Aprire una finestra di speranza sulla famiglia

Intervista al direttore del Forum Famiglia, don Giuseppe Menini

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di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 27 novembre 2009 (ZENIT.org).- “In una società dove la speranza viene meno, perché vede entrare in profonda crisi uno stile di vita basato prevalentemente su valori materiali, è di vitale importanza saper restituire agli uomini e alle donne delle ragioni per ricominciare a sperare”. Con queste parole don Giuseppe Menini, ha spiegato le ragioni per l’apertura di una pagina WEB attenta alle necessità della famiglia.

Così per “aprire una finestra alla speranza sulla famiglia”, l’Opera Don Calabria ha realizzato una serie di azioni caritative e pastorali presentate e coordinate in un Forum Famiglia (www.forumfamiglia.it).

L’idea è quella di mettere a disposizione dell’utente una serie di figure professionali che rispondono agli interrogativi sulle difficoltà familiari e di relazione.

Per comprendere la natura e l’efficacia di questo strumento ZENIT ha intervistato il direttore del Forum, don Giuseppe Menini.

Che cos’è www.forumfamiglia.it?

Don Giuseppe: Di fronte al “grido di dolore” cha proveniva dall’arcipelago della “famiglia” alcuni professionisti dell’Opera don Calabria hanno risposto con un “Centro di Ascolto” gestito da persone preparate e dotato di normali prassi e metodi: telefono, Fax, ufficio, pagina WEB. L’intento è quello di facilitare la comprensione fraterna, un ritorno alle “origini”. Il titolo della nostra “traccia” di partenza era: “una semplice idea da realizzare”, poi, sul campo, è nata la nuova proposta.

Il Centro di ascolto calabriano per la famiglia desidera creare, con l’utilizzo delle nuove tecnologie, un Forum che consenta di far entrare in relazione, con il Centro e tra loro, le persone. In questo modo si possono inserire delle tematiche aprendo una discussione libera per coinvolgere chi intende affrontare argomenti, anche impegnativi, confrontandosi con docenti e/o personale qualificato per affrontare conoscere e interagire su tematiche di vario interesse.

Nel corso della gestione del Centro di ascolto abbiamo potuto verificare che la prima difficoltà che incontra l’utente è di trovare il coraggio di telefonare, per esporre il proprio problema.

Spesso accade che la prima telefonata, “noiosa”, è fatta da un parente, che chiede di conoscere il tipo di servizio che il Centro propone. Solo in un secondo momento si rende concreto il contatto diretto con la persona che necessita dell’aiuto.

La difficoltà maggiore è quindi l’esporsi direttamente con il proprio problema. Da qui nasce l’idea di superare la difficoltà utilizzando le nuove tecnologie dell’informatica, con la quale è possibile interagire ovviando in parte a questa difficoltà.

Perchè avete deciso di utilizzare il mezzo telematico?

Don Giuseppe: La comunicazione come modo di relazione individuale e sociale si è modificata sostanzialmente negli ultimi anni. Tempi e luoghi per rendere concrete le relazioni sono venuti meno. La massificazione e l’individualismo hanno privato la persona ma in particolare i giovani della scoperta del piacere di comunicare. In sostanza è cambiata la “velocità” con e in cui si “consumano” le relazioni, che si limitano spesso ad un rapporto superficiale e molte volte precostituito dalle espressioni percepite dalla televisione e quindi private della possibilità d’analisi e di critica dei soggetti.

Le persone che lavorano sono impegnate tutta la giornata, anche la condivisione del pranzo ha assunto la definizione “pausa pranzo” e la pausa viene vissuta in un continuo produrre.

Sono stati eliminati i tempi di riflessione e di confronto. Spesso con il consorte, i figli, gli amici e parenti non trovano momenti da condividere. Durante la giornata ogni problema è anestetizzato dal “fare” lasciando di sera il momento critico della verifica dei problemi irrisolti, con tutti gli sviluppi che conosciamo.

È questo il momento in cui si cerca conforto oppure qualche persona che sia in grado di ascoltare o leggere le nostre problematiche. Abbiamo quindi pensato di creare questo Forum.

