2. Annunciare Cristo. Cari Fratelli sacerdoti, voi siete pastori del Popolo di Dio in un Paese geograficamente e demograficamente vasto. Come piccolo gregge in mezzo a una grande moltitudine di persone, vivete a fianco sia di seguaci di altre religioni sia di persone che hanno una posizione di indifferenza, se non di avversione, verso Dio e verso la religione.
Non pensate di essere voi soli a dover affrontare una simile problematica. Infatti, voi condividete la stessa situazione di molti confratelli in altre parti del mondo, i quali, “pur tra difficoltà e incomprensioni, restano fedeli alla loro vocazione: quella di «amici di Cristo», da Lui particolarmente chiamati, prescelti e inviati” (Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale). Anche per voi vale l’osservazione del Papa Benedetto XVI: “Ci sono, purtroppo, anche situazioni, mai abbastanza deplorate, in cui è la Chiesa stessa a soffrire per l’infedeltà di alcuni suoi ministri. È il mondo a trarne allora motivo di scandalo e di rifiuto. Ciò che massimamente può giovare in tali casi alla Chiesa non è tanto la puntigliosa rilevazione delle debolezze dei suoi ministri, quanto una rinnovata e lieta coscienza della grandezza del dono di Dio, concretizzato in splendide figure di generosi Pastori, di Religiosi ardenti di amore per Dio e per le anime, di Direttori spirituali illuminati e pazienti” (Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale). E per voi in Cina “come non ricordare a questo proposito, quale incoraggiamento per tutti, le figure luminose di Vescovi e di sacerdoti che, negli anni difficili del recente passato, hanno testimoniato un amore indefettibile alla Chiesa, anche con il dono della propria vita per essa e per Cristo?” (Lettera alla Chiesa in Cina, n. 13).
Spesso, guardando al mondo che ci circonda, siamo presi dallo sgomento. Quanta gente da sfamare! Dove potremo trovare il pane per tutta questa gente? Come posso, con i miei limiti, aiutare Gesù nella sua missione? Ancora una volta il Santo Padre, commentando il testo del vangelo di Giovanni (6, 1-15), ci ha ricordato la risposta del Signore: “Proprio mettendo nelle sue mani «sante e venerabili» il poco che essi sono, i sacerdoti, noi sacerdoti diventiamo strumenti di salvezza per tanti, per tutti!” (Angelus del 26 luglio 2009). Sono vari i modi pratici in cui potete dare il vostro prezioso contributo: ad esempio, visitando frequentemente sia famiglie cattoliche e non cattoliche sia villaggi, mostrando la vostra sollecitudine per i bisogni della gente; aumentando gli sforzi per preparare e formare buoni catechisti; favorendo un uso maggiore dei servizi caritativi, diretti specialmente ai bambini e alle persone ammalate e anziane, allo scopo di mostrare la carità disinteressata della Chiesa; organizzando riunioni speciali, in cui i cattolici possano invitare i loro parenti e amici non cattolici affinché vengano meglio a conoscenza della Chiesa cattolica e della fede cristiana; distribuendo pubblicazioni cattoliche ai non cattolici.
Le virtù sacerdotali. Alla scuola di san Giovanni Maria Vianney dobbiamo imparare a identificarci con il ministero ricevuto. In Cristo, tale identificazione è stata totale: “In Gesù, Persona e Missione tendono a coincidere: tutta la sua azione salvifica era ed è espressione del suo «Io filiale» che, da tutta l’eternità, sta davanti al Padre in atteggiamento di amorosa sottomissione alla sua volontà” (Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale). È dall’identificazione col proprio ministero che nascono tutte le virtù, necessarie ad ogni sacerdote.
Il Santo Curato d’Ars seppe dialogare con tutti, perché fu uomo di preghiera: l’arte del dialogo, a qualsiasi livello, si apprende nel dialogo con Dio, in una preghiera continua e sincera. Egli visse la povertà con estremo rigore, perché riteneva che tutto quello che riceveva era donato alla sua chiesa, ai suoi poveri, alle sue famiglie più disagiate. Anche la sua castità era quella richiesta a un prete per il suo ministero: era la castità conveniente a chi deve toccare abitualmente l’Eucaristia. È noto, poi, quanto egli fosse tormentato dal pensiero della propria inadeguatezza al ministero parrocchiale e dal desiderio di fuggire: solo l’obbedienza e la passione per le anime riuscirono a convincerlo a restare al suo posto. La regola d’oro per una vita obbediente gli sembrava questa: “Fare solo ciò che può essere offerto al buon Dio”.
