Cristiani iracheni: una lunga storia, un futuro precario

Un documentario lancia un grido di aiuto al mondo

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di Genevieve Pollock

ARBIL, martedì, 17 novembre 2009 (ZENIT.org).- Un nuovo documentario prodotto da cattolici in Iraq invita a prendere contatto con la storia, la cultura, i martiri e le lotte di una delle più antiche comunità cristiane.

Hank e Diane McCormick, una coppia di missionari che lavora nel nord dell’Iraq, ha raccontato a ZENIT che il primo episodio del documentario, diviso in cinque parti, può essere visionato on-line in tutto il mondo da chi vuole “incontrare” i cattolici del Medio Oriente.

Il video presenta la storia dei martiri cristiani della regione e quella dei cattolici – Vescovi, sacerdoti e laici – che lavorano in scuole, ospedali e altri servizi. Illustra scene della zona dei luoghi santi, oggetti antichi, celebrazioni liturgiche e musica locale.

Diane, che ha lavorato al progetto come redattrice, ha spiegato che si tratta di uno sforzo congiunto delle Chiese caldea, siriaca, maronita e latina, prodotto come un grido di aiuto.

Il messaggio dei cattolici al mondo, ha affermato, è: “Aiuto, aiuto ora che c’è ancora un gran numero di riti che può sopravvivere”.

“Tra 10 anni potrebbero non esistere più”, ha aggiunto. La partenza dei cristiani “è una perdita, anche per i musulmani; un Oriente senza cristiani non sarebbe lo stesso”.

Situazione precaria

L’introduzione al video informa che la situazione della comunità cristiana della regione, che risale all’apostolo San Tommaso, è attualmente “precaria”.

“Questi cattolici non possono restare in quella che da 2000 anni è la loro terra senza l’aiuto dei loro fratelli e delle loro sorelle cattolici” di altri continenti, indica.

Il video, intitolato “An Open Door” (“Una Porta Aperta”), offre “uno sguardo alle menti e ai cuori dei cattolici che vivono in Iraq”, spiegando che “la loro natura pacifica e lo status di minoranza troppo piccola per difendersi hanno fatto sì che siano stati un bersaglio e abbiano avuto vittime guerra dopo guerra”.

Il numero dei cristiani nella regione è crollato da 1,5 milioni a circa 350.000, e continua a diminuire.

Hank, che ha lavorato nel video come cameraman e traduttore, ha spiegato a ZENIT che i leader della Chiesa nutrono la speranza che la gente veda il video e “venga ad aiutare”.

E’ necessario sostegno per “costruire industrie, erigere scuole cattoliche, seminari minori, ospedali, per adottare parrocchie in Iraq, aprendo così la comunicazione tra gli iracheni e il mondo esterno”.

“I cattolici mediorientali non sono terroristi né rifugiati”, spiega il video. “Sono persone, individui con una profonda fede, una ricca eredità e molto coraggio”.

Martire moderno

Il primo episodio racconta la storia di padre Ragheed Ganni, pastore di 34 anni di Mosul ucciso da quattro proiettili davanti alla sua chiesa nel 2007.

Nel video, un compagno del sacerdote mostra l’icona, attraversata da un foro di pallottola, che padre Ganni teneva in tasca quando è stato assassinato.

“La situazione qui è peggiore che all’inferno”, aveva scritto il pastore in un’e-mail a un ex professore il giorno prima di morire.

In suo onore, a circa 40 chilometri da dove è morto, i cattolici hanno istituito il Centro Medico Padre Ragheed Ganni, dove i volontari lavorano distribuendo medicinali gratuiti a cristiani e musulmani.

La dottoressa Ranna Enwya, che lavora nella clinica, era molto amica di padre Ganni e racconta che il sacerdote era costantemente consapevole della possibilità di poter morire in qualunque momento, ma che nonostante questo lavorava duramente ed “era sempre allegro”.

“Ci ha insegnato come essere felici”, ha dichiarato.

La dottoressa ha ricordato che il presbitero diceva a Dio: “Anche se perdo la mia vita va bene, perché sarà con te e per te”.

“Mi ha insegnato che si vive solo una volta – ha proseguito il medico –. Per questo devo far sì che ogni momento della mia vita sia utile agli altri. E se lo è, mi farà felice”.

