ROMA, domenica, 10 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Questa domenica Benedetto XVI è tornato a levare la sua voce in difesa dei diritti degli immigrati, vittime spesso di violenza e sfruttamento.
L’occasione è stata offerta dalla preghiera mariana dell’Angelus in piazza San Pietro, dove il Papa ha parlato della condizione dei migranti, “che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza”.
Senza menzionarlo, il Papa è intervenuto in questo modo nel dibattito suscitato dalle proteste e dagli scontri verificatisi negli ultimi giorni a Rosarno, in Calabria. Secondo la questura di Reggio Calabria, delle 53 persone rimaste ferite nella guerriglia urbana scatenatasi nella località, 21 sono immigrati.
Le proteste dei numerosi africani residenti a Rosarno è stata originata dalle condizioni precarie di alloggio e dallo sfruttamento cui sono sottoposti nei lavori agricoli.
“Bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona!”, ha esclamato il Papa.
“Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita”, ha aggiunto.
“La violenza – ha sottolineato – non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà”.
“Il problema – ha ribadito poi – è anzitutto umano! Invito, a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me”.
Nel frattempo, a Rosarno, si è provveduto alla demolizione di alcuni accampamenti occupati fino a due giorni fa da immigrati, mentre sono state svuotate le due ex fabbriche utilizzate dagli extracomunitari come dormitori.
Inoltre, secondo i dati diffusi dalla Questura di Reggio Calabria, 428 immigrati sono stati trasferiti al Centro di prima accoglienza di Crotone, altri 400 al Centro di prima accoglienza di Bari mentre altri 300 hanno lasciato con mezzi propri la Piana di Gioia Tauro a bordo di treni diretti a Nord.