4. L’Eucaristia. In questo Anno Sacerdotale desidero ricordarvi la fonte dove potete trovare la forza per essere fedeli alla vostra importante missione. E desidero farlo con le parole del Papa Benedetto XVI: nella Chiesa “ogni grande riforma è legata, in qualche modo, alla riscoperta della fede nella presenza eucaristica del Signore in mezzo al suo popolo” (Lettera alla Chiesa in Cina, n. 5, nota 20).
La celebrazione del Mistero Pasquale rivela l’agape, cioè l’amore di Dio, quell’amore che vince il male e, quindi, trasforma il male in bene, l’odio in amore. Attraverso la partecipazione al Corpo e al Sangue di Cristo nell’Eucaristia – ci ha ricordato il Santo Padre – quella energia divina “viene a noi corporalmente per continuare il suo operare in noi e attraverso di noi” (Lettera enciclica Deus caritas est, n. 14). Uniti a Cristo nell’Eucaristia, diventiamo i soggetti della vera trasformazione dei cuori (cfr Deus caritas est, nn. 13-14). Come diceva il Santo Curato d’Ars, “tutte le buone opere riunite non equivalgono al Sacrificio della Messa, perché quelle sono opere di uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio”.
L’Eucaristia, sacramento della comunione, fonte e culmine della vita ecclesiale e dell’evangelizzazione, è al centro del vostro cammino di riconciliazione. L’Eucaristia, anche se è celebrata in una comunità particolare, non è mai celebrazione di quella sola comunità. Una comunità veramente eucaristica non può ripiegarsi su se stessa, quasi fosse autosufficiente, ma deve mantenersi in comunione con ogni altra comunità cattolica. Infatti, ogni celebrazione dell’Eucaristia postula l’unione non solo con il proprio Vescovo ma anche con il Papa, con l’Ordine episcopale, con tutto il clero e con l’intero Popolo di Dio.
San Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, mostrava quanto le loro divisioni, che si manifestavano nelle assemblee eucaristiche, fossero in contrasto con quello che celebravano, la Cena del Signore. Conseguentemente l’Apostolo li invitava a riflettere sulla vera realtà dell’Eucaristia, per farli ritornare allo spirito di comunione fraterna (cfr 1 Cor 11, 17-34).
Il Papa Giovanni Paolo II ci ha ricordato che l’Eucaristia crea comunione ed educa alla comunione. E Benedetto XVI, facendo eco a tale insegnamento, ha dato alcune direttive circa la ricezione dei sacramenti nell’attuale situazione della Chiesa in Cina (cfr Lettera alla Chiesa in Cina, n. 10). Queste direttive hanno la loro radice “nella promozione della comunione” e nella “carità, che è sempre al di sopra di tutto”: esse sono richiamate anche nel “Compendio” della medesima Lettera pontificia, che è stato pubblicato dalla Santa Sede il 24 maggio 2009.
La Parola di Dio. Mi sia consentito di ricordare ancora una volta a voi, cari Sacerdoti, le parole del Santo Padre Benedetto XVI: “Nel mondo di oggi, come nei difficili tempi del Curato d’Ars, occorre che i presbiteri nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza evangelica. Ha giustamente osservato Paolo VI: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni». Perché non nasca un vuoto esistenziale in noi e non sia compromessa l’efficacia del nostro ministero, occorre che ci interroghiamo sempre di nuovo: «Siamo veramente pervas
i dalla Parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa Parola al punto che essa realmente dia un’impronta alla nostra vita e formi il nostro pensiero?». Come Gesù chiamò i Dodici perché stessero con Lui (cfr Mc 3, 14) e solo dopo li mandò a predicare, così anche ai giorni nostri i sacerdoti sono chiamati ad assimilare quel «nuovo stile di vita» che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli apostoli” (Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale).
6. Il compito dei Vescovi. Cari Sacerdoti, a questo punto permettetemi di rivolgere qualche parola anche ai vostri Vescovi, che hanno ricevuto la pienezza del sacerdozio. A voi, carissimi Confratelli, vorrei ricordare che il cammino verso la santità dei vostri presbiteri è affidato alla vostra attenta cura pastorale. Se si pensa alle condizioni sociali e culturali del mondo attuale, è facile capire quanto sia incombente sui presbiteri il pericolo della dispersione in un grande numero di compiti diversi.
