di Sara Fornari

KORAZIM, martedì, 24 novembre 2009 (ZENIT.org).- Più di 150 Arcivescovi e Vescovi provenienti dall'America Latina si sono riuniti la settimana scorsa nel centro internazionale “Domus Galilaeae”, gestito dal Cammino Neocatecumenale, per un Congresso sulla nuova evangelizzazione nei rispettivi Paesi.

L'incontro con l'équipe responsabile del Cammino Neocatecumenale, formata da Kiko Argüello, Carmen Hernández e padre Mario Pezzi, ha trattato la situazione della Chiesa e del mondo, e i Vescovi hanno condiviso le proprie esperienze pastorali.

Si tratta del primo incontro di questo tipo celebrato con i Vescovi dell'America Latina, anche se non il primo che si svolge nella “Domus Galilaeae”. Nella primavera del 2008, se ne è svolto uno simile con 170 Vescovi europei; nel 2007 la stessa riunione si è celebrata con i Vescovi dell'Africa, e nel 2006 con quelli di Asia e Oceania.

Tra gli altri, hanno partecipato i Cardinali Pedro Rubiano Saenz, Arcivescovo di Bogotá, e Nicolás de Jesús López Rodríguez, Arcivescovo di Santo Domingo. Erano presenti anche molti Vescovi delle Diocesi di Colombia, Brasile e Venezuela; per poter partecipare all'appuntamento, la Conferenza Episcopale Boliviana ha cambiato la data della propria riunione.

I presuli hanno incontrato anche le autorità civili e i pastori delle Chiese locali, tra cui l'Arcivescovo Elias Chacour di Akka dei greco-melkiti, il vicario generale del Patriarcato Latino, monsignor Giacinto Boulos Marcuzzo, il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, e il Nunzio Apostolico, monsignor Antonio Franco.

Per il Cardinale López Rodríguez, l'incontro “è stato molto interessante, perché il Cammino Neocatecumenale continua a crescere in tutta l’America Latina, in alcuni Paesi di più. È importante che tutti i Vescovi possano conoscere quest’esperienza”.

“In questo convegno abbiamo condiviso le nostre difficoltà pastorali, e questo è stato molto importante… Santo Domingo fu la prima terra nelle Americhe a ricevere l’annuncio del Vangelo. Ci prepariamo per l’anno 2011 in cui celebreremo l’anniversario di 500 anni dalla fondazione della prima Diocesi d’America da parte di Papa Giulio II”.

Giovanni Paolo II, ha detto, “ha parlato molte volte di nuova evangelizzazione, la prima fu in occasione dell’Assemblea Generale del CELAM ad Haiti, nel 1984. Il Papa allora parlò di quanto fosse necessario cominciare a evangelizzare di nuovo, perché quella prima evangelizzazione senz’altro aveva impiantato nel continente americano le radici cristiane, ma in seguito erano nate tante persone, nuove generazioni alle quali bisognava presentare nuovamente la realtà del Vangelo”.

Per questo, ha aggiunto, “oggi dobbiamo predicare con molto ardore… dobbiamo affrontare con nuove espressioni le sfide che la realtà attuale del continente americano ci presenta”.

Sfide e difficoltà

Al centro dell'incontro ci sono stati alcuni fenomeni preoccupanti, come la diffusione delle sette e delle utopie ingannevoli, fondate su antropologie che negano l'anima e il peccato originale, oltre al ritorno all'indigenismo.

Da questi fenomeni e dalle stesse parole dei presuli, è sorta chiaramente – anche in un continente giovane come quello americano – l'urgenza della nuova evangelizzazione, di una pastorale missionaria che ponga in un movimento dinamico e virtuoso tutta la Chiesa.

Come molti dei Vescovi presenti hanno testimoniato, la sfida della nuova evangelizzazione è stata raccolta concretamente dal Cammino Neocatecumenale, che si offre come iniziazione cristiana e itinerario di formazione cattolica per i nostri tempi.

Di fronte alla situazione generale della Chiesa e del mondo, in cui si constatano ovunque una crisi delle vocazioni, la preoccupante diminuzione della frequenza ai sacramenti e l'attacco alla famiglia e al matrimonio, molti presuli hanno sperimentato personalmente nelle proprie Diocesi i frutti del Cammino Neocatecumenale, un'iniziazione cristiana vissuta in piccole comunità che rappresentano un ambiente idoneo alla maturazione di una fede che sappia rispondere alle sfide attuali.

Per monsignor Víctor Manuel López Forero, Arcivescovo emerito di Bucaramanga (Santander, Colombia), la nuova evangelizzazione “deve essere la caratteristica fondamentale della nostra missione pastorale”, con “nuovo ardore, con nuova ispirazione mistica, e cercando un nuovo volto di Chiesa, proprio secondo quanto ci ha mostrato l’apostolo Giovanni Paolo II”.

“Abbiamo partecipato a questo convegno per prendere ancora più coscienza di questa nostra responsabilità di pastori”, ha aggiunto.

Monsignor López Forero ha spiegato che nella sua Diocesi ci sono otto grandi comunità del Cammino Neocatecumenale, e che attualmente esiste un progetto di rinnovamento e di evangelizzazione, che in vari aspetti coincide con il Cammino.

