ROMA, giovedì, 7 gennaio 2010 (ZENIT.org).- In Iraq, molti cristiani che vivevano nel sud si sono rifugiati nel nord curdo sperando di trovarvi migliori condizioni di vita, ma di fronte alle enormi difficoltà che devono affrontare si vedono sempre più spesso costretti ad abbandonare definitivamente il Paese.
L’Arcivescovo Louis Sako di Kirkuk ha riferito all’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che gli scarsi rifornimenti di elettricità e la mancanza di acqua potabile, scuole, occupazione e assistenza sanitaria nel Kurdistan aumentano l’emigrazione cristiana dall’Iraq.
Nell’ultimo censimento, del 1987, i cristiani iracheni erano 1,4 milioni; oggi non arrivano a 300.000. Gli attacchi contro i cristiani e le chiese nella zona di Mosul, che continuano a verificarsi e hanno flagellato anche il periodo natalizio (cfr. ZENIT, 25 dicembre 2009), non fanno altro che peggiorare la situazione.
L’Arcivescovo Sako si è detto “confuso” sulla causa dei recenti attacchi di Mosul, dove tre cristiani sono stati uccisi e uno studente universitario è stato rapito.
“Chi c’è dietro questi attacchi? – si è chiesto –. Non ci sono prove”.
Per l’Arcivescovo, i politici nel nord del Paese dovrebbero concentrarsi sulla crisi umanitaria e non essere distratti dalle prossime elezioni.
“Il Governo centrale e locale dovrebbe difendere i cittadini – ha dichiarato –. Ora tutti i gruppi politici sono impegnati nelle elezioni. C’è una vera lotta per il potere”.
Nella città a prevalenza cristiana di Bartilla, a circa 30 chilometri a nord di Mosul, nella piana di Ninive, questo lunedì è esplosa un’autobomba in un mercato. Secondo il presule, le motivazioni dell’attentato sono di natura politica.
La deflagrazione ha provocato una dozzina di feriti e ha danneggiato numerose case e vari negozi.
“Alcuni attacchi vogliono rimandare le elezioni o cancellarle, o perfino determinarne il risultato”, ha dichiarato il presule.