L’esperienza quotidiana mostra che i germi di disgregazione tra gli uomini sono molto radicati nell’umanità a causa del peccato, ma la Chiesa può contrapporre la forza, generatrice di unità, del Corpo di Cristo. Il Concilio Vaticano II ha individuato nella carità pastorale il vincolo che dà unità alla vita e alle attività dei sacerdoti.
7. Una pastorale a favore delle vocazioni sacerdotali. Come vi ha ricordato il Santo Padre, “durante gli ultimi cinquant’anni non è mai mancata nella Chiesa in Cina un’abbondante fioritura di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Di questo si deve rendere grazie al Signore perché si tratta di un segno di vitalità e di un motivo di speranza. […] tale fioritura è accompagnata, oggi, da non poche difficoltà. Emerge pertanto l’esigenza sia di un più attento discernimento vocazionale da parte dei responsabili ecclesiali sia di una più approfondita educazione e istruzione degli aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa. Nonostante la precarietà dei mezzi a disposizione, per l’avvenire della Chiesa in Cina bisognerà adoperarsi per assicurare, da un lato, una particolare attenzione nella cura delle vocazioni e, dall’altro lato, una formazione più solida sotto gli aspetti umano, spirituale, filosofico-teologico e pastorale, da realizzare nei seminari e negli istituti religiosi” (Lettera alla Chiesa in Cina, n. 14).
Sia, perciò, la celebrazione dell’Anno Sacerdotale un’occasione per dare l’avvio a iniziative di sostegno della vita dei vostri seminaristi. Al riguardo, cari Vescovi, sarete in grado di dedicare particolare attenzione alla loro formazione visitandoli nei seminari e mostrando profonda premura per la formazione che essi vi ricevono, sul piano sia spirituale sia accademico. Inoltre, la vostra paterna sollecitudine vi suggerirà, secondo le possibilità e le condizioni di ogni diocesi, le iniziative atte a promuovere le vocazioni al sacerdozio, quali giornate e incontri di preghiera o apertura di luoghi, dove i sacerdoti e i fedeli, specialmente giovani, possano ritrovarsi per pregare insieme sotto la guida di esperti e buoni sacerdoti quali direttori spirituali.
8. La formazione permanente. Il Santo Padre Benedetto XVI è consapevole che “anche in Cina, come nel resto della Chiesa, emerge la necessità di un’adeguata formazione permanente del clero. Di qui nasce l’invito, rivolto a voi Vescovi come responsabili delle comunità ecclesiali, a pensare specialmente al giovane clero che è sempre più sottoposto a nuove sfide pastorali, connesse con le esigenze del compito di evangelizzare una società così complessa com’è la società cinese attuale. Ce lo ricordava il Papa Giovanni Paolo II: la formazione permanente dei sacerdoti «è un’esigenza intrinseca al dono e al ministero sacramentale ricevuto e si rivela necessaria in ogni tempo. Oggi però risulta essere particolarmente urgente, non solo per il rapido mutarsi delle condizioni sociali e culturali degli uomini e dei popoli entro cui si svolge il ministero presbiterale, ma anche per quella ‘nuova evangelizzazione’ che costituisce il compito essenziale e indilazionabile della Chiesa alla fine del secondo millennio»” (Lettera alla Chiesa in Cina, n. 13).
Sia cura di ogni Vescovo, in comunione con i suoi confratelli Vescovi delle diocesi vicine, di organizzare e di seguire personalmente seri programmi di formazione permanente. Un’attenzione particolare dovrebbe essere prestata ai giovani sacerdoti, che di frequente devono lavorare da soli subito dopo l’ordinazione. Spesso essi si sentono isolati, con gravi responsabilità. I Vescovi non soltanto dovrebbero avere cura della loro formazione permanente ma dovrebbero anche assicurare che siano accolti e aiutati dal clero più anziano. Inoltre, sarebbe anche utile che Vescovi e sacerdoti possano trovare frequenti occasioni per contatti personali tra di loro e aumentare le riunioni sia ufficiali sia informali al fine di pianificare insieme le attività diocesane, condividere le loro esperienze e aiutarsi gli uni gli altri nel risolvere le difficoltà personali e pastorali.
9. Il culto eucaristico. Il Santo Curato d’Ars ci insegna che il culto, reso all’Eucaristia fuori della Messa, è di un valore inestimabile nella vita di ogni sacerdote. Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione dell’Eucaristia. Spetta a voi Pastori incoraggiare il culto eucaristico, sia con la testimonianza personale sia organizzando un’ora settimanale di adorazione, processioni, ecc., ai livelli diocesano e parrocchiale. I fedeli potrebbero, così, riunirsi intorno all’Eucaristia e sperimentare la comunione ecclesiale.
