Con migranti e rifugiati servono “dinamiche pastorali aggiornate”

VI Congresso Mondiale della Pastorale per queste categorie

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ROMA, martedì, 3 novembre 2009 (ZENIT.org).- In una realtà in cui qualsiasi argomento si affronti va ormai collocato in un contesto mondiale, bisogna aggiornare anche le dinamiche pastorali per servire meglio i migranti e i rifugiati.

Lo ha segnalato questo martedì mattina monsignor Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione del VI Congresso Mondiale della Pastorale per i Migranti e i Rifugiati, che si svolgerà in Vaticano dal 9 al 12 novembre sul tema “Una risposta pastorale al fenomeno migratorio nell’era della globalizzazione. A cinque anni dall’Istruzione Erga migrantes caritas Christi”.

Durante la conferenza, alla quale sono intervenuti anche l’Arcivescovo Agostino Marchetto e monsignor Novatus Rugambwa, rispettivamente Segretario e sottosegretario del dicastero vaticano, monsignor Vegliò ha spiegato che il mondo moderno, caratterizzato dalla globalizzazione, “persegue un grande progetto umanistico, cioè la realizzazione sulla terra di una civiltà degna della persona umana”.

Ciò, ha osservato, implica “un modello di vita dove ognuno possa godere legittima libertà e sicurezza, da cui siano eliminate, nella misura più ampia possibile, la sofferenza, le discriminazioni e la paura, con garanzia del rispetto dei diritti umani fondamentali, nell’esercizio dei corrispondenti doveri”.

Il Congresso che si celebrerà in Vaticano vuole rispondere alla domanda “Che ne è di questo progetto?”, per “individuare aggiornate dinamiche pastorali nel campo delle migrazioni e del rifugio”.

Luci e ombre

La globalizzazione “ha permesso il raggiungimento di mete straordinarie in ogni campo”, ha riconosciuto monsignor Vegliò, ricordando “l’apprezzamento di grandi valori, quali la dignità della persona umana e le libertà fondamentali, la valorizzazione della donna, il senso della tolleranza e del pluralismo, la solidarietà che lega tutti in un solo destino, il rifiuto del razzismo e di ogni discriminazione di ordine culturale, politica o religiosa, il rifiuto della violenza e l’aspirazione alla pace, il senso dell’uguaglianza e della necessità che tutti godano dei beni della terra e, infine, la preferenza data alla democrazia come regime politico in cui la persona umana è rispettata e le sue esigenze meglio soddisfatte”.

Non si possono nascondere, tuttavia, “risultati insoddisfacenti”, così come rimane ancora “molto di incompiuto”.

Rispetto al passato, infatti, le persone oggi “sono più istruite, più tutelate e più assistite, ma non sono più felici, poiché spesso sono vittime della solitudine, della incomunicabilità, dell’insoddisfazione, della depressione e dell’angoscia”.

Il mondo moderno “non è ancora riuscito a creare l’agognato ordine sociale giusto e umano”, e se la globalizzazione ha creato un nuovo mercato del lavoro spingendo molti a emigrare, “non ha abbattuto le mura dei confini nazionali per una libera circolazione delle persone, pur nel rispetto della sovranità degli Stati e delle loro carte costituzionali, con salvaguardia della legalità e della sicurezza”.

Per questo motivo, il fenomeno migratorio “solleva una vera e propria questione etica, quella della ricerca di un nuovo ordine economico internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra”, come si legge nell’Istruzione Erga migrantes caritas Christi.

Secondo monsignor Vegliò, il rischio maggiore al giorno d’oggi è che “l’intero dibattito sulla globalizzazione venga visto quasi esclusivamente in riferimento alla sfera economico-finanziaria, caratterizzata dalla quantità degli aiuti internazionali e dal grado di liberalizzazione del commercio”.

Come cristiani, ha aggiunto, si sa invece che “il cuore della vita è fondamentalmente spirituale e che la sfida è come promuovere e tutelare ogni persona umana, con preferenza per i più vulnerabili, come appunto, tra altri, sono i migranti e i rifugiati”.

Nei confronti di questi ultimi, ha spiegato, la cura pastorale specifica si riassume nel valore dell’accoglienza, che “si attua in relazione a persone di diversa nazionalità, etnia e religione e contribuisce a rendere visibile l’autentica fisionomia della Chiesa stessa”.

Perché questa pastorale sia efficace, ha aggiunto, sono fondamentali “la cooperazione fra le Chiese d’origine, di transito e di destinazione dei migranti” e “il dialogo tra Chiesa cattolica e Comunità ecclesiali non in piena comunione con essa”.

Allo stesso modo, bisogna ricordare che nel dialogo tra cattolici e aderenti ad altre religioni “riveste grande importanza il principio di reciprocità, che salvaguarda giuste relazioni, fondate sul vicendevole rispetto, sulla solidarietà e sulla giustizia, garantendo la pacifica convivenza, in parità di diritti e di doveri”.

Partecipazione mondiale

Il Congresso inizierà il 9 novembre nella Basilica di San Pietro con la concelebrazione eucaristica presieduta alle 8.00 dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano. Inaugurerà poi l’incontro monsignor Vegliò, seguito dagli interventi di Renato Schifani, Presidente del Senato, di William Lacy Swing, Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), di Laurens Jolles, Rappresentante Regionale per l’Europa dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), di padre Pierre Martinot-Lagarde, SJ, Consigliere Speciale per Affari Socio-Religiosi e Partenariati Speciali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), e dell’Arcivescovo Agostino Marchetto.

Interverranno poi il prof. Stefano Zamagni, docente al Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna, il Cardinale John Njue, Arcivescovo di Nairobi (Kenya), il Cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân, Arcivescovo di Thàn-Phô Hô Chí Minh (Vietnam), e il Cardinale Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di San Paolo (Brasile).

Martedì 10 novembre prenderanno la parola padre Gabriele Parolin, Superiore Regionale dei Missionari Scalabriniani per l’Europa e l’Africa, monsignor Paul Ruzoka, Arcivescovo di Tabora (Tanzania), monsignor Renato Ascencio León, Vescovo di Ciudad Juárez (Messico), monsignor Aldo Giordano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, monsignor Josef Voss, Presidente della Commissione Episcopale per i Migranti della Germania, e i delegati fraterni del Consiglio Ecumenico delle Chiese, del Patriarcato Ecumenico, della Comunione Anglicana e della Federazione Luterana Mondiale.

Il giorno dopo interverranno la dott.ssa Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio, il dott. John Klink, Presidente della Commissione Cattolica Internazionale per le Migrazioni, monsignor John Charles Wester, Vescovo di Salt Lake City (Stati Uniti), monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, OFM, Vicario Apostolico di Tripoli (Libia), e monsignor Giorgio Caniato, Ispettore Generale dei Cappellani del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e del Dipartimento della Giustizia Minorile in Italia.

Giovedì 12 novembre, il Congresso – al quale parteciperà un totale di 320 persone – si concluderà con la proposta del testo del Documento Finale, nelle sue tradizionali tre parti: evento, conclusioni e raccomandazioni.

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ZENIT Staff

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