CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 18 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il sacerdote deve entrare come Cristo al centro dei dolori e delle tentazioni del mondo, per fare da “mediatore” e “ponte” tra il divino e l’umano.
E’ quanto ha detto il Papa in un passaggio della sua lectio divina tenuta questo giovedì nell’Aula della Benedizione del Vaticano in occasione del tradizionale incontro di inizio Quaresima con i presbiteri della diocesi di Roma, guidati dal Cardinale Vicario Agostino Vallini.
Nella sua riflessione il Pontefice è partito dai brani tratti dai capitoli 5, 7 e 8 della Lettera agli Ebrei, dove si parla di Cristo sommo sacerdote.
Nel suo discorso, secondo quanto riferito da “L’Osservatore Romano”, il Papa ha tracciato l’identikit e la missione del prete che, come Gesù, è uomo di Dio ma anche “uomo in tutti i sensi”, chiamato a coltivare intelligenza, sentimenti e affetti secondo la volontà del Creatore.
Questo non vuol dire – ha però precisato il Santo Padre – conformarsi alla mentalità che giustifica come “umani” comportamenti come la menzogna o la disonestà.
“Il peccato non è umano”, ha detto il Papa, invitando i preti a educarsi invece ai valori della giustizia, della prudenza, della saggezza.
Al contrario, la fisionomia del vero essere umano a immagine di Dio è frutto di “un processo di vita” che comincia dagli anni della formazione e deve continuare per tutta l’esistenza del sacerdote.
Benedetto XVI ha poi indicato nella “compassione” una dimensione essenziale del ministero del presbitero, il quale non può vivere in una sorta di distacco platonico dalle cose del mondo, ma deve prendere su di sé quotidianamente la sofferenza del suo tempo, della sua parrocchia, delle persone affidate a lui.
Per il Pontefice, dunque, l’accettazione e l’offerta delle sofferenze nella vita pastorale costituiscono un’azione sacerdotale in senso pieno.