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«Il modo in cui trattiamo l’ambiente influisce sul modo in cui trattiamo noi stessi»
Il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana: quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio (n. 51).
Nella Caritas in veritate Benedetto XVI, proponendo il tema dell’«ecologia umana», supera un dualismo frequente in passato: la separazione tra i temi dell’etica della vita e i temi dell’etica dell’ambiente. Al n. 28 dice: «Uno degli aspetti più evidenti dello sviluppo odierno è l’importanza del tema del rispetto per la vita, che non può in alcun modo essere disgiunto dalle questioni relative allo sviluppo dei popoli». E menziona mortalità infantile, controllo demografico, le legislazioni contrarie alla vita e la mentalità «antinatalista», che spesso si cerca di trasmettere «come se fosse un progresso culturale». L’enciclica enuncia in tutta chiarezza un principio che oggi sembra dimenticato: «L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo».
Più oltre, al n. 48, viene messa a fuoco la tematica della cura dell’ambiente. È un argomento, questo, cui Benedetto XVI si riferisce di frequente, tanto che alcuni media lo chiamano il «Papa verde». «Il tema dello sviluppo – si legge – è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale. Questo è stato donato da Dio a tutti, e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, le generazioni future e l’umanità intera».
Come credenti dobbiamo riconoscere nella natura il meraviglioso risultato dell’intervento creatore di Dio, che l’essere umano può utilizzare responsabilmente per soddisfare le sue legittime necessità, rispettando l’equilibrio della creazione stessa.
Come profeti della vita, insistiamo nel dire che negli interventi sulle risorse naturali non devono predominare gli interessi di gruppi economici che distruggono irrazionalmente le fonti di vita, pregiudicando nazioni intere e la stessa umanità.
Le generazioni future hanno diritto a ricevere un mondo abitabile e non un pianeta dall’aria contaminata. «Se tale visione viene meno – continua Papa Benedetto – l’uomo finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per abusarne. Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana della natura, frutto della creazione di Dio».
La terra è un regalo del Creatore da «custodire e coltivare», ma non è più importante della stessa persona umana. Il Papa ci ricorda che sulla terra c’è posto per tutti. Ma dobbiamo lasciare la terra alle nuove generazioni in una condizione in cui possano abitarla degnamente.
Ciò – parafrasando un passaggio al n. 49 – implica l’impegno di decidere insieme con l’obiettivo di rafforzare l’alleanza tra essere umano e ambiente ed è auspicabile che la comunità internazionale e i singoli governi sappiano contrastare efficacemente modalità d’utilizzo dell’ambiente che risultino dannose.
Mai come oggi occorre aiutare le persone a vedere nella creazione qualcosa di più di una semplice fonte di ricchezza o di sfruttamento nelle mani dell’uomo. Il paragrafo 51 ci dice che «le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa». Questa reciprocità non viene sempre considerata nella società di oggi.
La desertificazione e l’impoverimento produttivo di alcune aree agricole sono anche il frutto dell’impoverimento dei suoi abitanti e della loro arretratezza educativa.
La Chiesa ha una responsabilità rispetto alla creazione e la deve far valere in pubblico, non solo difendendo terra, acqua e aria come doni dal Creatore per tutti, ma proteggendo l’essere umano dalla distruzione di se stesso. Questa è l’autentica ecologia umana.
«Per salvaguardare la natura – ricorda il Papa – il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società. Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale».