Contro la crisi economica globale serve un “nuovo umanesimo”

Il Cardinal Bertone all’inaugurazione dell’anno accademico della UER

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di Luca Marcolivio

Roma, martedì, 24 novembre 2009 (ZENIT.org).- Carità, verità e giustizia sono le parole chiave per un nuovo umanesimo anche in campo economico. Questi i capisaldi della lectio magistralis tenuta stamane dal cardinal Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano, nel corso dell’inaugurazione dell’Anno Accademico 2009/2010 dell’Università Europea di Roma.

Punto di rifermento del discorso di Bertone, l’ultima enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate. Nella prolusione il porporato ha compiuto richiami di carattere storico e relativi al magistero della Chiesa, con riferimento ai temi economici e all’attuale crisi finanziaria mondiale.

L’ultima enciclica “riporta l’uomo al centro di un nuovo umanesimo, i cui valori sono la carità e la verità”, ha esordito il cardinal Bertone. I due concetti richiamati dal papa sono stati spesso oggetto di “sospetto” (verità) o di “fraintendimento” (carità, specie nella sua accezione di “amore”).

Il Santo Padre, tuttavia, ha chiaramente indicato carità e verità come “due realtà fondamentali”, tutt’altro che “estrinseche all’uomo o addirittura imposte a lui in nome di una qualsivoglia visione ideologica”, ma con un “profondo radicamento nella persona stessa”, ha sottolineato Bertone.

In campo economico, quindi, i comportamenti umani “non sono ispirati dal soggettivismo finalizzato all’egoismo attraverso un calcolo edonistico, ma dal solidarismo fondato sul bene comune”. Ciò determina un umanesimo “che trova origine nella dottrina del tomismo e nella prassi economica nel capitalismo mercantile”.

Bertone ha quindi individuato la nascita di tale umanesimo economico a cavallo tra secolo XIV e XV, nel cuore di un “vasto ed impetuoso moto culturale europeo” in cui si “riscopre l’uomo riportandolo al centro del mondo, vale a dire al centro di tutti gli interessi morali e spirituali”.

Ci troviamo, in quest’epoca tardo-medioevale, in un momento economico di “impetuoso slancio”, “la maggiore rivoluzione, dopo quella neolitica e prima di quella industriale, di cui l’Europa sia stata teatro”. È in quest’epoca che iniziano a circolare la moneta, i titoli di credito ed il commercio.

Tra XIV e XV secolo ha dunque luogo una rivoluzione in cui i “carismi spirituali”, ed in particolare cristiani, hanno un ruolo imprescindibile.

“L’Europa – ha proseguito il porporato – non sarebbe come oggi la conosciamo, anche sotto il profilo sociale ed economico, senza il movimento benedettino o quello francescano, da cui hanno avuto origine innovazioni fondamentali anche per quella che sarebbe poi diventata l’economia di mercato”.

Dopo l’anno Mille, la proliferazione delle abbazie benedettine pose il problema, affrontato anche da San Bernardo di Chiaravalle, in merito ai “vincoli che è opportuno porre all’agire economico dell’abbazia” e al “rischio di un’accumulazione improduttiva di terreni e ricchezze”.

Nella Carta Caritatis del 1098 si vengono a delineare due principi in risposta ai problemi pocanzi elencati. “Per un verso – ha affermato Bertone – si afferma che non è lecito «costruire la propria abbondanza ricavandola dall’impoverimento altrui»”.

In più la stessa Carta sostituisce il termine elemosina con il termine beneficientia. Secondo il principio della beneficientia “il bisogno di chi chiede aiuto deve essere valutato con intelligenza”, ovvero vanno “comprese le ragioni per le quali un povero è tale”; inoltre “la beneficenza non deve incentivare la pigrizia nel bisognoso”.

Non meno influente è la tradizione francescana nella nascita di “strumenti finanziari tipici di una moderna economia di mercato: la carta di credito; la contabilità d’impresa (si pensi al francescano Luca Pacioli, che nel 1494 sistematizzerà in modo definitivo la partita doppia); le lettere di cambio; il foro dei mercanti; la borsa; e soprattutto i Monti di Pietà”.

Esaurita la digressione storica, il cardinal Bertone ha attualizzato i principi dell’umanesimo storico nell’auspicio di un “secondo umanesimo” che fornisca una risposta forte alle storture dell’economia attuale.

In un’epoca segnata da “globalizzazione, liberalizzazione, finanziarizzazione, nuove tecnologie, migrazioni globali, disuguaglianze sociali, conflitti identitari, rischi ambientali” si è giunti ad una grande crisi finanziaria determinata dall’oblio delle “dimensioni etiche” della finanza stessa.

Tra i fattori di tale cambiamento il segretario di Stato Vaticano ha indicato “il mutamento radicale nel rapporto tra finanza e produzione di beni e servizi” e la “diffusione a livello di cultura popolare dell’ethos dell’efficienza come criterio ultimo di giudizio e giustificazione della realtà economica”.

La ricchezza, quindi, da mezzo per condurre una “vita buona” diventa fine a se stessa. Il tutto coerentemente con la “logica del capitalismo” che “per natura è illimitata. Si dovrebbe dire, più propriamente, sterminata. Ed è la logica della sterminatezza che sta alla base dei disastri finanziari”, ha osservato Bertone.

Antidoto a tale sfacelo economico ed etico è “il ritorno della morale. Che significa, anzitutto, responsabilità della persona, prima che dei Governi, verso gli altri e la loro dignità”.

Pertanto gli scompensi provocati dalla globalizzazione possono essere affrontati dai governi nazionali specie “dove maggiori si stanno dimostrando le distorsioni del mercato nell’emarginare aree geografiche periferiche, classi sociali più deboli ed economie meno competitive”, ha aggiunto il cardinale.

Non va trascurata, tuttavia, l’etica dell’impresa che, nell’economia globalizzata “deve essere sempre più rivolta all’etica e meno al profitto”. A tal proposito il cardinal Bertone ha citato la Caritas in Veritate la quale, lungi dal distinguere semplicemente tra profit e no profit, descrive “una nuova ampia realtà composita, che coinvolge il privato e il pubblico e che non esclude il profitto, ma lo considera strumento per realizzare finalità umane e sociali”.

Il segretario di Stato Vaticano ha concluso la prolusione citando le parole lungimiranti di papa Paolo VI che negli anni ’70 auspicò una Chiesa del futuro “che ancora denuncerà il materialismo di ogni specie, proprio nella nostra età, ma non maledirà la gigantesca e meravigliosa civiltà della scienza, dell’industria, della tecnica, della vita internazionalizzata della nostra epoca”.

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ZENIT Staff

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