di Antonio Gaspari
ROMA giovedì, 14 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Ha destato scalpore la decisione del giudice Antonio Scarpa del Tribunale di Salerno di autorizzare il 13 di gennaio la selezione embrionale a una coppia fertile portatrice di una malattia ereditaria, l’Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1(SMA1).
Il giudice ha risposto positivamente ad una coppia che intende accedere alle pratiche di selezione embrionale, senza tenere conto che tale autorizzazione viola la legge che regola la procreazione assistita per coppie non fertili.
Secondo Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita (MpV), “si tratta di una decisione che ancora una volta fa carta straccia del principio di uguale dignità di ogni essere umano e del principio della solidarietà verso i più piccoli e più fragili. Una deriva che era già cominciata con l‘annullamento da parte della Corte Costituzionale di quella disposizione che vieta la produzione sovrannumeraria di embrioni”.
“La legge 40 – ha continuato Casini – afferma fin dal suo primo articolo che anche il figlio è soggetto titolare di diritti fin dalla fecondazione. Gravissima è dunque da parte del giudice la disapplicazione della norma. Una disapplicazione che suona come rivolta contro il legislatore che ha approvato la legge 40 e contro la volontà popolare che quella legge ha difeso con maggioranze plebiscitarie”.
Il Presidente del MpV ha sostenuto che “contro questo atteggiamento che non è nasce e rischia di non fermarsi a Salerno, non c’è che un solo rimedio: proclamare con forza legislativa non ignorabile e sottratta alla libera interpretazione dei magistrati che tutti gli esseri umani sono uguali fin dal concepimento. Questo è il senso e lo scopo della modifica dell’articolo 1 del Codice Civile che è stata già proposta alla Camera ed al Senato. Auspico che le forze politiche trovino la compattezza per farla mettere presto in discussione e sostenerla”.
Il prof. Lucio Romano, copresidente dell’Associazione Scienza & Vita, ha precisato che “il doloroso vissuto della coppia di Salerno, non può farci dimenticare che, ancora una volta attraverso una sentenza, si vuole scardinare la Legge 40, finalizzata a regolare le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Una legge votata dal Parlamento e confermata da un Referendum”.
“Inoltre – ha continuato Lucio Romano – con questa decisione, la drammaticità di un singolo caso viene utilizzata per introdurre surrettiziamente una componente di discriminazione eugenetica”.
Il giurista Luciano Eusebi, consigliere di Scienza & Vita, ha affermato che “generare in modo consapevole molteplici embrioni portatori di anomalie, per poi privarli di ogni chance esistenziale, riduce la vita umana nella sua prima fase al rango di una cosa totalmente soggetta all’altrui dominio, in totale contrasto col riconoscimento del concepito come soggetto, di cui all’art. 1 della Legge 40”.
“In sostanza – ha proseguito il giurista – si finisce per privare il potere legislativo del compito suo proprio di definire gli assetti normativi nel quadro complessivo della norme costituzionali, salvo, ovviamente, il vaglio circa la non trasgressione delle medesime che compete alla Consulta”.
“La pronuncia in esame – ha concluso Eusebi – apre per la prima volta a una generazione di vite umane fin dall’inizio sub condicione, cioè non finalizzata a che ciascuna di esse possa svolgere l’intero arco esistenziale, bensì esplicitamente funzionale a un processo selettivo, da realizzarsi a vita già iniziata”.
Anche il Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, diretto dal prof. Adriano Pessina, ha emesso una nota in cui esprime il “suo totale disaccordo rispetto alla sentenza emessa dal tribunale di Salerno, con la quale si viola palesemente la legge 40 approvata dal Parlamento e sottoposta al referendum”.
“Questa sentenza – spiega la nota – permette il ricorso alla procreazione medicalmente assistita ad una coppia non sterile e la autorizza ad una selezione preimpianto che costituisce di fatto la legittimazione di alcuni tribunali di una prospettiva eugenetica”.
“Pur comprendendo l’umano desiderio di ogni coppia di avere un figlio sano – continua la nota -, è necessario ribadire come tra il sacrificio del proprio desiderio e il sacrificio della vita altrui una società civile debba sempre far prevalere il rispetto e la tutela della vita”.
La nota sottolinea, infine, che “questa sentenza è in netto contrasto con lo spirito e la lettera della Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità” e conclude affermando che “è oggetto di scandalo civile la costante deriva di alcuni magistrati che nelle questioni bioetiche si sostituiscono alle leggi italiane e alla coscienza morale del Paese”.