Sinodo per l'Africa: quale impatto sulle comunità religiose?

ROMA, lunedì, 28 settembre 2009 (ZENIT.org).- Il tema del secondo Sinodo per l’Africa, “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”, va al cuore del situazione sociale, politica, culturale e religiosa del continente africano.

Lo ha sottolineato il sacerdote kenyota Agbonkhianmeghe E. Orobator, SJ, del Catholic Information Service for Africa (CISA), ricordando che “ovunque si guarda, l’Africa anela alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace”.

“Il grido per la riconciliazione echeggia da comunità divise; la richiesta di giustizia si leva da milioni di rifugiati e dagli sfollati interni, l’aspirazione alla pace scorre nelle lacrime dei milioni di vititme della guerra e del conflitto in Africa”, ha spiegato. “Queste grida e questi echi collettivi del continente rappresentano la cornice in cui considerare il tema del Sinodo”.

Secondo il sacerdote, una domanda fondamentale è: “In che modo il tema del Sinodo riguarderà le comunità e gli istituti di persone consacrate in Africa?”.

Per rispondere, avverte, “bisogna essere consapevoli del pregiudizio di vecchia data secondo il quale i religiosi in Africa vivono al margine della vita reale”.

“In verità – ha osservato –, la vita religiosa pone le persone consacrate al cuore delle azioni di Dio nel mondo. Come per la Chiesa, le gioie e le speranze, il dolore e l’angoscia di milioni di africani sono anche quelli degli istituti dei consacrati”.

Da questo punto di vista, “il secondo Sinodo africano rappresenta un ulteriore invito per i religiosi e le loro comunità a impegnarsi più intensamente nel progetto divino di ricreare la terra e costruire un continente africano riconciliato, giusto e pacifico”.

Tre principi

Secondo padre Orobator, in questa riflessione per gli istituti consacrati in Africa sono necessari tre principi, il primo dei quali è il fatto che “la missione di riconciliazione, giustizia e pace è costitutiva della vita, dell’insegnamento e del ministero di Gesù Cristo”.

In secondo luogo, “è importante considerare la vita religiosa nel contesto della comunità chiamata Chiesa”, perché “le comunità religiose, in Africa come in qualsiasi altro luogo, non formano una Chiesa separata”.

Il terzo principio è quello della sacramentalità: “la missione di riconciliazione, giustizia e pace incarna in primo luogo e prima di tutto uno stile di vita, piuttosto che ideologie da imporre agli altri”.

L’importanza dell’esempio

In questo contesto, ha affermato il sacerdote gesuita, “la Chiesa e le comunità religiose in Africa hanno la responsabilità di praticare queste virtù come prerequisito per predicarle”.

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Padre Orobator ha quindi sottolineato come l’Africa sia stata lacerata dal tribalismo, un elemento negativo che “non solo distrugge la vita di milioni di africani, ma ritarda lo sviluppo socio-economico e politico del continente”.

Per questo motivo, “la testimonianza richiesta ai religiosi è quella di rappresentare una comunità riconciliata”.

Quanto alla giustizia, una questione fondamentale per la Chiesa in Africa è la dignità delle donne, il che esorta gli istituti religiosi “a essere in prima fila nella missione di promozione della giustizia, della dignità e della pace per le donne africane nella Chiesa e nella società”.

L’importanza del creato

Padre Orobator ha quindi sottolineato la “preoccupante omissione” dall’Instrumentum Laboris dell’imminente Sinodo per l’Africa della questione dell’integrità del creato.

“Nel contesto attuale sui dibattiti relativi ai cambiamenti climatici, la Chiesa e le comunità religiose non possono godere il lusso del silenzio, dell’apatia e dell’indifferenza”, ha denunciato.

“Onorare l’integrità del creato richiede l’adozione di passi concreti e di mezzi relativi a come i religiosi consumano e reintegrano i beni del creato”.

Finora, ha ammesso, “c’è stata una scarsa riflessione sul tema dell’integrità della creazione e delle sfide che questa pone alla vita e alla missione degli istituti religiosi in Africa”, ma il secondo Sinodo per l’Africa può essere “un momento opportuno per iniziare”.

Spunti di riflessione

Secondo padre Orobator, per i consacrati e le consacrate dell’Africa “un’autentica partecipazione al Sinodo richiede una radicale rivalutazione dei loro programmi di formazione”, che se presa seriamente potrebbe rappresentare “un significativo spostamento dalla percezione della vita religiosa come isolamento dalle gravi questioni che il mondo deve affrontare alla vita religiosa come missione per immergersi e impegnarsi pienamente nelle sfide del mondo attuale globalizzato”.

Per questo, ha presentato alcuni spunti di riflessione che partono dalla constatazione che “molte comunità africane indigene praticano varie forme di riconciliazione”. “Come possono gli istituti religiosi in Africa adottare e adattare alcune di queste pratiche per vivere come comunità riconciliate?”, ha chiesto.

Allo stesso modo, il presbitero si domanda quali siano “gli indicatori di una mancanza di giustizia e rispetto per la dignità umana negli istituti religiosi africani e quali passi concreti possano essere compiuti per praticare una maggiore giustizia e promuovere dignità, uguaglianza e pace nelle comunità religiose”.

Padre Orobator ha quindi concluso chiedendosi che cosa possano fare le comunità religiose per “usare forme di energia più rinnovabili e mettere in pratica uno stile di vita più efficiente dal punto di vista energetico”.

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ZENIT Staff

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