Esperienza diretta in parrocchia e classi ristrette per i seminaristi

Alcuni cambiamenti nell’iter formativo dei futuri sacerdoti

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ROMA, venerdì, 12 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Un anno pastorale, durante il quale i seminaristi potranno compiere un’esperienza diretta in parrocchia per quattro giorni alla settimana e la formazione di classi con un numero inferiore di studenti: sono queste le due principali innovazioni nel progetto formativo del seminario di oggi.

In una intervista a “L’Osservatore Romano”, il Rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore, mons. Giovanni Tani, ha spiegato che la comunità del suo seminario “è composta da alunni non solo di Roma, ma anche di altre diocesi d’Italia e del mondo”.

“Abbiamo 14 studenti non italiani; provengono dall’Argentina, da Haiti, da Paesi europei e dell’Est asiatico – ha continuato –. Ci sono poi 44 alunni provenienti da tutta Italia, in rappresentanza di 20 diocesi. I seminaristi romani sono 28. Complessivamente la comunità conta 86 alunni”.

Mons. Tani ha poi rivelato al quotidiano vaticano che “dal prossimo anno gli studenti seguiranno un anno pastorale, cioè un periodo durante il quale ancora prima di aver ricevuto l’ordinazione diaconale, per quattro giorni alla settimana, dal giovedì alla domenica, presteranno servizio nelle varie parrocchie della città”.

“La seconda novità – ha continuato – è che anche per l’anno successivo, il settimo dell’iter formativo, quello dell’ordinazione diaconale, prevede quattro giorni di presenza nelle parrocchie.

“Ovviamente ciò comporta che, se si considera l’anno propedeutico obbligatorio, salgono a otto gli anni di permanenza complessiva in seminario. Al termine del settimo anno gli studenti avranno già concluso anche gli studi”, ha aggiunto.

“Un altro cambiamento importante è la suddivisione della comunità in piccoli gruppi – ha spiegato ancora il Rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore –. Le classi così ridotte verranno seguite da un educatore che sarà a contatto quotidiano con gli alunni. Una classe avrà per due anni lo stesso educatore per la filosofia e per tre anni un altro educatore per la teologia”.

“L’intento – ha chiarito – è quello di favorire una conoscenza più approfondita degli studenti, in modo da offrire dei consigli e degli aiuti più appropriati”.

Intervistato dalla Radio Vaticana, mons. Tani parlando invece degli aspetti che è necessario approfondire in un percorso di formazione ha spiegato che “l’attenzione principale è quella alla persona affinché riesca a comprendersi, a conoscersi e a capire veramente che la chiamata viene da Dio, che non è un’autochiamata, che non è un autopromuoversi al sacerdozio”.

“Ci vuole una dedizione di sé alla preghiera, al dialogo col Signore, che sia intensa e che sia profonda – ha detto –. Che la preghiera non sia soltanto rituale ed esterno, ma che sia veramente un dialogo profondo dell’io con il Signore”.

“Poi, ci vuole una capacità di relazione con gli altri, che sia soprattutto saper mettere gli altri al primo posto e non ricercare se stessi, ma cercare veramente il bene dell’altro”, ha continuato.

Circa le iniziative per l’Anno sacerdotale, mons. Tani ha detto che il suo seminario sta promuovendo una serie di incontri a sfondo vocazionale per i giovani.

“Queste conversazioni hanno due cadenze – ha affermato –: la prima comprende tre momenti nell’arco dell’anno, dove i giovani sono invitati a riflettere sulla vocazione e sul senso della vita”.

“La seconda cadenza è mensile – ha proseguito –: appuntamenti di meditazione e riflessione incentrati sulla lectio divina sul Vangelo di Giovanni, dove si narra dell’episodio del cieco nato”.

“Vi partecipano un centinaio di giovani e in alcuni di loro si sta manifestando una chiamata vocazionale”, ha concluso.

[Per maggiori informazioni: www.seminarioromano.it]

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ZENIT Staff

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