"C'è un modo cristiano di essere artisti"

Intervista a padre Fagniez, autore di “Giovanni Paolo II e gli artisti”

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ROMA, venerdì, 20 novembre 2009 (ZENIT.org).- Alla vigilia dell’incontro di Benedetto XVI con gli artisti, questo sabato nella Cappella Sistina, riportiamo un’intervista a padre Pascal Fagniez, autore del libro “Giovanni Paolo II e gli artisti”, pubblicato nel 2007 dalle Edizioni dell’Emmanuele.

Pascal Fagniez, disegnatore, fotografo e cantore, è sacerdote della Diocesi di Cahors (Francia), al servizio degli artisti nella Comunità dell’Emmanuele.

Il suo libro è stato scritto in occasione di una ricerca universitaria. Per quale motivo ha scelto questo argomento?

Padre Fagniez: E’ stato un caso. Facevo una ricerca sulla santità nella politica, riguardo Edmond Michelet, deportato a Dachau, divenuto Ministro del generale De Gaulle. Per tale motivo studiavo il personalismo nella morale sociale di Giovanni Paolo II, all’Istituto Cattolico di Tolosa. E’ stato in questo contesto che ho scoperto la Lettera agli artisti del Papa del 1999. Benché avessi familiarità con gli scritti di Giovanni Paolo II, a volte il suo stile letterario mi lasciava perplesso. Sono quindi rimasto sorpreso leggendo la Lettera agli artisti: ho scoperto un Papa che parlava il mio linguaggio, un artista che parlava agli artisti. Senza alcuna esagerazione posso dire che per me è stata una rivelazione, uno stupore, confermato dalla lettura di molti altri discorsi di questo Papa e dei suoi predecessori agli artisti.

E’ notorio un “divorzio” fra la Chiesa e gli artisti; si potrebbe perfino dire che gli artisti oggi non hanno più alcun interesse nel settore della religione. Cosa fa la Chiesa per ovviare a questa situazione?

Padre Fagniez: In effetti si può parlare di divorzio, ma in quanto vi è una storia d’amore fra l’arte e il Vangelo; storia che non si ferma, ve lo assicuro. La Chiesa ha sempre beneficiato del talento degli artisti ed è sempre stata fonte inesauribile di ispirazione. Quando Leone XIII scrive nel 1877 un poema in onore alla fotografia, si è ancora in questa fase di felicità amorosa! Ma è vero che nel 20° secolo avviene la rottura. L’arte ha acquisito autonomia con il rischio di cadere sotto nuovi maestri spietati: il mercanteggiare e l’egocentrismo!

Una delle risposte: il dialogo. Giovanni Paolo II scrive nella sua Lettera agli artisti : “Il Concilio Vaticano II ha gettato le basi di relazioni rinnovate fra la Chiesa e la cultura, con conseguenze immediate per il mondo dell’arte. Sono relazioni contrassegnate dall’amicizia, l’apertura e il dialogo”. Con il Concilio si è passati dalla benevolenza paterna al dialogo fraterno.

Può fare qualche esempio di questo dialogo?

Padre Fagniez: In questo dialogo, la Chiesa non si accontenta di dare consigli. Nel 1964, Paolo VI fa un atto di penitenza nell’omelia della “Messa degli artisti” durante il Concilio: “Vi abbiamo recato offesa ricorrendo a dei falsi, all’opera a buon mercato”. Saremmo più credibili non ricorrendo a oggetti o musica scadenti o inadatti alle nostre chiese. Con lo stesso spirito, il nuovo presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, monsignor Gianfranco Ravasi, ha dichiarato recentemente al quotidiano “La Croix” che “la Chiesa non deve più limitarsi a un recupero rischioso di stili antichi e a produzioni artigianali senza ambizione”.

Lei ha appena detto che gli artisti non si interessano più alla religione. Ma da sempre degli artisti si interessano alla fede senza essere forzatamente credenti. E molti esprimono preoccupazioni umane fondamentali, come la vita e la morte, l’amore e l’odio, la comunione fra gli esseri umani e i poteri dello spirito, ecc. Le loro provocazioni e le loro bestemmie sono a volte perfino delle richieste di aiuto. E così nel 1980 Giovanni Paolo II ravvisa a Monaco l’ecce homo nell’arte moderna, il Cristo sofferente nell’uomo “spoglio da ogni ornamento e ogni trasfigurazione romantica, rappresentato, per così dire, in una nudità realista”.

