di mons. Joannes Zakaria*
LUXOR, venerdì, 15 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Mai come in questi giorni ho sentito vicino l’abbraccio della Chiesa, attraverso la preghiera, la solidarietà e la spirituale partecipazione ai dolori dei miei fratelli copti, colpiti e uccisi dai fondamentalisti musulmani nella notte del S. Natale.
Questo abbraccio è un sostegno necessario per continuare a testimoniare il Vangelo dell’amore e del perdono nella nostra terra, che è stata benedetta dalla presenza degli antichi Patriarchi e Profeti, e che ospitò la Sacra Famiglia quando fuggì da Betlemme perseguitata.
Putroppo la nostra comunità copta è continuamente colpita e ferita. Ricordo infatti che nella notte della scorsa Pasqua, nel villaggio di Hagaza, 25 chilometri a nord di Luxor, i fondamentalisti islamici uccisero tre copti, uno cattolico e due ortodossi. Furono assassinati per strada, mentre camminavano per raggiungere la Chiesa copto cattolica per la S. Messa.
Purtroppo devo riconoscere che c’è un piano del terrorismo di matrice islamica che punta a trasformare la gioia delle nostre feste cristiane in giorni di lutto e tristezza. Le sette persone uccise a Nag Hammadi erano due bambini, due giovani, una signora e un anziano. Ma oltre a questi vanno ricordati anche le nove persone ferite, fra le quali 2 in modo molto grave.
Sono vittime della comunità copta ortodossa, intimamente legate alle famiglie copte cattoliche da legami di parentela. Le due comunità copte, quella cattolica e quella ortodossa, infatti, sono molto vicine e spesso si celebrano matrimoni “misti” tra giovani ortodossi e cattolici, per cui la ferita che colpisce l’una, inevitabilmente segna anche l’altra.
Dopo la strage di Natale, ci siamo riuniti tutti a pregare per i defunti l’8 gennaio, una giornata molto particolare nella quale la Chiesa Copta, secondo il suo calendario liturgico, ricorda i bambini martiri di Betlemme, la strage degli innocenti voluta da Erode per sbarazzarsi di Gesù bambino, e la Chiesa Cattolica celebra la memoria del martirio di S. Stefano.
E’ stato impressionante partecipare a questo momento in cui tutti cristiani di Luxor, ortodossi, cattolici e protostanti, ci siano riuniti nella cattedrale ortodossa per pregare per il riposo eterno dei nostri morti, veri martiri del nostro tempo, e per partecipare e condividere il dolore delle loro famiglie.
Ero personalmente presente con una moltitudine di preti, suore e fedeli cattolici. La mia riflessione in tale circostanza è stata incentrata sulla riflessione sul massacro dei bambini di Betlemme: dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe e il loro piccolo figlio hanno trovato rifugio e pace in Egitto, mentre in Betlemme c’era pianto e lamento.
Oggi tocca a noi sacrificare la nostra vita per Gesù e partecipare al dolore delle mamme di Betlemme. I nostri antenati, nei primi secoli cristiani, durante le persecuzioni, hanno offerto il loro sangue e la loro vita a Cristo. Le fonti dicono che erano numerosissimi e moltissimi, al punto che i copti si chiamano figli dei martiri e la Chiesa Copta chiama il suo calendario liturgico “era dei martiri”, che comincia con il primo anno dell’impero di Diocleziano, che uccise molti cristiani in Egitto.
Oggi, tocca a noi testimoniare la nostra fede nell’amore evangelico con il perdono degli altri e offrire la nostra preghiera per il loro bene, affinché ritrovino la vera via della pace. Non possiamo dimenticare che oggi nel mondo non siamo i soli a soffrire, ma in molti Paesi i cristiani sono perseguitati e discriminati, in Iraq, in Pakistan, in Afganistan, in Malesia, in Sudan…
Questo chiama tutti, ovunque nel mondo, a un’incessante preghiera che domandi insistentemente a Dio il dono della pace.
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*Mons. Joannes Zakaria è Vescovo di Luxor dei Copti Cattolici (Egitto)