Gioie e difficoltà dell'essere Vescovo a Creta

Parla mons. Francesco Papamanolis

Share this Entry

ROMA, lunedì, 16 novembre 2009 (ZENIT.org).- Alla fine dello scorso ottobre, mons. Francesco Papamanolis, Vescovo di Syros, Santorini e Creta in Grecia, ha compiuto una visita pastorale di 10 giorni a Creta.

“Ogni volta – ha raccontato in una riflessione inviata a ZENIT– resto stupefatto per quello che il Signore ha compiuto e compie in questa piccola Chiesa locale, indipendentemente dai nostri programmi e dalla nostra azione pastorale”.

“35 anni fa – ha detto –, quando Paolo VI mi ha nominato Vescovo, compiendo la prima visita a Creta, come Vescovo, ho trovato meno di 100 cattolici nelle tre parrocchie di Creta (a Canea circa 60, a Rettimno 3 donne italiane, a Hiraklion circa 15 fedeli anziani)”.

“Di quelle persone, molte sono partite per il Cielo – ha aggiunto –. In vita ne restano circa 20 (15 a Chanià, 3 a Rettimno, e una donna di 85 anni a Hiraklion). Cioè quello che allora, nel 1974, si poteva umanamente prevedere, ora sarebbe diventata una triste realtà: la Chiesa cattolica sarebbe scomparsa da Creta, se non fosse intervenuto il Signore”.

Tuttavia, ha detto, “il Signore è intervenuto, con i modi che solamente Lui sa trovare, e questa piccola diocesi non è morta, anzi…”. E infatti l’enorme flusso di turisti, i tanti studenti greci – magari sposati – ritornati in patria una volta finita la loro formazione nelle università europee, hanno incrementato il numero dei fedeli cattolici e accresciuto la vitalità dei sacerdoti.

Si è poi arrivati al 1990 e con esso “è incominciato il grande e radicale cambiamento”.

“La caduta del Comunismo nei paesi dell’Est Europa, l’entrata della Grecia nell’Unione Europea, l’instabilità nel Medio Oriente (specialmente nel Libano e nell’Iraq), la nuova politica dei nostri governi che ha reso meno difficile l’entrata in Grecia dei cittadini dall’Asia (Sri Lanka, Filippine, etc.) e dall’Africa (Nigeria, Ghana etc.) ci hanno portato molti fratelli nella fede”.

Ma allo stesso tempo, ha precisato mons. Papamanoli, “hanno prodotto l’effetto di avere oggi a Creta circa 5.000 fedeli cattolici (polacchi e albanesi, in modo speciale) sparsi in tutta l’isola”.

In tutta la Grecia, in particolare, l’arrivo dei profughi e degli immigrati ha determinato un aumento del 700% del numero dei fedeli della Chiesa cattolica (da 50.000 sono divenuti 350.000), che per il 18-20% è formata da cattolici greci.

“Guardando questo fenomeno con spirito di fede, e vivendo questa realtà, vedo che il Signore vuole la presenza della Chiesa cattolica a Creta e in tutta la Grecia – ha continuato il Vescovo –. Perchè andando indietro nella storia, vedo che simili cambiamenti repentini sono avvenuti anche nel passato”.

“Ringrazio il Signore che ci ha mandato tutti questi fratelli. Ma, per me Vescovo, questo fenomeno è fonte di problemi, di preoccupazioni e… anche di fatica che non ricuso”, ha detto.

“35 anni fa, bastavano due sacerdoti per il servizio verso i pochi cattolici. Ora i sacerdoti sono quattro, ma non bastano – ha osservato –. Le distanze creano la diaspora”.

“Allora si celebrava la Santa Messa domenicale solamente a Chanià e a Hiraklion. Ora ogni sabato e domenica si celebra la Santa Messa a Chanià, a Rettimno, a Hiraklion, ad Aghios Nikolaos, a Ierápetra, dove vivono circa 1.000 cattolici (700 albanesi e 300 di varie nazionalità). E non avendo una chiesa e neppure una stanza affittiamo un negozio che utilizziamo per le nostre riunioni e per celebrare la Santa Messa (ogni mese si paga l’affitto di 1.000 euro)”.

Per questo, ha evidenziato, “abbiamo bisogno di luoghi di culto e di pastorale”.

“Inoltre non abbiamo sacerdoti sufficienti e neppure laici preparati perchè in maggior parte sono dei poveri lavoratori. Ma anche perchè sono tutti nuovi arrivati. Non potevamo quindi prepararli”.

Attualmente a Creta, i Padri Cappuccini – i soli che prestavano servizio religioso in quest’isola – sono in quattro: due sacerdoti e due religiosi a Chanià e a Hiraklion.

A Hiraklion la parrochia è affidata a due giovani sacerdoti polacchi, che ogni domenica devono percorrere più di 240 Km, avanti e indietro, per celebrare la Santa Messa e raggiungere alcuni del fedeli.

“La parrocchia di Hiraklion ha un raggio di circa 200 Km – ha raccontato mons. Papamanolis –. Ma la pastorale non si può ridurre ad una Santa Messa domenicale per i pochi”.

“La maggior parte dei fedeli cattolici non ha la possibilità, a causa delle grandi distanze, di venire a contatto con il sacerdote e partecipare alla celebrazione della Messa domenicale”, ha continuato.

“Vi sono molti cattolici a Tibaki, che dista 60 Km dalla chiesa parrocchiale a Hiraklion. Vi sono poi dei fedeli cattolici a Sitia e a Palecastro (estremo est dell’isola), ma bisogna percorrere dai 300 ai 320 Km”.

“E se vogliono arrivare alla Chiesa parrocchiale di Aghios Nikolaos, dove viene celebrata la Messa domenicale, bisogna aggiungere altri 160 Km di andata e ritorno”, ha continuato.

“Viviamo una situazione che, per me Vescovo, è molto problematica perchè non vi sono le forze per affrontarla”, ha spiegato mons. Papamanolis. “Bisogna organizzare tutto da zero”.

“Questi nostri fedeli dalle molte lingue sono quasi tutti giovani ed hanno figli che devono essere catechizzati. Ma chi li catechizzerà? I genitori? Gli albanesi, che sono la maggioranza, vengono da un paese dove per anni era proibito nominare Dio e supplicarlo”.

“Questi nostri fedeli…che vivono in mezzo ai fratelli ortodossi, non per essere assorbiti nell’Ortodossia, ma per porre, con la loro presenza, il probema della separazione dei cristiani – ha aggiunto –. Per far conoscere la Chiesa cattolica ai nostri fratelli nel vivere quotidiano e preparare il giorno della desiderata unità dei cristiani”.

“La Chiesa cattolica in Grecia, infatti, non ha lo scopo di unire ‘convertendo’ ma di ‘unire’ tutti i fratelli in Cristo Gesù”, ha quindi concluso il Vescovo.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione