di Inma Álvarez
MINSK, lunedì, 16 novembre 2009 (ZENIT.org).- Il dialogo ecumenico tra confessioni cristiane è possibile solo “se le parti mantengono la loro identità” e riescono ad “ascoltarsi, a cambiare il modo di pensare e il cuore”, processo che “non ha nulla a che vedere con il sincretismo religioso”.
Lo ha affermato martedì scorso il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, durante una riunione con i membri della Conferenza dei Vescovi Cattolici della Bielorussia.
Secondo quanto ha spiegato, l’ecumenismo “non è nato ieri, ma durante l’Ultima Cena, quando Gesù ha proclamato: Ut unum sint – Siano una cosa sola. Cristo ha fondato la Chiesa unica. Le divisioni al suo interno sono le conseguenze del peccato”.
“L’aspirazione all’unità dei cristiani è in primo luogo una realtà spirituale, e per questo il suo cuore è l’ecumenismo spirituale”, ha osservato. Il cammino verso la comunione, quindi, passa per la preghiera e la perseveranza, con quest’ultima che “deve essere, tuttavia, da entrambe le parti”.
“Abbiamo bisogno di ascoltare altre persone, di cambiare il nostro modo di pensare e il nostro cuore. Solo allora saremo nel vero ecumenismo”.
Questo processo, ha avvertito, “non ha nulla a che vedere con il sincretismo, visto che il dialogo è possibile finché entrambe le parti mantengono la propria identità”.
“I nostri nemici oggi non sono le altre confessioni, ma il secolarismo e la mancanza di Dio. Per questo motivo, dobbiamo rispondere insieme alle sfide del presente”, ha sottolineato il porporato.
Il Presidente del dicastero vaticano ha aggiunto che esistono tre pilastri di dialogo tra i cristiani: il dialogo con la Chiesa ortodossa, quello con le comunità protestanti e quello con i nuovi movimenti religiosi.
Quanto al dialogo con gli ortodossi, ha spiegato che “è già nella sua seconda fase, quella del dialogo teologico. Dopo una pausa durata un paio d’anni, è ripreso nel 2005”.
“Negli ultimi anni si sono svolte tre riunioni, in questo contesto – a Belgrado, Ravenna e Cipro – L’ultima è stato dedicata alla questione del primato del Vescovo di Roma nel primo millennio. Sono stati compiuti piccoli passi, ma resta ancora molto da fare. Uno degli aspetti positivi è che entrambe le parti sono disposte a portare avanti il dialogo iniziato”.
Circa il dialogo con i protestanti, ha riconosciuto, “si è fatto molto”, ma “sono apparsi molti problemi provocati dal liberalismo nella sfera della moralità delle Chiese protestanti”.
In questo senso, ha affermato che il dialogo con gli anglicani “è di particolare importanza”, e che la Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus è “una risposta alla richiesta degli anglicani, la cui comunità oggi affronta grandi divisioni”.
La Costituzione, che regola il ritorno alla piena comunione con la Chiesa cattolica degli anglicani che lo richiedono, non ha intaccato i rapporti tra la Chiesa e la Comunione anglicana, ha ribadito il Cardinale a “L’Osservatore Romano”.
Ne è prova il fatto che l’Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione anglicana, sarà a Roma dal 19 al 22 novembre per intervenire al colloquio dedicato al Cardinale Johannes Willebrands nel centenario della sua nascita, in programma il 19 alla Pontificia Università Gregoriana.
“La sua prossima visita in Vaticano dimostra che non c’è stata alcuna rottura e rilancia il desiderio comune di parlarsi in un momento storico importante”, ha dichiarato il Cardinale Kasper. “Con questo spirito l’Arcivescovo di Canterbury si incontrerà con membri della Curia romana e il 21 novembre parlerà con il Papa. Abbiamo l’occasione di aprire una nuova fase del dialogo ecumenico che continua a essere una priorità della Chiesa cattolica e del pontificato di Benedetto XVI”.
Il porporato racconta di avere ricevuto una telefonata dall’Arcivescovo Williams mentre era a Cipro per i lavori della Commissione teologica mista con gli ortodossi. “Abbiamo parlato del significato della nuova Costituzione apostolica, e l’ho rassicurato sulla continuazione dei nostri dialoghi diretti, come ci ha indicato il concilio Vaticano II e come vuole il Papa. Mi ha risposto che per lui questa conferma è un messaggio molto importante”.
Quanto all’applicazione della Costituzione Apostolica, sostiene che “per prima cosa dobbiamo sapere concretamente chi e quanti sono gli anglicani decisi a cogliere questa opportunità. Poi vedremo tempi e luoghi”.
Bisogna considerare “caso per caso chi sono queste persone”, ha sottolineato.
“Restando coi piedi per terra, diciamo subito che non sarà una decisione facile per i Vescovi e i pastori anglicani, anche dal punto di vista della collocazione sociale”, ha ammesso, ricordando tra le questioni pratiche da affrontare “la preoccupazione di alcuni Vescovi di dividere la loro Diocesi: una parte che entra nella Chiesa cattolica e un’altra che resta anglicana”.
Sul celibato sacerdotale, ha affermato che “è evidente che soltanto Vescovi e sacerdoti già ad oggi ordinati possono restare sposati e che questo, di norma, non varrà nel futuro per i seminaristi”.