sono le buone notizie. Ma ciò che veramente preoccupa è che il 61% di loro pensa che sia giusto per i cattolici praticare più di una religione. Quasi due su tre si ritiene più spirituale che religioso, mentre l’82% considera la morale come relativa.

Questi problemi non sono solo teorici, sono fatti concreti. E sono fatti di cui Benedetto XVI, con un’incredibile lungimiranza, parlò già cinque anni fa.

Durante la cerimonia funebre di Giovanni Paolo II, qualche giorno prima della sua elezione papale, l’allora cardinale Joseph Ratzinger mise in guardia contro la “dittatura del relativismo” che stava prendendo sempre piede.

Disse: “Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

Un’altra misura

In alternativa ad una tale visione distorta del mondo, egli propose “un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. ‘Adulta’ non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità”.

E ci diede anche la soluzione: “Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede – solo la fede – che crea unità e si realizza nella carità”.

Questa generazione cerca l’amore. Vuole il matrimonio – cioè il vero amore – più di ogni altra cosa. Vede che l’amore nel matrimonio viene sottostimato.

In un’intervista rilasciata ad una testata tedesca, Benedetto XVI ha illustrato più precisamente il modo per mettere in pratica la soluzione prospettata. Ciò che occorre – ha detto – è di presentare quanto di positivo e di felice può offrire la vita cristiana.

In particolare ha detto: “E il cristianesimo, il cattolicesimo, non è un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva. Ed è molto importante che lo si veda nuovamente, poiché questa consapevolezza oggi è quasi completamente scomparsa. Si è sentito dire tanto su ciò che non è permesso, che ora bisogna dire: Ma noi abbiamo un’idea positiva da proporre: l’uomo e la donna sono fatti l’uno per l’altra, esiste – per così dire – una scala: sessualità, eros, agape, che sono le dimensioni dell’amore, e così si forma dapprima il matrimonio come incontro colmo di felicità tra un uomo e una donna, e poi la famiglia, che garantisce la continuità fra le generazioni, in cui si realizza la riconciliazione delle generazioni e in cui si possono incontrare anche le culture. Anzitutto, dunque, è importante mettere in rilievo ciò che vogliamo”.

Di recente, il Papa ha riproposto questo messaggio ai vescovi della Scozia, aggiungendo: “Siate certi di presentare questo insegnamento in modo tale che sia riconosciuto per il messaggio di speranza che è”.

Agli occhi di un gruppo che considera il matrimonio la più alta priorità e che vede il matrimonio sottostimato dalla società, una Chiesa che sostiene e proclama la bellezza del senso cristiano del matrimonio è una Chiesa che presenta un messaggio capace di risuonare nella futura generazione di genitori cattolici.

E’ proprio la via tracciata da Benedetto XVI quella in grado di risuonare in questa generazione.

Vi saranno alcuni convinti che i giovani non vorranno ascoltare. Ma il dato è questo: quasi due su tre sono molto o alquanto interessati ad apprendere di più sulla loro fede.

Questo è il motivo per cui il lavoro sul documento relativo al matrimonio, che è in fase di elaborazione da parte del Pontificio Consiglio per la famiglia, e che può ora beneficiare degli spunti teologi e pastorali dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, è così importante.

Sta a noi presentare la fede in un modo che abbia senso per la vita dei giovani cattolici, e non vi è modo migliore per iniziare che – traendo dalla grande ricchezza teologica e pastorale di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI – mostrare a questi giovani uomini e donne come costruire matrimoni felici, sani e, in definitiva, santi.

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*Carl Anderson è il Cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo e autore di bestseller secondo la classifica del New York Times.

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ZENIT Staff

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