Kosovo: la comunità ortodossa serba chiede pace e libertà

di Chiara Santomiero

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ROMA, mercoledì, 18 novembre 2009 (ZENIT.org).- Era atteso anche mons. Teodosije Sibalic, igumeno del monastero ortosso serbo di Visoki Dečani in Kosovo, alla conferenza stampa “Libertà religiosa e diritti civili: i cristiani in Kosovo, Iraq e Pakistan” che si è tenuta martedì nella Sala del Mappamondo della Camera dei deputati italiana per iniziativa dell’associazione “Salva i monasteri”.

Trattenuto dalla notizia della scomparsa del Patriarca della Chiesa ortodossa serba Pavle, morto lunedì scorso a Belgrado all’età di 95 anni, mons. Sibalic non ha voluto comunque far mancare la sua testimonianza all’appuntamento romano.

“La nostra – ha affermato Sibalic in una nota inviata alla coordinatrice di ‘Salva i monasteri’, Elisabetta Valgiusti – è una regione a maggioranza mussulmana nella quale, nonostante siano passati dieci anni dalla fine della guerra civile e nonostante l’arrivo delle forze di pace della Nato, la vera pace e la libertà per la comunità cristiana ortodossa non sono ancora arrivate”. 

La presenza nella regione di un vasto numero di chiese e monasteri, rende il Kosovo di grande importanza per la Chiesa ortodossa serba. “Non è esagerato affermare – ha scritto Sibalic – che per noi il Kosovo rappresenta una seconda Terra Santa, una specie di ‘Gerusalemme serba’”.

Tuttavia, solo nel recente periodo post bellico, sono stati distrutti o gravemente danneggiati nella regione – dagli estremisti albanesi kosovari – 150 chiese e monasteri, fra cui siti medievali di importanza mondiale.

A questo proposito, Sibalic ha voluto sottolineare l’aiuto prestato, in particolare, dal contingente italiano delle forze Nato presenti sul territorio per arginare le violenze e tutelare gli altri luoghi sacri.

E proprio dalla necessità di tutelare questi siti, è nata l’associazione “Salva i monasteri” con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica circa il pericolo della scomparsa di un rilevante patrimonio artistico-religioso in Kosovo e in altri luoghi del mondo.

“Geograficamente – ha affermato l’igumeno del monastero ortosso serbo di Visoki Dečani – il Kosovo fa parte dell’Europa, ma è difficile immaginare un futuro europeo per questa regione se si continua nelle violazioni dei diritti religiosi, civili e umani, della comunità ortodossa cristiana e se si procede con la distruzione dei monumenti medievali simboli della nostra spiritualità e cultura”.

Se è vero “che gli albanesi hanno sofferto molto durante la guerra, permettere loro di vendicarsi sulla comunità cristiana ortodossa prolungherà odio e rancore” mentre “sono rimasti inascoltati gli appelli dei leader e intellettuali albanesi”.

“I paesi europei – si è appellato Sibalic – devono insistere con maggior forza affinché il rispetto della legge e dell’ordine e l’adempimento degli standard democratici, rappresentino  i criteri principali del loro sostegno politico”, condizionando inoltre gli aiuti della comunità internazionale “al ritorno degli espulsi, alla restituzione delle case, alla protezione dei luoghi di culto”.

“L’unico modo per raggiungere la stabilità politica della regione – ha concluso Sibalic – è raggiungere un accordo tra Belgrado e Pristina basato sul rispetto delle convenzioni internazionali e sul diritto dei cittadini alle libertà civili, umane e religiose”.

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ZENIT Staff

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