Udienza del Papa alle delegazioni di Argentina e Cile

Nel venticinquesimo del Trattato di pace e di amicizia

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 29 novembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo sabato in udienza le delegazioni di Argentina e Cile, in occasione del venticinquesimo anniversario del Trattato di pace e di amicizia tra le due nazioni.

* * *

Signore Presidenti

di Argentina e Cile,

Signori Cardinali,

Cari Fratelli nell’Episcopato,

Signori Ambasciatori,

Amici tutti,

1. Con sommo piacere vi ricevo e vi do il benvenuto in questa Sede di Pietro, in occasione della celebrazione del 25º anniversario del Trattato di Pace e Amicizia, che ha posto fine alla controversia territoriale che i vostri rispettivi Paesi hanno mantenuto per lungo tempo nella zona australe. Di fatto, è un’opportuna e felice commemorazione di quegli intensi negoziati che, con la mediazione pontificia, si conclusero con una soluzione degna, ragionevole ed equanime, evitando così il conflitto armato che stava per contrapporre due popoli fratelli.

2. Il Trattato di Pace e Amicizia, e la mediazione che lo rese possibile, è inscindibilmente legato all’amata figura di Papa Giovanni Paolo ii, il quale, mosso da sentimenti di affetto verso quelle amate Nazioni, e in sintonia con il suo instancabile lavoro di messaggero e artefice di pace, non esitò ad accettare il delicato e cruciale compito di essere mediatore in quel contenzioso. Con l’inestimabile aiuto del Cardinale Antonio Samoré, seguì personalmente tutte le vicissitudini di quei lunghi e complessi negoziati, fino alla definizione della proposta che portò alla firma del Trattato, alla presenza delle delegazioni di entrambi i Paesi, e dell’allora segretario di Stato di Sua Santità e Prefetto del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, il Cardinale Agostino Casaroli.

L’intervento pontificio fu anche una risposta a un’espressa richiesta degli Episcopati di Cile e Argentina, i quali, in comunione con la Santa Sede, offrirono la loro decisiva collaborazione per il raggiungimento di tale accordo. Bisogna inoltre essere grati per gli sforzi di tutte le persone che, nei Governi e nelle delegazioni diplomatiche di entrambi i Paesi, diedero il loro positivo contributo per portare avanti quel cammino di risoluzione pacifica, realizzando così i profondi aneliti di pace della popolazione argentina e di quella cilena.

3. A venticinque anni di distanza, possiamo constatare con soddisfazione come quello storico evento abbia contribuito beneficamente a rafforzare in entrambi i Paesi i sentimenti di fraternità, come pure una più decisa cooperazione e integrazione, concretizzata in numerosi progetti economici, scambi culturali e importanti opere di infrastruttura, superando in tal modo pregiudizi, sospetti e reticenze del passato. In realtà, il Cile e l’Argentina non sono solo due Nazioni vicine ma molto di più: sono due popoli fratelli con una vocazione comune di fraternità, di rispetto e di amicizia, che è frutto in gran parte della tradizione cattolica che è alla base della loro storia e del loro ricco patrimonio culturale e spirituale.

L’evento che oggi commemoriamo fa già parte della grande storia di due nobili Nazioni, ma anche di tutta l’America Latina. Il Trattato di Pace e Amicizia è un esempio luminoso della forza dello spirito umano e della volontà di pace di fronte alla barbarie e all’assurdità della violenza e della guerra come mezzo per risolvere le divergenze. Ancora una volta, occorre tener presente le parole che il mio Predecessore, Papa Pio xii, pronunciò in un momento particolarmente difficile della storia: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra» (Radiomessaggio, 24 agosto 1939). È quindi necessario perseverare in ogni momento, con volontà ferma e fino alle estreme conseguenze, nel cercare di risolvere le controversie con vera volontà di dialogo e di accordo, attraverso pazienti negoziati e necessari impegni, e tenendo sempre conto delle giuste esigenze e dei legittimi interessi di tutti.

4. Affinché la causa della pace si faccia strada nella mente e nel cuore di tutti gli uomini e, in modo particolare, di quelli che sono chiamati a servire i propri concittadini dalle più alte magistrature delle nazioni, è necessario che si fondi su salde convinzioni morali, nella serenità degli animi, a volte tesi e polarizzati, e nella ricerca costante del bene comune nazionale, regionale e mondiale. Il conseguimento della pace, in effetti, richiede la promozione di un’autentica cultura della vita, che rispetti pienamente la dignità dell’essere umano, unita al rafforzamento della famiglia come cellula primaria della società. Richiede anche la lotta contro la povertà e la corruzione, l’accesso a un’educazione di qualità per tutti, una crescita economica solidale, il consolidamento della democrazia e lo sradicamento della violenza e dello sfruttamento, soprattutto nei riguardi delle donne e dei bambini.

5. La Chiesa cattolica, che continua sulla terra la missione di Cristo, il quale con la sua morte sulla croce portò la pace al mondo (cfr Ef 2, 14-17), non smette di proclamare a tutti il suo messaggio di salvezza e di riconciliazione e, unendo i suoi sforzi a quelli di tutti gli uomini di buona volontà, si dedica con impegno a realizzare le aspirazioni di pace e di concordia di tutta l’umanità.

Eccellentissime Signore Presidenti, cari amici, ringraziandovi nuovamente per la vostra significativa visita, rivolgo il mio sguardo al Cristo delle Ande, sulla cima della Cordigliera, e gli chiedo che, come dono costante della sua grazia, suggelli per sempre la pace e l’amicizia fra argentini e cileni, e, nello stesso tempo, come pegno del mio affetto vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.

[Traduzione del testo originale in spagnolo a cura de “L’Osservatore Romano”]

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ZENIT Staff

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