ROMA, martedì, 23 febbraio 2010 (ZENIT.org).- “Vivere insieme non è monopolio di nessuno, è una vocazione universale”. Lo ha affermato l’Arcivescovo di Algeri, Ghaleb Moussa Abdalla Bader, intervenendo al convegno organizzato questo lunedì a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio sul tema “Il futuro è vivere insieme – Cristiani e musulmani del Medio Oriente in dialogo”.
“Dopo quattordici secoli di vita in comune tra cristiani e musulmani, la convivenza oggi è diventata uno dei problemi maggiori non solo in Medio Oriente ma in tutto il mondo. Nonostante ciò, la presenza dei cristiani in Medio Oriente è la smentita più secca che non esiste un conflitto di religione”, ha osservato il presule, come riporta “L’Osservatore Romano”.
In Algeria, ha spiegato, “cristiani e musulmani hanno costruito insieme il Paese ed entrambi hanno diritto alla piena cittadinanza”, e i cristiani non hanno mai avuto problemi di integrazione.
Le due comunità religiose, ha aggiunto, hanno trovato “un percorso comune che passa attraverso la reciproca accettazione nelle differenze”.
A questo proposto, ha ricordato la recente iniziativa della “Carovana della speranza”, promossa da un gruppo islamico di ispirazione sufi, nel corso della quale si è reso ai sette monaci trappisti uccisi a Tiberine nel marzo 1996.
Speranza e fiducia sono state espresse anche dal Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, per il quale “è positivo che settori sempre più ampi della popolazione musulmana comincino, seppur con timidezza, ad alzare la voce contro l’integralismo islamico, nemico del dialogo”.
“Sono convinto che non assisteremo a una scomparsa totale dei cristiani dal Medio Oriente – ha riconosciuto, come riportato dall’agenzia Sir -. Credo sia un mito. Saremo certamente sempre di meno ma, a guardare i numeri, oggi non siamo meno rispetto a sessant’anni fa. Casomai sono aumentati gli altri”.
I cristiani, ha ricordato, “hanno portato un enorme contributo culturale, sicuramente unico, imprescindibile, alla storia del Medio Oriente”, contributo che “nessun altro può sostituire”.
Le comunità cristiane, infatti, sono “un elemento di dialettica all’interno del mondo arabo musulmano, il quale, proprio grazie alla presenza cristiana, è costretto a porsi delle domande, a riflettere, e questo è un dinamismo assolutamente positivo”.
Purtroppo, la situazione non è positiva in tutto il Medio Oriente. Per monsignor Louis Sako, Arcivescovo di Kirkuk dei Caldei, per i cristiani c’è un “futuro inquietante”, e i fedeli “si sentono dimenticati dal mondo occidentale laico”.
“Noi siamo iracheni, originari di questo Paese – ha dichiarato in un’intervista rilasciata alla “Radio Vaticana” -. Abbiamo dato tanto all’Islam, abbiamo aperto le nostre scuole, i nostri ospedali, i monasteri, le chiese. Abbiamo messo a disposizione il linguaggio teologico, scientifico e filosofico. Ma ora siamo lasciati un po’ al di fuori, emarginati, non sappiamo come agire perché non c’è un’autorità”.
“Sono molto triste e preoccupato. C’è un piano, soprattutto a Mosul, per ‘svuotare’ la città dai cristiani”.
Di fronte a questo, ha aggiunto, “dobbiamo rimanere e portare questa Croce per noi e per il nostro Paese. Poi diamo una testimonianza anche con questo sangue. Il sangue dei martiri darà il suo frutto”.
Durante il convegno di questo lunedì, il presidente del Centro nazionale della stampa cattolica francese, Jean-Claude Petit, ha annunciato l’istituzione del primo Osservatorio sul pluralismo culturale-religioso del Mediterraneo, prevista per l’autunno.
L’obiettivo dell’iniziativa, ricorda il quotidiano vaticano, è quello di “sensibilizzare l’opinione pubblica europea sui temi mediorientali, di creare una rete cristiana di professionisti per avere contatti diretti sul territorio e di informare non solo il mondo cristiano ma anche il mondo musulmano sulla realtà cristiana del Medio Oriente su temi quali la libertà religiosa e il rispetto dei diritti”.