Enwya lavora insieme al dottor Basman Gilal Marcos, un cattolico che grazie al suo impiego nel Centro Medico è tornato a praticare la fede dopo averla abbandonata per circa 20 anni. Serve centinaia di persone che arrivano ogni venerdì e ogni domenica per le medicine.

Hank ha spiegato che l’impatto dei cattolici nella zona deriva dalle scuole, dagli ospedali e dai servizi che forniscono. “Ci riescono anche in mezzo alla guerra”, ha riconosciuto.

Padre Rayan Atto, un sacerdote diocesano che dirige il Centro Medico, racconta nel video come padre Ganni stia intercedendo per il progetto e abbia aiutato con “molti miracoli”.

Storie di grande impegno

Man mano che il documentario passa ad altri episodi, monsignor Jack Ishaak, decano del Babel College ad Arbil-Ankowa, spiega la ricca eredità dei 2.000 anni di storia della comunità e il ruolo attuale della religione nella vita quotidiana. Insieme ad altri presuli, analizza la liturgia caldea e le sue antiche radici nei riti ebraici di Gerusalemme.

Il terzo episodio rivela come il successo dell’educazione cattolica si traduca in “sicurezza” per il futuro dei cristiani “che vivono in mezzo a 25 milioni di musulmani”.

L’episodio finale presenta testimonianze dei cattolici che sono stati sequestrati o sono rimasti vittime del crimine e della persecuzione religiosa, e le loro spiegazioni sul “perché vogliono restare in quella che da duemila anni è la loro patria”.

Si esorta anche la comunità mondiale a fornire opportunità che “permettano ai cristiani di cambiare il proprio status di rifugiati”.

Per Hank questo progetto è “una risposta alla chiamata all’ecumenismo della Chiesa e all’appello del Santo Padre ad aiutare i cristiani del Medio Oriente”.

“A causa della guerra e della violenza civile, che vengono costantemente mostrate nei notiziari, è necessario che la gente – soprattutto i cattolici – veda le immagini del nord dell’Iraq, le veda e ascolti le storie dei cattolici in azione”.

Padre Jean Abou Khalife, fondatore e direttore di TV Charity, un apostolato dei Missionari Libanesi Maroniti, si è assunto la responsabilità della produzione del video.

La Chiesa cattolica caldea, attraverso il Seminario Caldeo di San Pietro ad Arbil, si è incaricata del contenuto e della regia.

L’agenda

Diane ha spiegato che il video è stato “uno sforzo di cooperazione tra le Chiese”, che sperano “promuoverà l’agenda” del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente del 2010 “con mezzi non professionali”.

Ha raccontato a ZENIT che il messaggio del documentario, presentato dall’Arcivescovo di Kirkuk, monsignor Louis Sako, “riflette i principali punti da dibattere nel Sinodo”.

L’Arcivescovo caldeo si è concentrato sulla necessità che la Chiesa locale passi dal concentrarsi sul passato a prepararsi per il futuro, dedicandosi a identificare la sua vocazione e la sua missione nel nord dell’Iraq oggi.

Non è qualcosa che gli iracheni possono fare da soli, osserva, ma sarà possibile in comunione con la Chiesa universale.

“Il nostro lavoro è risvegliare in Occidente la coscienza sulle dimensioni del problema, e poi generare il sostegno per costruire scuole, ospedali, cliniche e altro”, ha detto Hank.

“I cattolici iracheni formano una classe professionale. Hanno spirito d’iniziativa, capacità e il desiderio di riuscire, ma la guerra li ha sfollati e ha privati dell’impiego”.

“Devono esserci investimenti dall’esterno. La Chiesa userà il Sinodo per fare la sua parte, e noi dobbiamo fare la nostra, che è cooperare, donare e sacrificarci per aiutare la comunità cattolica a sopravvivere in Iraq”.

La prima parte del video è attualmente disponibile per essere visionata on-line. Quando verranno completati gli altr
i episodi, alla fine del mese, verrà prodotto un DVD per la distribuzione.

Per vedere on-line la prima parte di “An Open Door”: www.charityandjustice.org

Per richiedere un DVD: anopendoor@tvcharity.org

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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