ROMA, mercoledì, 4 novembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento sulla libertà religiosa pronunciato il 26 ottobre dall'Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite, nell'ambito della 64ª sessione dell'Assemblea generale dell'Onu, davanti alla Terza Commissione sull'item 69: “Promozione e tutela dei diritti umani: questioni relative ai diritti umani, incluse strategie alternative per migliorare la fruizione effettiva dei diritti umani e delle libertà fondamentali”.





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Presidente,

poiché ci dedichiamo alla promozione e alla tutela dei diritti umani, sappiamo che è la dignità della persona umana a motivare il nostro desiderio di impegnarci per lavorare alla realizzazione graduale di tutti i diritti umani.

Da un po' di tempo ormai le Nazioni Unite esaminano la nozione  di libertà di coscienza a proposito della religione e della libertà della sua espressione. Ciò si è espresso in particolare nel contesto  della promozione e della tutela dei diritti umani universalmente riconosciuti e delle libertà fondamentali, della diversità culturale e dell'eliminazione di tutte le forme di intolleranza religiosa nel mondo.

Il diritto alla libertà di religione, nonostante sia stato ripetutamente proclamato dalla comunità internazionale e specificato negli strumenti internazionali nonché nella Costituzione della maggior parte degli Stati, continua a essere oggi ampiamente violato. Purtroppo, non c'è alcuna religione al mondo che sia esente dalla discriminazione. Atti di intolleranza e violazioni della libertà religiosa continuano a essere perpetrati in molte forme. Infatti, sempre più casi vengono sottoposti all'attenzione dei tribunali o degli organismi internazionali per i diritti umani.

Con l'aumento dell'intolleranza religiosa nel mondo, è ben documentato che quello dei cristiani è il gruppo religioso più discriminato perché potrebbero essercene ben più di 200 milioni, di differenti confessioni, che sono in situazioni di difficoltà a causa di strutture legali e culturali che portano alla loro discriminazione.

In questi ultimi mesi, alcuni Paesi asiatici e mediorientali hanno visto molte comunità  cristiane attaccate, con molti feriti e altri uccisi. Le loro chiese e abitazioni sono state incendiate. Queste azioni sono state commesse da estremisti in risposta alle accuse mosse ad alcuni individui, percepiti, secondo le leggi contro la blasfemia, in un certo qual modo come irrispettosi dei credi degli altri. In questo contesto, la mia delegazione vede con favore e sostiene la promessa del Governo del Pakistan di rivedere ed emendare tali leggi.

Le leggi contro la blasfemia sono diventate troppo facilmente opportunità per gli estremisti di perseguitare quanti scelgono liberamente di seguire il sistema di credo di una tradizione di fede differente. Queste leggi sono state utilizzate per fomentare l'ingiustizia, la violenza settaria e la violenza fra religioni. I governi devono affrontare le cause che sono alla radice dell'intolleranza religiosa e abrogare queste leggi che fungono da strumenti di abuso.

La legislazione che limita la libertà di espressione non può modificare gli atteggiamenti. Ciò che invece è necessario è la volontà di cambiare. Quest'ultima si può ottenere efficacemente aumentando la consapevolezza degli individui, portandoli a una maggiore comprensione del bisogno di rispettare tutte le persone, indipendentemente dalla loro fede o dalla loro formazione culturale. Gli Stati dovrebbero astenersi dall'adottare restrizioni alla libertà di espressione che hanno spesso condotto ad abusi da parte delle autorità e al mettere a tacere le voci dissenzienti, in particolare quelle di individui appartenenti a minoranze etniche e religiose. L'autentica libertà di espressione può contribuire a un maggiore rispetto per tutte le persone perché può offrire l'opportunità di pronunciarsi contro violazioni come l'intolleranza religiosa e il razzismo e di promuovere la pari dignità delle persone.

Il ricorso all'odio e alla violenza contro religioni specifiche che persiste in vari luoghi suggerisce uno stato mentale caratterizzato da intolleranza. Per questo motivo è imperativo che le persone delle varie tradizioni di fede cooperino per accrescere la comprensione reciproca. C'è qui bisogno di un cambiamento autentico di mente e di cuore. Questo si può raggiungere al meglio attraverso l'educazione, a cominciare dai bambini e dai giovani, all'importanza della tolleranza e del rispetto per la diversità culturale e religiosa.

La cooperazione fra religioni è un prerequisito per la trasformazione della società  e deve condurre a un cambiamento di mente e di cuore affinché si possa realmente creare una cultura di tolleranza e di coesistenza pacifica fra i popoli.

Da molti anni questa Organizzazione offre alla comunità internazionale parametri per ciò che i Paesi devono fare per compiere progressi concreti nel rispetto dei diritti umani. Un elemento chiave è aderire agli strumenti fondamentali delle Nazioni Unite sulla libertà religiosa e applicare fedelmente i principi ivi consacrati cosicché tutte le persone, indipendentemente dalle  loro credenze religiose, ottengano rispetto totale in conformità alla loro dignità di membri della comunità umana.

 

[Traduzione dall'inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]