Esiste un’arte cristiana?

Padre Fagniez: “L’arte è di per sé sacra e religiosa”, scriveva Pio XII. La Chiesa è quindi benevola verso ogni tipo di arte se è autentica. “Se siete amici dell’arte autentica, siete nostri amici!”, dice il Concilio.

Ma esiste un modo cristiano di essere artisti, legato alla vita nello Spirito Santo, con la Fede, la Speranza e la Carità. Le opere di un Claudel o di un Beato Angelico o di un Bach, o più recentemente “L’isola”, film di Pavel Lounguine, possiedono una luce che solo il Vangelo può dare. E vi è una forma particolare di arte, l’Arte Sacra, posta direttamente al servizio della liturgia. Tutti i Papi ascoltati nel mio libro danno all’arte in generale un valore quasi sacramentale, conferendo all’artista una dignità quasi sacerdotale (citazione di Beethoven in appoggio!). Ma l’arte raggiunge la sua realizzazione nell’Arte sacra che pone la Chiesa al vertice, poiché questa arte è comunicata da Dio.

Cosa può offrire la Chiesa agli artisti?

Padre Fagniez: Innanzitutto una risposta attraverso l’arte stessa: le opere indimenticabili del passato, il lavoro di qualità degli artisti cristiani di oggi, le commissioni delle chiese o di opere nuove, senza dimenticare la cura quotidiana alle nostre liturgie. E una risposta intellettuale: la riflessione biblica, filosofica e teologica. “La Chiesa è esperta in umanità” scrive Giovanni Paolo II quando crea il Pontificio Consiglio della cultura. La Chiesa, dedicando molto tempo ed energie al pensiero, scruta e osserva il mondo e non mancano i riflessi sull’arte al suo interno.

Vi è tuttavia una cosa che deploro, almeno nel mondo francofono, ed è la scarsezza, anzi l’assenza totale di riferimenti ai discorsi del Papa in questo settore. La mancanza di cultura o, al contrario, la frode elitaria di una certa arte contemporanea spiegano, a mio avviso, questa mancanza. Mi auguro che il mio libro stimoli l’interesse per questa ricca parola dei Papi agli artisti.

Cosa pensa del rapporto di Benedetto XVI con gli artisti?

Padre Fagniez: Benedetto XVI è un teologo abituato alle dispute intellettuali serrate ed è un pastore che si esprime con dolcezza.

Come pastore, non smette di andare incontro alle persone e in particolare agli artisti, con in più una credibilità d’artista perché è un pianista. Persegue il dialogo come emerso dal Vaticano II, e l’incontro di sabato prossimo non è il primo, anche se ha una portata particolare.

Come teologo, Benedetto XVI ha già stravolto il conformismo esasperato di una certa arte contemporanea nel suo discorso ai Bernardini a Parigi. Come tante persone che hanno ascoltato questo discorso, sono rimasto un po’ sconcertato e sopraffatto dalla densità del contenuto.

Rileggendolo con calma, vi ho già scoperto una risposta alle grandi questioni contemporanee di cui gli artisti sono i portavoce: la tensione tra la soggettività e la ricerca di legami unificatori, il rapporto dell’uomo con il cosmo, gli approcci pluralistici alla realtà, l’intelligibilità e la comunicabilità degli esseri, il corpo e la storia, la ricerca interiore e la rappresentazione di me stesso… Di fronte a un ambiente culturale ossessionato dalla “decostruzione” e dalla “sovversione”, Benedetto XVI scardina con pazienza questi nuovi conformismi affermando che c’è un Verità che unisce tutte le creature e che è accessibile nella storia attraverso la bellezza e la ragione.

Benedetto XVI, che si fa anche commentatore delle opere, come a Mariazell, in Austria, chiede che al di là delle forme ci si nutra del contenuto di “quest’arte miracolosa” ispirata dalla Chiesa. Questo contenuto è il Vangelo. Formarsi all’arte e formarsi all’incontro con Cristo sono aspetti inseparabili dopo l’incarnazione del Logos divino.

Il Vangelo può essere servito dagli artisti pagani come ha indicato Benedetto XVI a proposito delle tradizioni precolombiane in Ame
rica o come ha manifestato nella sua visita ad Auschwitz citando l’Antigone di Sofocle, “Sono qui non per odiare insieme, ma per insieme amare”.

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ZENIT Staff

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