“La nostra desolazione non è una maledizione divina”, ha aggiunto. “La scienza ci mostra che la natura ha leggi che vanno al di là di qualsiasi cosa che l’intelligenza umana possa fare per superarle”.
Sottolineando che il disastro non poteva essere prevenuto, ha quindi lodato gli sforzi nazionali e internazionali per aiutare le vittime, soprattutto chi ha tirato fuori le persone che erano rimaste sepolte sotto le macerie e ha portato i feriti ai centri di assistenza medica.
Riflettendo sul compito di ricostruire il Paese, ha riconosciuto che “la strada è lunga e difficile”.
“Abbiamo bisogno di preghiere, di molte preghiere. Non servono preghiere che accusino Dio di aver punito le nostre colpe, né servizi religiosi che approfittino della miseria della nostra gente per aumentare la consistenza delle congregazioni, né quella specie di culto che mantiene la paura, ma la preghiera di un bambino a suo padre, una preghiera chiarificatrice e rivelatrice”.
“Affrontiamo una dura prova: la gente è morta, altre persone sono disperse, le case sono state distrutte, gli edifici pubblici – sia quelli della Chiesa che quelli statali – sono crollati”.
“Ma noi siamo qui, siamo vivi. La fiaccola della speranza è stata accesa! Lavoriamo insieme per ricostruire Haiti!”.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha donato 170.000 dollari per fornire cibo, acqua, vestiario, assistenza medica e alloggi temporanei, inclusi aiuti per i seminaristi rimasti senza un tetto a causa del disastro.
Gli aiuti dell’associazione sono convogliati attraverso il Nunzio Apostolico ad Haiti, l’Arcivescovo Bernardito Auza.