Diario politicamente scorretto del Sessantotto

Uno spaccato della storia d’Italia visto con gli occhi di un cronista cattolico

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

di Antonio Gaspari

ROMA, lunedì, 2 novembre 2009 (ZENIT.org).- Per molti è un mito,  i migliori anni della nostra vita, per altri è la storia triste e violenta che ha seppellito per decenni i migliori ideali di libertà, giustizia e bellezza.

Il fenomeno sociale conosciuto come il “Sessantotto” ha estimatori e detrattori. Secondo Paolo Deotto, però dietro a tanta retorica si potrebbero nascondere meschine finalità ideologiche e di interesse politico.

Deotto, ha vissuto per intero il Sessantotto, prima come studente di Giurisprudenza all’Università Cattolica, poi come militante di “Gioventù studentesca” e poi di “Comunione e Liberazione”.

Per raccontare quanto accadde in quegli anni, Deotto ha scritto e pubblicato il libro “Sessantotto. Diario politicamente scorretto” (Fede & Cultura).

Da diversi anni Paolo Deotto si occupa di studi storici, in particolare sul Novecento. E’ stato tra i fondatori della prima Rivista storica on line, Storia in Network, e attualmente collabora col sito di Storia Libera. Pubblica anche sul sito dell’Istituto Storico per l’Insorgenza e l’Identità Nazionale e sulle riviste Nova Historica e Radici Cristiane.

Per cercare di comprendere come e perché il Sessantotto è riuscito a stravolto l’antropologia cristiana e le virtù insegnate, ZENIT lo ha intervistato.

Lei ha vissuto e osservato le vicende del ’68 dall’Università Cattolica fino alle derive del terrorismo, della liberazione sessuale e della droga. A distanza di quarant’anni qual è il suo giudizio?

Deotto: A distanza vedo, con grande tristezza, che non solo non siamo riusciti a liberarci dalle scorie sessantottine, ma anzi una vulgata falsa e tendenziosa continua a presentare, a quanti non vissero direttamente quel periodo, una sorta di gioiosa esplosione di giovanilismo, quasi che il Sessantotto sia stato solo un insieme di concerti, ribellione legittima a una società oppressiva e tanta tanta gioconda libertà. Pochissima è la pubblicistica in argomento che parla chiaro, e del resto sappiamo bene che buona parte dell’informazione è da decenni in mano a una sinistra che ha rivisto a fondo il significato della parola “verità”.

Vuole un esempio significativo? A giorni (precisamente il 19 novembre) ricorreranno i quarant’anni dall’assassinio di Antonio Annarumma, poliziotto di 22 anni, autista della “Celere”, che morì a Milano, col cranio fracassato da un tubolare per edilizia usato a mo’ di lancia, nel corso di scontri violentissimi in via Larga tra manifestanti comunisti e Polizia.

Ora, vada a cercare sulla solita “buona stampa”, come Espresso, Repubblica et similia, se riesce a trovare il nome di Annarumma. Non lo troverà mai, eppure queste pubblicazioni l’anno passato hanno scritto fiumi di inchiostro per commemorare il “’68”. Insomma, l’inganno continua, è tutt’altro che sbugiardato e sconfitto.

Nel libro “Sessantotto. Diario politicamente scorretto” lei sostiene che furono anni bui con una esplosione di violenza, distruzione di valori, scuola di prevaricazione e di odio. Ci spiega il perché?

Deotto: Sostengo quello che ho visto e vissuto direttamente. Ero a Milano, una delle città maggiormente colpite da quell’ondata, ero studente di quinta liceo, fino all’ottobre del ’68 quando mi iscrissi all’Università Cattolica. In quegli anni avevo incarichi di responsabilità in Gioventù Studentesca (la futura Comunione e Liberazione). Insomma, non avevo certo un osservatorio defilato o limitato. Furono davvero anni bui, perché si insegnò ai giovani che l’avversario non era più la persona da affrontare con la dialettica, ma il nemico da odiare e distruggere. Del resto il Sessantotto fu una rivolta di chiaro stampo comunista e il comunismo è per sua natura violento e negatore dei valori tradizionali. L’attacco alla famiglia, soprattutto denigrando la figura autorevole del padre (in nome di una “libertà” che voleva solo dire “capriccio”) fu violento e martellante. E purtroppo insegnando l’odio si ammazzano le persone anche dentro, nel cuore. Ho visto tanti, troppi giovani andare davvero alla deriva, intossicati da quella paurosa scuola che fu il “’68”.

Secondo San Paolo, dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia di Dio. Quali allora le parti buone nella vicenda del ’68?

Deotto: Senza dubbio il “’68” fu una severa pietra di paragone per la solidità della nostra Fede. Nelle associazioni di Azione Cattolica (e Gioventù Studentesca era una di queste) furono tante le persone che caddero nella più totale confusione, non capendo che marxismo e cristianesimo non possono, né potranno, mai convivere e addirittura condividere azioni “sociali”. Perché il marxismo non solo è ateo, ma tende anche alla distruzione della Fede. Tanti si scordarono, affascinati in modo infantile dal gioco della “rivoluzione”, che la sola salvezza è Nostro Signore Gesù Cristo. In questo senso il “’68” fornì l’occasione per purificare il mondo cattolico che poi si riscoprì molto più piccolo nei numeri, ma molto più saldo nella Fede.