Al Forum si può accedere sempre, in questo spazio d’intercomunicazione. Si potranno esporre vari temi come la famiglia, i figli, i genitori, le amicizie ecc. Chiunque può scrivere chiedendo consigli, risposte, oppure fornendo consigli e risposte.

La comunicazione digitale non è però come quella interpersonale

Don Giuseppe: Nella Comunicazione Mediata dal Computer (CMC) la relazione tra emittente e destinatario si svolge in una situazione normativa sociale molto diversa dalla comunicazione faccia a faccia.

Non c’è il continuo feedback che consente agli attori coinvolti di effettuare adattamenti e correzioni reciproche, al fine di raggiungere lo scopo della comunicazione stessa. Mancano tutti gli elementi della comunicazione non verbale: le pause, il tono, la voce, la mimica facciale e i gesti del corpo.

Nella CMC l’assenza della percezione di tutte queste informazioni crea l’annullamento della percezione dello status sociale degli attori coinvolti, con una conseguente maggiore libertà espressiva (ne consegue che il linguaggio utilizzato è molto più impersonale rispetto ad una conversazione faccia a faccia). Perciò che si tratti di una e-mail, di una chat o di un Forum, certamente la scrittura assume un ruolo preponderante nella comunicazione.

In che modo il vostro Forum può essere oggetto di formazione permanente?

Don Giuseppe: Ci sono delle bacheche elettroniche dedicate ad uno specifico argomento, famiglia, figli, genitori, spiritualità. I membri possono accedere e leggere o rispondere ai contenuti esposti. Si possono inserire delle tematiche aprendo una discussione libera per coinvolgere le persone che intendono affrontare argomenti anche impegnativi confrontandosi con docenti e/o personale qualificato.

Questo comporta una lettura attenta degli interventi prima di metterli in rete. Tutti i messaggi che riceve il Forum sono controllati e messi in rete solamente se hanno i requisiti di leggibilità. Possiamo paragonare il Forum ad un incontro tra persone che condividono delle problematiche e decidono di scambiarsi delle opinioni, con un moderatore che verifica che non si oltrepassi il limite del buon senso sia come contenuti sia nell’utilizzo appropriato delle parole.

La rete comporta anche dei rischi relativi alla riduzione dei rapporti sociali. C’è la possibilità che alcuni utenti diventino oggetto delle macchine piuttosto che le macchine strumenti per la promozione sociale. Qual è la sua riflessione in merito?

Don Giuseppe: Ipotizzare l’evoluzione nel rapporto tra giovani e nuove tecnologie può risultare estremamente difficile. Oggi non basta introdurre un computer in ogni abitazione o perlomeno non basta più, bisogna andare oltre. L’aumento dell’informazione diffusa sulla rete, la moltiplicazione dei mezzi di comunicazione, la rapidità del ciclo d’innovazione tecnologica sta, infatti, producendo un divario che si amplia costantemente all’interno delle società, e non solo tra aree ricche e aree povere del pianeta, ma anche all’interno delle nostre società industrializzate. Un divario, una “divisione digitale”, tra la parte tecnologicamente istruita del Paese e quella che non ha accesso all’alfabetizzazione informatica. Una frattura sottile all’interno della società.

Il mondo dei multimedia sarà abitato da due popolazioni fondamentalmente distinte: gli interagenti e gli interagiti, ovvero quelli che sono in grado di selezionare i propri circuiti multidirezionali di comunicazione, e quelli cui è offerto un numero ridotto di scelte preconfezionate. Questa riflessione è riferita sia alle persone sia alle istituzioni e/o Congregazioni. Ecco, quindi, la necessità di stimolare la cresc
ita di una cultura “Etico informatica” diffusa, come un Forum, rivolta alla formazione/ informazione, delle giovani generazioni che si trovano a dover subire una miriade di nozioni, spesso prive di formazione.

Perchè un sacerdote, che ha già tanti impegni, ha deciso di occuparsi dei problemi delle famiglie?

Don Giuseppe: Posta così la domanda può essere fuorviante. Possiamo riformularla in questi termini. La famiglia è la cellula fontale della società e della Chiesa e, perciò, ne è oggetto di particolare attenzione. Se la famiglia è malata, la società e la Chiesa corronon un grave rischio.

