Omaggio di un candidato al Nobel per la Pace, ebreo, a Giovanni XXIII

Baruj Tenembaum, un “discendente di schiavi”

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ROMA, mercoledì, 6 gennaio 2010 (ZENIT.org).- Tra i primi candidati al Premio Nobel per la Pace, attribuito alla fine al Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, c’era anche Baruj Tenembaum, creatore della Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg, secondo quanto ha confermato il PRIO, prestigioso e indipendente istituto accademico con base a Oslo, in Norvegia. 

Da parte sua Ladbroke, la famosa agenzia di scommesse di Londra, aveva dato a Tenembaum più possibilità di vincere il Nobel che a figure della politica internazionale come Nicolas Sarkozy o Tony Blair.

ZENIT ha chiesto a Tenembaum, ebreo di origine argentina, pioniere del dialogo interreligioso dai tempi di Paolo VI, perché a suo avviso c’è tanto interesse per la sua figura e la sua opera. “Chi sono io?”, si chiede con semplicità Baruj Tenembaum. “Non mi riferirò concretamente a quanto è accaduto perché non mi considero tanto importante”.

“In concreto sono discendente di schiavi, di quegli ebrei che lavoravano in Egitto sotto il giogo dei faraoni e che poi sono stati liberati da Mosè”.

“Sono ebreo come quelli che sono stati espulsi da Gerusalemme quando è stato distrutto il primo Tempio, e poi il secondo”, ha spiegato.

“Sono ebreo come i miei fratelli che sono stati espulsi da Portogallo e Spagna”, “come quelli che sono stati perseguitati in Europa con i pogrom, e anche come quei sei milioni annichiliti dagli Hitler, al plurale”.

“E allora, con tutta franchezza e umiltà, ‘chi sono io?’”, ha continuato.

“Sono un semplice figlio di coloni che dedica la sua vita a ringraziare quegli esseri umani che hanno salvato vite, che hanno rischiato. Wallenberg, Souza Dantas, Sousa Mendes, più di 20.000 gentili, non ebrei, ai quali dobbiamo la gratitudine, il ricordo, l’educazione dei nostri discendenti”.

“Nella Fondazione Wallenberg lavoriamo intensamente per scoprire le gesta eccezionali di questi esseri umani eroici”.

In questo modo, confessa, ha potuto “scoprire” “negli archivi, nei musei, nelle chiese, nelle sinagoghe, nelle biblioteche, tra i loro frequentatori” la portata della figura di Angelo Roncalli, che durante la Seconda Guerra Mondiale, come rappresentante diplomatico di Pio XII in vari Paesi, ha svolto una coraggiosa opera d’aiuto agli ebrei perseguitati.

“Ogni volta non possiamo evitare di emozionarci con lacrime che ci cadono dagli occhi quando ci rendiamo conto delle azioni che questo figlio del popolo italiano, semplice, umile, grande, ha compiuto in circostanze totalmente avverse per salvare, ad esempio, bambini esposti all’ombra dell’inferno; spezzando, distruggendo pregiudizi, andando al di là di ciò che si pensa indichino le regole”.

“In ogni momento immaginiamo Roncalli che prega, anche alla presenza di terzi, chiedendo al suo autista di fermarsi di fronte alla sinagoga di Roma per pregare ‘per i miei fratelli ebrei’”, ha spiegato Tenembaum.

“O come quando ha ricevuto in Vaticano una delegazione di ebrei, ha alzato le braccia e ha esclamato dallo scranno papale, citando la Bibbia, ‘Sono Giuseppe, vostro fratello’”.

“Allora, ancora una volta, ‘Chi sono io?’”, si chiede Baruj Tenembaum. “Ciò che sopravvive, ciò che resta, ciò che conta, che è nobile, è sottolineare quello che sopravvive, ad esempio Angelo Roncalli”.

Per questo, ha concluso, “ci sono cose nella vita che sono più importanti della vita stessa”.

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ZENIT Staff

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