Vita consacrata: innamorati di Dio che praticano la sequela di Cristo

Messaggio di monsignor Crepaldi per i religiosi e le religiose

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di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 2 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Oggi due febbraio Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, monsignor Giampaolo Crepaldi ha diffuso un messaggio per la Giornata per la Vita consacrata.

L’Arcivescovo di Trieste ha sottolineato il grande valore dei religiosi e delle religiose che sono segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo, innamorati di Dio la cui norma fondamentale è la sequela di Cristo indicata dal Vangelo.

“La presenza di numerosi consacrati e consacrate – ha spiegato l’Arcivescovo-, impreziosisce, con la loro testimonianza evangelica, la vita della nostra Chiesa particolare, rendendola maggiormente conforme al progetto divino di amore”.

Monsignor Crepaldi ha illustrato la storia e la funzione della vita consacrata all’interno della Chiesa, affermando, che “non è un dato soltanto sociologico, ma propriamente teologico ed ecclesiale” e che anche se non riguarda la struttura gerarchica della Chiesa, essa “fa parte indiscutibilmente della sua vita e della sua santità”.

Come ribadito dal Concilio Vaticano II l’origine evangelica della vita consacrata si riflette nei molteplici consigli evangelici, tra i quali la vita di comunione fraterna, la preghiera, l’amore, la rinuncia, il martirio, radicati nei tre classici: celibato o verginità, povertà e obbedienza.

Nella descrizione della vita consacrata, i Padri Conciliari hanno parlato di un tipo speciale di sequela cristiana e di vita evangelica descritta come: letterale, radicale, più stretta, più libera, o di forma totale, esclusiva, unica, piena, assorbente, massima, senza riserve e più somigliante allo stesso Cristo.

Per questo motivo, il principio primo e generale del rinnovamento e “norma fondamentale della vita religiosa è la sequela di Cristo indicata nel Vangelo”.

E’ in questo contesto che l’Esortazione post-sinodale sulla Vita Consacrata del 1996, conclude affermando che “la professione dei consigli evangelici … pone [i chiamati alla vita consacrata] quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo”.

“Segno profetico – ha rilevato l’Arcivescovo – che proviene dalla quotidiana passione di amore per Dio e dalla passione di amore verso l’uomo, soprattutto quello indifeso e povero, dall’annuncio e dalla testimonianza del disegno di amore che il Padre celeste ha realizzato nel Figlio e proviene anche dalla denuncia di tutto ciò che nega o allontana dall’amore e dalla tenerezza del Padre”.

I consacrati – ha aggiunto monsignor Crepaldi – conducono l’avventura della fede, “non per essere neutrali/indifferenti davanti alle angosce e ai bisogni dei nostri contemporanei… ma per aver ‘occhi’ per interpretare profondamente la storia, e ‘cuore’ per impegnarsi in toto alla luce del Mistero della Redenzione”.

Per comprendere meglio il valore e il significato del fatto che i religiosi siano un segno profetico anche nella Diocesi e nella città di Trieste, l’Arcivescovo ha voluto indicare alcuni monasteri ed esperienze.

Tra queste il Monastero di San Cipriano, dove vivono una ventina di monache benedettine che “hanno eroicamente abbandonato tutto e tutti e per sempre per gridare a tutti, con la loro presenza silenziosa e orante che Dio è tutto, che senza Dio e prive di Dio le nostre vite sono perdute e infelici”.

Monsignor Crepaldi ha poi ricordato le tante parrocchie dove sono presenti i religiosi (Carmelitani scalzi, Claretiani, Francescani conventuali, Francescani minori, Gesuiti, Sacramentini, Salesiani, Servi di Maria) capaci di comunione, di fraternità e di amicizia, generosi nella solidarietà e nell’accoglienza dei poveri.

Ed ha aggiunto: “Questi religiosi – parroci e collaboratori parrocchiali – vivono in mezzo al popolo di Dio, condividendone le gioie e le speranze, le tribolazioni e le delusioni e impreziosiscono, con la loro consacrazione a Dio, la loro missione pastorale tra i fedeli delle loro parrocchie”.

E poi dedicano il loro tempo e le loro energie sacerdotali per coltivare e curare le anime, offrendo il conforto della Parola di Dio e la grazia santificante dei sacramenti, soprattutto del Battesimo, della Confessione, del Matrimonio cristiano e dell’Eucaristia.

Accolgono i bambini, offrono la catechesi e la formazione nelle varie fasi della vita, accompagnano all’incontro con il Signore quando arriva sorella morte.

Alcuni di essi sono presenti, con ammirevole dedizione, negli ospedali della città, nelle carceri, o si dedicano a promuovere una cultura illuminata dal Vangelo di Gesù.

“Sono religiosi, consacrati totalmente a Dio, e proprio per questa ragione generosamente dediti alle anime e alla loro salvezza”.

L’Arcivescovo di Trieste ha quindi ricordato i Francescani cappuccini che a Montuzza “imbandiscono ogni giorno la mensa dei poveri”.

Tra le religiose monsignor Crepaldi ha sottolineato l’opera di quelle che gestiscono e promuovono la scuola materna e un oratorio, indaffaratissime in compiti educativi e formativi dei bambini e delle giovani generazioni.

A queste ha associato anche le religiose che, a Trieste, curano una libreria cattolica: “tutte impegnate sul fronte delicatissimo dell’educazione, per il venir meno di una istituzione come la famiglia, particolarmente debilitata da continui e sconsiderati attacchi”.

In questo ambito – ha sostenuto monsignor Crepaldi – “le religiose esprimono, in maniera esemplare, il loro impegno di promozione umana delle persone secondo il codice educativo che imparano quotidianamente nella contemplazione orante di Dio Creatore e Salvatore”.

Di fronte alle vanezze culturali e spirituali del nostro tempo, l’Arcivescovo ha spiegato che la verginità delle religiose “ci insegna che non ci può essere gioia nello sciupare l’esperienza umana dell’amore in un nevrotico vagabondaggio affettivo”.

“La loro obbedienza – ha continuato – ci insegna che la libertà va esercitata nel rispetto di una responsabile adesione al Decalogo e alla legge naturale, soprattutto quando si ha a che fare con i valori della vita, della famiglia e della giustizia sociale; la loro povertà ci insegna che non si può conseguire alcuna felicità duratura confidando esclusivamente nei beni terreni, pur importanti, perché l’unico bene eterno è Dio”.

In conclusione al suo Messaggio monsignor Crepaldi ha chiesto: “se improvvisamente scomparisse dalla geografia spirituale e dall’orizzonte quotidiano della nostra diocesi la presenza operosa e generosa dei consacrati e delle consacrate, la nostra città sarebbe più ricca e migliore? o più povera e peggiore?”.

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ZENIT Staff

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