A questo proposito mi piace ricordarvi quanto il Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato come in un suo testamento: “È bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cfr Gv 13, 25), essere toccati dall’amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l’«arte della preghiera», come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento? Quante volte, miei cari fratelli e sorelle, ho fatto questa esperienza, e ne ho tratto forza, consolazione, sostegno!” (Enciclica Ecclesia de Eucharistia, n. 25).
10. La riconciliazione spirituale dei cuori. Che cosa potete fare davanti al permanere dei contrasti e delle miserie anche all’interno della comunità cattolica? Se siamo uniti in Cristo eucaristico, tutte le miserie del mondo risuonano nei nostri cuori per implorare la misericordia di Dio. Nello stesso modo, da noi si innalza un inno di lode e di ringraziamento per tutte le bellezze del creato, per le buone opere degli uomini e per gli innumerevoli doni di grazia che il Signore effonde sull’umanità: il cuore si dilata ad un amore più grande, che assume la misura di quello di Cristo morto e risorto.
Non bisogna dimenticare che anche “la comunità dei discepoli conosce fin dagli inizi non solo la gioia dello Spirito Santo, la grazia della verità e dell’amore, ma anche la prova, costituita soprattutto dai contrasti circa le verità di fede, con le conseguenti lacerazioni della comunione. Come la comunione dell’amore esiste sin dall’inizio e vi sarà fino alla fine (cfr 1 Gv 1, 1ss), così purtroppo fin dall’inizio subentra anche la divisione. Non dobbiamo meravigliarci che essa esista anche oggi” (Lettera alla Chiesa in Cina, n. 6).
Nella prima lettera ai Corinzi, a proposito delle divisioni esistenti nelle sue comunità, san Paolo scrive: “È necessario che avvengano divisioni tra voi perché si
manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi” (1 Cor 11, 19). Tutto rientra nel piano di Dio, affinché tutto serva alla sua onnipotenza che è sapienza e infinito amore. In questo momento, nessuno esiti a cercare la riconciliazione con gesti concreti, a tendere la mano al fratello che “ha qualche cosa contro di te” (cfr Mt 5, 23-24). Per ottenere ciò, occorre con urgenza prestare attenzione anche alla formazione umana di tutti i fedeli, compresi i sacerdoti e le religiose, poiché la mancanza di maturità umana, di auto-controllo e di armonia interiore è la fonte più frequente di incomprensioni, di mancanza di cooperazione e di conflitti in seno alle comunità cattoliche.
11. Gli organismi di comunione. Nella prospettiva dell’«ecclesiologia di comunione», idea centrale e fondamentale dei documenti del Concilio Vaticano II, sembra opportuno attirare la vostra attenzione su quanto la legislazione canonica prevede per favorire il compito pastorale dei Vescovi e la crescita della comunità diocesana: “Ogni Vescovo Diocesano è invitato a servirsi di indispensabili strumenti di comunione e di collaborazione all’interno della comunità cattolica diocesana: la curia diocesana, il consiglio presbiterale, il collegio dei consultori, il consiglio pastorale diocesano e il consiglio diocesano per gli affari economici. Questi organismi esprimono la comunione, favoriscono la condivisione delle responsabilità comuni e sono di grande aiuto ai Pastori, che possono così avvalersi della fraterna collaborazione di sacerdoti, di persone consacrate e di fedeli laici” (Lettera alla Chiesa in Cina, n. 10).
Quando non si può mettere su l’intera curia diocesana a causa della scarsità di sacerdoti, i Vescovi dovrebbero almeno cominciare a diversificare i ruoli nominando gradualmente un vicario generale, il cancelliere, il procuratore, ecc., al fine di avere qualcuno a portata di mano con cui consultarsi e cooperare nel prendere decisioni giuridiche e pastorale.
Desidero chiudere la mia lettera formulando e affidando alla Vergine Santissima l’augurio che la vostra vita sacerdotale sia guidata sempre più da quegli ideali di totale donazione a Cristo e alla Chiesa che ispirarono il pensiero e l’azione del Santo Curato d’Ars.
Resto unito con voi nella preghiera e nella speranza che il vostro lavoro pastorale produrrà un raccolto abbondante, e mi confermo
Vostro nel Signore
+ Tarcisio Card. Bertone
Segretario di Stato