Lei racconta di uno stravolgimento culturale con la diffusione di un relativismo, che porta solo confusione e disordine morale, una realtà manipolata secondo le convenienze, ed una società che introduce il divorzio, l’aborto, il sesso libero, la confusione dei generi e la liberalizzazione delle droghe. Come è potuto accadere e quali armi propagandistiche sono state utilizzate?

Deotto: Il relativismo non può che portare disastri, perché toglie all’uomo ogni certezza e lo rende schiavo dei suoi capricci, delle sue passioni, dei suoi desideri, anche i peggiori. Tanto, per ogni caso si costruisce una morale “ad hoc”. L’affermarsi del relativismo fu resa possibile dal fatto che i bersagli principali dei “profeti” sessantottini erano i giovani, per loro natura più influenzabili e più soggetti ad accettare di buon grado teorie sballate che tolgono loro i pesi che la vita impone per diventare uomini (studio, obbedienza, fatica, rispetto). Si entrava nel mondo dei balocchi con gioiosa incoscienza, spinti dal cinismo di chi sapeva invece benissimo come manipolare le coscienze.

Come è potuto accadere? Perché purtroppo c’era una classe politica composta ormai di personaggi avvezzi solo alla gestione del potere, che guardò la nascita del ’68 senza sapere che linea prendere. E poi, duole dirlo, mancò in molti casi una parola vera e decisa da parte dei cattolici. Come dicevo sopra, molti vivevano ormai una Fede molto formalistica e molto vuota, e furono travolti dal nuovo conformismo che andava dilagando.

E che cosa è successo nel mondo cattolico?

Deotto: Quanto già dicevo sopra. Molti andarono alla deriva, molti caddero in una specie di attivismo sociale, che avrebbe dovuto, nella loro confusione di idee, “integrare” la Fede e renderla al passo coi tempi. Ma, grazie al Cielo, chi restò nel seno della Chiesa ne uscì rafforzato. In quegli anni tenevamo sempre, tra il 26 e il 30 settembre (allora le scuole iniziavano ai primi di ottobre) un raduno di preparazione al nuovo anno scolastico. Eravamo in genere migliaia. A fine settembre del ’68 eravamo seicento, a Varigotti. E si riprese il cammino. La Chiesa non vive sui numeri, e per testimoniare Cristo si può anche ricominciare da pochi, da pochissimi. Basti vedere che poi negli anni Comunione e Liberazione è divenuto un fenomeno planetario.

Gli effetti di questo tsunami culturale si sono propagati per quasi un quarantennio, ma ora sembra che la popolazione chieda un ritorno alle virtù. E’ per questo che lei ha fondato la rivista online “La Riscossa cristiana”? Può illustracene contenuti e finalità?

Deotto: Effettivamente molti, anche non cattolici, iniziano a rendersi conto che
la morale cattolica, lungi dall’essere una serie di severe costrizioni, è (ed è sempre stata) la base di una società serena e ordinata. Divorzio, aborto, droga, svilimento della donna – ridotta a mero oggetto sessuale – proclamazione di una libertà sessuale ormai da neurodeliri, tutte queste cose hanno creato una società di smarriti e disperati. E in tanti se ne rendono conto.

Ma chi detiene da decenni un forte potere, sia economico, sia mediatico, non può accettare un ritorno a una società che viva e difenda le proprie radici cristiane, perché la morale cristiana, basata sulla misericordia, diventa una minaccia mortale per una società materialista, basata solo sul tornaconto.  

E infatti, non è un caso, i cristiani sono i veri perseguitati della nostra epoca.

“La Riscossa Cristiana” è nata proprio da questa constatazione: i veri perseguitati della nostra epoca sono i cristiani. Ed è nata per dare voce e spazio a quanti, giovani o vecchi, non si sono rassegnati ad assistere inerti al crollo della società, per riaffermare con forza che la fonte della civiltà è la Chiesa, la sola che potrà salvare questa società dalla barbarie in cui via via si sta calando.

Ci sono fatti e numeri agghiaccianti, in materia di alcolismo tra i giovani, di numero di aborti, di famiglie che si disfano come neve al sole. Come tanti secoli fa il monachesimo salvò l’Europa tornata alla barbarie dopo la caduta dell’Impero Romano, così oggi  la Chiesa, coi modi e i tempi che vorrà lo Spirito Santo, sarà l’unico faro per ricostruire una società di uomini e donne ragionanti, sereni, solidi.

Con “La Riscossa Cristiana” noi cerchiamo di dare il nostro contributo a questa contro-rivoluzione, per riscoprire il vero, unico fatto rivoluzionario della Storia, l’incontro con Nostro Signore Gesù Cristo.

Un’ultima cosa: lei mi dice che io ho fondato la rivista online “La Riscossa Cristiana”. Mi consenta una precisazione: senza il fondamentale aiuto di due carissimi e valorosi amici, il filosofo Piero Vassallo e lo storico e giornalista Alberto Rosselli, che mi hanno appoggiato e sostenuto con preziose indicazioni e concreti aiuti, non avrei potuto fare nulla.

E bisogna anche ricordare con gratitudine i molti collaboratori che hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa. Andando in home page della rivista, si possono vedere i loro nomi, e molti di essi sono tra le più belle firme della cultura cattolica. Io ringrazio il Signore, che mi ha fatto il grande dono di tanti amici disponibili a dare tempo ed energie per questa iniziativa.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione