BHUBANESWAR, martedì, 17 novembre 2009 (ZENIT.org).- La Chiesa in India vuole istituire una “Giornata nazionale dei martiri dell'India”, che si dovrebbe celebrare l'ultima domenica di agosto, anniversario del massacro nell'Orissa.
La Commissione per l'Ecumenismo della Conferenza Episcopale Indiana ha lanciato la proposta al termine di un incontro a Jhansi con i segretari regionali, come ha reso noto l'agenzia Fides.
La Giornata ricorderebbe tutti coloro – sacerdoti, religiosi e laici – che “hanno sacrificato la vita a causa della loro fede in Cristo” e sono i “moderni martiri” dell’India di oggi.
La data vuole richiamare i cristiani morti a causa della violenza che ha sconvolto lo Stato indiano dell'Orissa, iniziata nell'agosto 2008.
La proposta è stata accettata all'unanimità da tutte le confessioni cristiane presenti nel Paese. Se riceverà l'approvazione definitiva, si celebrerà a livello ecumenico, ottenendo così più forza e visibilità.
La Commissione ha ricordato che “i cristiani hanno un martirologio comune, che include tutti i martiri del Novecento e del secolo in corso”.
Il Vescovo di Jalandhar e presidente della Commissione per l'Ecumenismo, monsignor Anil Cuto, ha sottolineato in un comunicato che il martirio è la più alta forma d'amore.
“Stimo facendo uno sforzo per ricordare quanti sono morti nel nome del Signore Gesù Cristo – ha spiegato –. E’ una memoria che vogliamo confermare e continuare a beneficio delle nuove generazioni”.
“Celebrarla a livello ecumenico significa rafforzare l’unità fra le Chiese cristiane in India. Istituirla sarebbe una decisione storica che speriamo si avveri al più presto”, ha aggiunto.
Nel frattempo, i delegati del Movimento Giovanile Cattolico Indiano, riuniti in assemblea nei giorni scorsi a Mangalore, hanno rivolto un appello perché si ponga fine alla violenza.
Più di 500 giovani del Movimento hanno partecipato alla manifestazione per la pace che si è svolta nella città al termine dell'assemblea.
La comunità cristiana denuncia la lentezza della giustizia: finora solo 27 persone, delle oltre 600 arrestate, sono state condannate per i fatti avvenuti nell'Orissa.
Il fatto che molti accusati siano stati messi in libertà, avverte, mette in pericolo quanti sono stati testimoni delle violenze.