“Innanzitutto la Chiesa è mistero di comunione con Dio, di comunione con gli uomini e con la natura. Essa deve nutrirsi costantemente della Parola di Dio e della vita sacramentale. Dunque la spiritualità che dobbiamo avere in questa nuova evangelizzazione è una spiritualità di comunione: la comunione nella Chiesa è una cosa fondamentale, ed è proprio ciò che i pontefici degli ultimi tempi, a partire dal Concilio Vaticano II, ci hanno chiesto”.

“Credo che il Cammino Neocatecumenale abbia molto chiara questa linea. Sappiamo che dobbiamo lavorare con metodi diversi, ma per una sola causa, quella di costruire la Chiesa che Dio vuole, con una evangelizzazione decisa”, ha sottolineato il presule.

Nuovo ardore

Per monsignor José Luis Escobar Alas, Arcivescovo di San Salvador, “è evidente che la nostra società in genere sta perdendo la fede e diventa progressivamente più atea, un po’ come in Europa: lo stesso processo sta arrivando, gradualmente, anche in America Latina. Le vocazioni diminuiscono e la famiglia viene attaccata nei suoi principi, nei suoi valori. C’è poi il flagello delle sette protestanti, che sono un vero e proprio cumulo di eresie, un sistema che minaccia di distruggere la fede cattolica”.

Per il presule, è quindi “estremamente necessaria una risposta, e questa deve essere l’evangelizzazione, la missione, come ha detto il documento di Aparecida”.

“Questa riunione ha voluto animarci nella fede, per poter prendere la decisione migliore, così che possiamo annunciare Cristo, come la vera opzione in un mondo sempre più materializzato, carente di fede”. L'incontro con gli iniziatori del Cammino, ha affermato, è stato “di grande aiuto, una grande ricchezza, e per me, una grazia speciale”.

Per monsignor Angelo Pignoli, Vescovo di Quixadá (Brasil), le grandi sfide della sua Diocesi “riguardano la famiglia e la gioventù, ma anche la formazione del popolo; direi, in un certo senso, l’evangelizzazione più profonda, per arrivare alle coscienze delle persone e avere un cristianesimo più autentico e vivace”.

Il presule, che prima di diventare Vescovo ha compiuto tutto il Cammino Neocatecumenale nel suo paese, nello Stato di San Paolo, ha affermato che “questo itinerario è un’esperienza unica e davvero necessaria, oggi, nella chiesa”.

“Penso che questa iniziazione cristiana sia utile anche per avere dei sacerdoti che sentano nella loro vita la presenza del Signore, così da portarLo agli altri. La mia preoccupazione attuale, nella mia Diocesi, è proprio come formare presbiteri con questa esperienza più concreta del Signore, perché altrimenti si tratta soltanto di parole che diciamo, e non della vita”, ha commentato.

“La vita, invece, è consegnarsi totalmente, come ha fatto la Madonna, nelle mani del Signore. Questa precisa esperienza della famiglia di Nazareth è necessaria nel Brasile, e in tutto il mondo. La nostra chiesa ha visto una forte diminuz ione delle frequenze ai sacramenti, ma ora abbiamo dei piccoli gruppi che vivono concretamente la fede”.

Di fronte alle accuse per cui le comunità neocatecumenali vivono “al margine” della parrocchia, monsignor Pignoli ha osservato che è vero il contrario: “Sono stato parroco di una Diocesi con 300 comunità; ho visto personalmente che nel cammino neocatecumenale le persone si mettono al servizio della parrocchia con la loro vita, con la loro testimonianza”.

“Certo questo dipende anche dalla capacità del parroco di creare la comunione tra i gruppi e farli lavorare insieme”, ha sottolineato.

Famiglia

Per monsignor Hugo Barrantes, Arcivescovo di San José e presidente della Conferenza Episcopale del Costa Rica, in questo Paese caraibico si constata “l’anti-cultura della morte: la gente non vuole avere figli, vuole il matrimonio omosessuale, la famiglia viene osteggiata”.

“Noi vescovi del Costa Rica (siamo otto) stiamo lavorando moltissimo per difendere la famiglia – ha confessato –. In questo mese di novembre faremo una marcia per le strade di San Josè con questo scopo; prevediamo la partecipazione di 200.000 persone. Vogliamo dire ai governanti che siamo con la famiglia, non ne vogliamo la morte, vogliamo che nascano bambini, vogliamo il futuro della patria. È questa la sfida più importante per noi oggi”.

Per il presule, che ha affermato di conoscere il Cammino da 30 anni e di averlo compiuto, questo itinerario è “una risposta per il nostro tempo, senza dubbio”.

Quanto alle sfide poste dalle sette, monsignor Barrantes ha commentato che nel suo Paese “ci sono sette, sì, ma più che altro la gente lascia la religione, e non aderisce a nulla”.

“Questa indifferenza, secondo me, è un fenomeno ancora più pericoloso – ha concluso –. Per questo vogliamo evangelizzare. Vogliamo mettere la Diocesi in stato di missione permanente”.