Una società e una comunità “cristiane” non possono non interrogarsi sull’insieme del “corpo” a cui appartengono.

Sono stati, infatti, i “sintomi” di sofferenza manifesti nell’arcipelago famiglia ad interpellare, non il singolo, ma una comunità e, contemporaneamente, a suggerire possibili percorsi. E’ vero che gli impegni sono già tanti, per il singolo e per la comunità ma, e proprio per questo, si cercano nella scala le priorità. Non possiamo fare tutto ma, partendo dalle priorità, dobbiamo fare quanto è possibile e con processi efficaci.

Attualmente in Europa c’è un divorzio ogni trenta secondi, in Italia avvengono 200 separazioni al giorno. Come si può fermare questa valanga che sta distruggendo i legami familiari? Cosa propone a tal proposito www.forumfamiglia.it?

Don Giuseppe: Non credo che vi siano ricette preconfezionate a riguardo, esiste invece un problema di comunicazione globale che ha lacerato le convenzioni della convivenza civile sostituendo la ricerca della verità e della felicità dell’uomo rivolta verso la relazione umana, nella anestesia mentale dell’illusorio.

Il Forumfamiglia consapevole del mondo della globalizzazione informatica e della sua importanza nella comunicazione sociale, vuole innanzitutto esserci e desidera essere il nuovo pulpito da cui trasmettere il proprio pensiero attraverso un aiuto concreto nella speranza per recuperare valori e contenuti.

In che modo di può invertire il trend delle separazioni? Cosa dobbiamo insegnare ai giovani per sviluppare solidi e duraturi rapporti matrimoniali? Si possono ricucire rapporti e relazioni che sembrano inevitabilmente strappati?

Don Giuseppe: Prima di separare bisogna maturare quel processo che rende la persona capace di vivere in comunione e di unire la sua vita con quella di altri. Anche in questo caso la domanda potrebbe essere proposta diversamente: queste unioni avvengono nella reciproca consapevolezza delle difficoltà che si incontrano in una relazione? Qual è la capacità di sacrificio dinanzi alle difficoltà emergenti dal rapporto?

Quale esperienza di vita viene loro trasmessa, quale esempio viene loro fornito dalle famiglie di provenienza e dalla società, attraverso le comunicazioni sociali? In sostanza si tratta di riprendere con speranza la sfida educativa e formativa.

La cultura dominante non si accorge del dramma dei divorzi, anzi c’è ancora una ideologia che sostiene che le separazioni liberano la donna da ogni costrizione. Invece dalle separazioni tutti perdono e soffrono. Qual è il suo parere in proposito?  

Don Giuseppe: Ogni separazione è comunque un “fallimento” e comporta un “lutto” da elaborare.

Non ci sono separazioni indolori … salvo che non ci sia mai stata un’unione. La separazione può liberare dalle “costrizioni” … che restano il frutto di un sogno di amore infranto. Perciò in ogni separazione tutti perdono e soffrono, soprattutto i figli travolti dalle decisioni di altri.

Esiste una pastorale per le persone separate e/o divorziate che desidererebbero accedere alla Comunione? E come si articola?

Don Giuseppe: Precisiamo subito che separati e/o divorziati non sono in situazioni simili e anche che divorziati e situazioni “irregolari” non sono in situazioni identiche. Fatte queste precisazioni direi, prima di tutto, che accedere al sacramento della “Comunione” non può essere un punto di partenza ma solo un traguardo. Si tratta quindi di ricamare in concreto le molteplici possibilità di vita nella “comunione ecclesiale”. In questa prospettiva le passi realisticamente possibili sono infinite, sia da parte della “Chiesa-comunità cristiana” che da parte delle persone separate e/o divorziate.

In conclusione?

Don Giuseppe: Vorrei segnalare alcuni punti che ritengo fondanti: il cambiamento epocale in atto, per cui viviamo un “nuovo” radicale che toglie tutte le certezze acquisite; l’inflazione delle parole e dell’informazione; la crescita della coscienza individuale con rischio di soggettività; la difficoltà di armonizzare l’oggettivo e il fondamentale con il soggettivo e il particolare.

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ZENIT Staff

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