La Chiesa è comunicazione, dice l'Arcivescovo Celli a Cuba

Analizza difficoltà e successi in questo senso della comunità cattolica locale

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L’AVANA, lunedì, 9 novembre 2009 (ZENIT.org).- Il Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali ha spiegato a Cuba che per la Chiesa la comunicazione è “essenziale per la sua essenza e la sua azione”.

“Per la Chiesa la comunicazione non è un fenomeno esterno episodico”, ha spiegato, perché “la comunicazione risponde all’immagine e alla somiglianza con il Creatore, e il suo esercizio suscita una maggiore comunione tra le persone”.

In una conferenza offerta venerdì sera nella chiesa di Santa Caterina da Siena dell’Avana, l’Arcivescovo Claudio Maria Celli ha spiegato che “sia la comunicazione interna che quella esterna verso la società sono nel ‘codice genetico’ della Chiesa, perché essa è un mistero di comunione”.

Accesso normale ai media per la Chiesa cubana

Nel suo intervento, sul tema “Chiesa, comunicazione e cultura digitale”, il presule ha affrontato la situazione della Chiesa cubana rivelando di aver incontrato poco prima le autorità del Paese e di aver espresso il “desiderio che alla Chiesa cubana sia permesso un accesso più normale ai mezzi di comunicazione, perché questo tocca molto da vicino la missione della Chiesa”.

Questa presenza comunicativa ecclesiale, ha sottolineato, sarà molto apprezzata dal popolo cubano, che è per la maggior parte credente, e anche fuori da Cuba.

Nonostante le difficoltà, l’Arcivescovo ha riconosciuto che la Chiesa di Cuba è riuscita a portare avanti progetti di comunicazione, in particolare le riviste diocesane “Espacio Laical“, “Palabra Nueva“, “Vitral“, “Cocuyo“.

Tra questi sforzi comunicativi della Chiesa a Cuba, ha menzionato la Rete Informatica della Chiesa a Cuba, che fa parte della Rete Informatica della Chiesa in America Latina (RIIAL) e funziona dalla metà degli anni Novanta, promossa dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici di Cuba con l’aiuto della Nunziatura Apostolica.

Questa rete ha svolto un lavoro decisivo nella formazione di una rete interdiocesana di comunicazione, coinvolgendo agenti di pastorale e introducendo i mezzi informatici in Vescovadi e comunità.

Ha anche menzionato il lavoro di SIGNIS, l’organizzazione cattolica di comunicazione, “che nell’isola ha una lunga tradizione. A Cuba ci sono creatività e talento, che hanno ottenuto riconoscimento e autorità nei vari ambiti internazionali”.

Senza paura

Dopo aver constatato l’impulso dato dalla Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e del Caribe celebrata nel santuario brasiliano di Aparecida nel maggio 2007, la cui “Missione Continentale” si sta estendendo anche grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, il presule ha rivolto un appello alla Chiesa a Cuba a non aver paura.

Pur riconoscendo le difficoltà che incontra la Chiesa nel Paese a incorporarsi in questi “nuovi aeropaghi”, ha dichiarato citando Giovanni Paolo II che “è necessario essere preparati; dobbiamo essere sempre più consapevoli del fatto che l’evangelizzazione della cultura moderna dipende in gran parte dall’influenza di questi media”.

Ad esempio, ha invitato a far sì che i documenti che si producono negli episcopati si condensino in formati audiovisivi brevi, web, micromessaggi o poster digitali.

“Il contesto cubano ancora non lo permette, ma guardando al futuro senza paura sono consapevole del fatto che si potrà fare molto, ma per questo bisogna essere preparati”.

L’Arcivescovo ha spiegato che non basta usare i media per diffondere il messaggio, ma che è necessario integrare il messaggio stesso nella nuova cultura digitale.

Per illustrare questo aspetto ha fatto ricorso alla narrazione popolare in America Latina che parla di un uomo che andava di villaggio in villaggio con la sua arpa. Una notte venne assalito e lasciato mezzo morto. Il giorno dopo lo trovarono e gli chiesero cosa gli fosse successo. Rispose: “Mi hanno rubato l’arpa e hanno portato via il mio animale, ma non hanno potuto togliermi la musica dal cuore”.

“Il segreto non è avere le tecnologie più moderne, ma la musica che si ha nel cuore”, ha segnalato monsignor Celli.

“Mettiamoci all’ascolto di Gesù, perché la moltiplicazione delle antenne, segno del progresso tecnologico, sia segno della comunicazione dell’uomo e del servizio integrale a tutta l’umanità!”, ha esortato.

Formazione, diaconia e collaborazione

Il presule ha sintetizzato la sua proposta in tre conclusioni.

In primo luogo, ha esortato a continuare a promuovere a tutti i livelli la formazione nella comunicazione, soprattutto tra gli agenti di pastorale, perché “questa cultura non sia estranea alla Chiesa, ma questa possa rendere presente il volto di Cristo anche in questo nuovo territorio”.

In secondo luogo, ha chiesto di prestare una “diaconia della cultura”, un servizio permanente di animazione evangelica di questa cultura digitale, per darle senso e umanità. “Convochiamo i creativi, gli artisti e i giovani cattolici! – ha esortato – Una formazione adeguata può essere fonte di vocazioni per essere missionari in questa cultura comunicativa”.

Monsignor Celli ha infine invitato ad “abbandonare l’isolamento in cui spesso si lavora, anche con la migliore volontà, ma ignorando le altre iniziative cattoliche. Un’articolazione e una conoscenza reciproca, con servizi comuni a tutti (lavoro in rete), non toglie visibilità a un’iniziativa, ma le dà una visibilità corporativa”.

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ZENIT Staff

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