Kenya: piste per migliorare le relazioni tra cristiani e musulmani

L’Arcivescovo Lele: “Dovremmo testimoniare l’amore senza distinzioni di Dio”

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LONDRA, martedì, 10 novembre 2009 (ZENIT.org).- Perché i cristiani e i musulmani mantengano buone relazioni, i chierici di entrambe le religioni devono ricevere una formazione adeguata sulla pace, la coesistenza e la gestione e risoluzione dei conflitti.

Lo ha segnalato l’Arcivescovo cattolico di Mombasa (Kenya), monsignor Boniface Lele, in una conferenza sulle relazioni tra islam e cristianesimo in Africa che ha pronunciato recentemente alla Facoltà di Filosofia e Teologia Heythrop, dell’Università di Londra.

L’atto era promosso dall’agenzia di aiuto allo sviluppo CAFOD, secondo quanto ha reso noto l’agenzia informativa CISA.

Nel suo discorso, l’Arcivescovo, che dirige un’Arcidiocesi a maggioranza musulmana, ha sottolineato che quando esistono buone relazioni tra cristiani e musulmani ne beneficiano molte persone di entrambe le religioni.

In questo senso, ha apprezzato l’opera di entità in cui i fratelli e le sorelle delle due religioni, associati, offrono in vari luoghi dell’Africa servizi sanitari, educativi, acqua, ecc., senza discriminazioni basate sulla religione, citando l’esempio dei Coast Interfaith Councils of Kenya (CICC), finanziati dai Catholic Relief Services.

Estendere il dialogo interreligioso

Il presule ha anche segnalato la sfida di prendere coscienza dell’importanza del dialogo interreligioso.

“C’è poco accordo e a volte aperta disapprovazione sulla necessità che ha la Chiesa di incontrarsi con i musulmani in un dialogo con leader ecclesiali di alto livello”, ha detto.

“Finora, le attività volte a un dialogo tra cristiani e musulmani sono state dirette da Vescovi interessati, singoli sacerdoti e istituti religiosi poco coordinati tra loro”.

Nonostante questo, ha sottolineato, le iniziative individuali di pochi presuli, presbiteri e istituzioni religiose hanno generato un personale teologico locale disponibile per favorire la competenza che serve per il dialogo interreligioso.

“Dovremmo testimoniare l’amore senza distinzioni di Dio – ha segnalato il Vescovo –. Del resto, le persone di ogni cultura e religione sono fatte a immagine di Dio”.

Il presule ha quindi sottolineato le differenze tra gli stessi cristiani nel concepire le relazioni con le comunità musulmane, osservando che senza solide relazioni ecumeniche la missione di dialogare con gli islamici sarà frammentata.

“Spero che a poco a poco gli stessi chierici superino l’atteggiamento di difesa della propria religione quando vengono accusati di violenza”, ha dichiarato.

Allo stesso modo, auspica che “cerchino insieme nelle acque della storia e della teologia per comprendere meglio i loro rispettivi ruoli nella violenza del passato e le loro responsabilità congiunte, per essere testimoni di pace nel mondo di oggi”.

Sfide nel settore educativo

Riferendosi alla sua Arcidiocesi, l’Arcivescovo Lele ha indicato la sfida del pluralismo nelle scuole gestite da cattolici, ma con la maggior parte degli studenti e dei professori musulmani, argomento su cui la Legge sull’Educazione del Kenya non aiuta.

“Di recente, la questione dell’uso dell’hijab (velo) da parte delle ragazze nelle scuole di ispirazione cattolica ha provocato un acceso dibattito”, ha spiegato.

“Noi come cattolici diciamo che provoca divisione tra ragazzi e ragazze, i musulmani dicono che fa parte della loro fede”.

Secondo monsignor Lele, c’è bisogno di una politica governativa globale su questioni come gli indumenti religiosi degli studenti, la dieta e la distribuzione di banchi tra ragazzi e ragazze. Sono anche necessarie politiche su come adattare i molteplici calendari religiosi, le preghiere quotidiane e settimanali e il culto in Kenya senza interrompere l’insegnamento.

L’Arcivescovo ha quindi indicato che “i presidi, che prendono posizione secondo la loro coscienza o scelgono di mettere in pratica la libertà religiosa assumendo punti di vista diversi da quelli dei loro impiegati, hanno bisogno di direttive su come esprimere le proprie opinioni senza rischiare il posto di lavoro”.

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ZENIT Staff

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