“Amarezza” e “perplessità” per il no dell'Europa al crocifisso nelle scuole

Reazione della Conferenza Episcopale Italiana

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CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 3 novembre 2009 (ZENIT.org).- Con “amarezza” e soprattutto “perplessità” la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha ricevuto la sentenza del Tribunale europeo per i Diritti Umani che ha condannato questo martedì l’Italia per il fatto di collocare crocifissi nelle scuole.

Un comunicato stampa emesso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, in base a una prima lettura, rileva nella sentenza “il sopravvento di una visione parziale e ideologica”.

Il caso era stato sollevato alla Corte di Strasburgo da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all’istituto statale “Vittorino da Feltre” di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocifissi dalle aule. A nulla, in precedenza, erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia.

Secondo la sentenza di Strasburgo, il Governo italiano dovrà pagare alla donna un risarcimento di 5.000 euro per danni morali. La sentenza è la prima in assoluto in materia di esposizione dei simboli religiosi nelle aule scolastiche. Il tribunale considera che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche costituisca una violazione della “libertà di religione degli alunni”.

Secondo la CEI, questa decisione “suscita amarezza e non poche perplessità”.

“Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale – aggiunge il comunicato –. Non si tiene conto del fatto che, in realtà, nell’esperienza italiana l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo come ‘parte del patrimonio storico del popolo italiano’, ribadito dal Concordato del 1984”.

“In tal modo, si rischia di separare artificiosamente l’identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali, mentre non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l’ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche”, sottolinea il testo.

Monsignor Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione episcopale Ecumenismo e dialogo della CEI, ha affermato in alcune dichiarazioni alla Radio Vaticana che il Tribunale europeo ha una visione inappropriata della laicità.

“La laicità non è l’assenza di simboli religiosi, semmai la capacità di accoglierli e di sostenerli”, ha dichiarato.

Secondo il presule, la presenza del crocifisso è un aiuto per ricordare ai bambini e ai giovani valori fondamentali.

“Di fronte al vuoto etico, morale, che spesso noi vediamo anche nei nostri ragazzi, pensare di venire in loro aiuto, come dire, facendo tabula rasa di tutto mi pare davvero miope, anche perché presuppone una concezione di una cultura che è libera solo nella misura in cui non ha nulla, o che ha solo ciò che resta sradicato da ogni storia, da ogni tradizione, da ogni patrimonio. Tanto più che le nostre piazze, le nostre strade sono stracolme di Crocifissi”.

“Non credo ci sia nessuno che pretenda di distruggere i simboli religiosi nelle piazze, nelle strade, nei crocicchi perché ledono la libertà di religione di qualcuno”, confessa. “Preferisco allora quella civiltà mediterranea che vedeva nelle città, e ancora oggi l’abbiamo, la presenza di simboli, di segni di altre religioni. Quando Paolo VI ebbe qualche difficoltà quando si trattò di costruire una moschea a Roma, disse: ‘E’ un grande segno di civiltà’”.

“Credo che la grande battaglia che noi dobbiamo fare è che la Croce mostra, come dire, l’umiliazione da cui ancora oggi tanti giusti, tanti poveri vengono schiacciati: è un ricordo di cosa accade all’uomo quando la giustizia non viene rispettata e semmai qui emerge un valore di gratuità, quella gratuità di cui tutti abbiamo bisogno a qualsiasi fede apparteniamo. In questo senso, c’è una dimensione anche di peso culturale ed educativo che io credo sia davvero irresponsabile voler cancellare”, osserva monsignor Paglia.

Dal canto suo Giuseppe Dalla Torre, rettore della Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA) di Roma, ha riferito al servizio informativo della CEI, SIR, che l’argomentazione del Tribunale rappresenta un “ragionamento viziato sul presupposto che il crocifisso possa costringere ad una professione di fede, mentre esso è un simbolo passivo, che cioè non costringe in coscienza nessuno”.

“Prima ancora di essere un simbolo religioso – spiega Dalla Torre –, il crocifisso esprime la nostra cultura e identità. Abbiamo bisogno di elementi che facciano mantenere coesa la società intorno a valori tradizionali e fondanti”.

Questo, precisa il rettore della LUMSA, “è peraltro il ragionamento che ha portato a numerose decisioni di giudici italiani che mi appaiono ancora del tutto condivisibili. Se il crocifisso non fosse anzitutto un simbolo culturale – e quindi non coercitivo per alcuno – dovremmo togliere tutte le croci presenti sulle nostre strade e piazze e questo sarebbe veramente ridicolo”.

Secondo quanto ha dichiarato il giudice Nicola Lettieri, che difende l’Italia davanti alla Corte di Strasburgo, il Governo italiano ricorrerà contro la sentenza emessa dal Tribunale europeo per i Diritti Umani.

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ZENIT Staff

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