di Roberta Sciamplicotti
ROMA, giovedì, 5 novembre 2009 (ZENIT.org).- Utenti della strada e della ferrovia, donne e ragazzi di strada e persone senza fissa dimora sono le quattro categorie di persone nei cui confronti la Chiesa deve promuovere una pastorale sempre più attenta alle esigenze e pronta a far uscire da situazioni di discriminazione e di disagio.
E’ quanto emerge dal Documento finale del Primo Incontro Europeo Integrato di Pastorale della Strada, svoltosi a Roma dal 29 settembre al 2 ottobre sul tema “Gesù in persona si accostò e camminava con loro (Lc 24,15). Pastorale della Strada: un cammino insieme”.
All’Incontro hanno partecipato Direttori nazionali, rappresentanti di Conferenze Episcopali e vari esperti, provenienti da quindici Paesi europei, un rappresentante del Sovrano Ordine Militare di Malta e delegati di varie associazioni e movimenti.
Conclusioni
Il Documento finale dell’evento prevede 57 Conclusioni, iniziando dalla constatazione che la pastorale della strada “costituisce una testimonianza profetica” e che “quando torna nella strada, da cui è nato, il Vangelo esprime tutta la sua forza in molti modi”.
Le Conclusioni riguardano innanzitutto gli utenti della strada e della ferrovia, sottolineando che in una società in cui il traffico è in costante aumento si verifica “una concorrenza sempre più dura”, provocando “un aumento sensibile di tensioni psicologiche e fisiche in un gran numero di camionisti”.
Per far fronte a problemi come “orari di lavoro irregolari, lunghe assenze dalla famiglia, come pure relazioni sociali e d’amicizia ridotte o venute meno”, la Chiesa sviluppa risposte pastorali specifiche, ricordando che per molti lavoratori della strada “esiste un pericolo costante di solitudine e isolamento” e quindi c’è bisogno di “maggiore attenzione”.
Le Conclusioni ricordano poi la situazione delle donne di strada, “spesso persone con molteplici problemi (di droga, domicilio, psicologici, HIV)” che hanno bisogno di “una varietà di risposte pastorali integrate”.
Attualmente, riconosce il testo, si presta “un’attenzione eccessiva” alle questioni che riguardano le forme di intervento più che la prevenzione di questo problema. “Nel caso delle donne vittime del traffico, è molto importante fornire alle potenziali vittime un’assistenza prima della partenza e un’informazione su un’emigrazione sicura”.
Allo stesso modo, nelle Conclusioni si affronta il problema della pastorale dei ragazzi di strada, i quali stanno aumentando “a causa della disgregazione familiare e dell’aumento della mobilità”.
La Chiesa deve promuovere “una nuova visione” di questi giovani “contro gli stereotipi” esistenti, aiutando le persone “a guardare al di là dell’elemento criminale che spesso caratterizza questi ragazzi e vedervi positive possibilità future”.
Le Conclusioni riguardano infine la pastorale delle persone senza fissa dimora, sottolineando come la Chiesa debba “prestare attenzione a tale problema allo scopo di creare forme di partnership e di coordinamento delle risorse disponibili”.
In questo contesto, “è importante permettere alle persone senza fissa dimora di spezzare il ciclo della vita sulla strada”, lavorando con loro “sul luogo e al ritmo di loro scelta, rispondendo tuttavia immediatamente alle possibilità di intervento”.
“Le ragioni che spingono le persone a vivere sulla strada sono molte e variate – si ammette –. C’è bisogno di un approccio pastorale di ascolto e compassione che sia in grado di comprendere le loro storie senza un giudizio morale immediato”.
Raccomandazioni
Dopo aver sottolineato che la forza del Vangelo è “esplosiva e inarrestabile” e che per coloro che si trovano sulla strada “è sempre importante fare gesti che siano riconoscibili e comprendere che anche noi possiamo ricevere il Vangelo attraverso di loro”, il Documento invita in primo luogo a sviluppare una pastorale degli utenti della strada e della ferrovia che “includa l’educazione, in particolare dei giovani, alla responsabilità della guida e alla sicurezza stradale”.
Tra le varie iniziative, “deve anche essere incoraggiato lo sviluppo di stazioni radio cristiane”.
Quanto alle donne di strada, si ricorda che gli interventi “devono essere sempre personali e fare costante riferimento all’individuo che ha un volto e una storia unici”, e che “lo stabilire un rapporto di fiducia è essenziale”.
Occorrerà poi “rivolgere un’attenzione particolare anche alla formazione degli operatori pastorali, in particolare del clero e delle comunità religiose maschili, in vista del loro lavoro con il ‘lato della domanda’ di prostituzione”, promuovendo uno stile di vita “che rispetti la sessualità come parte costitutiva e nobile degli esseri umani, e non come qualcosa che può essere commercializzato o alienato”.
La Chiesa deve essere quindi “la voce” dei ragazzi di strada, prestando particolare attenzione alla prevenzione “attraverso una presa di coscienza dei problemi che portano un ragazzo a vivere per strada”, e favorire l’auto-responsabilizzazione dei senza fissa dimora in vista del loro reinserimento.
“È importante ricordare che le persone senza domicilio fisso fanno parte delle parrocchie in cui sono momentaneamente presenti – conclude il Documento –. Esse hanno diritto, pertanto, alla pastorale ordinaria che vi è offerta e ad una partecipazione, qualunque siano le modalità, a quella che non è territoriale. Non bisogna poi dimenticare che tali persone hanno diritto ad una sepoltura cristiana, se si tratta di fedeli cattolici, e di conseguenza ad un ricordo nella preghiera”.