di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 31 luglio 2009 (ZENIT.org).- “Quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: 'Rabbì, quando sei venuto qua?'. Gesù rispose loro: 'In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui, il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo'. Gli dissero allora: 'Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?'. Gesù rispose loro: 'Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato'. Allora gli dissero: “Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: 'Diede loro da mangiare un pane dal cielo'”. Rispose loro Gesù: 'In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi da’ il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e da’ la vita al mondo'. Allora gli dissero: 'Signore, dacci sempre questo pane'. Gesù rispose loro: 'Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!'” (Gv 6,22-35).

Quando gli Israeliti videro per la prima volta la manna ricoprire la superficie del deserto, con grande stupore si chiedevano l’un l’altro: “Che cos’è?” (Es 16,15). Il popolo soffriva la fame e si era scagliato contro Mosè e Aronne per la mancanza di cibo, ma in realtà Dio stesso era coinvolto nell’accusa: “Ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine!” (Es 16,2). La cosa è davvero stupefacente: possibile che il ricordo dei prodigi divini in terra d’Egitto, con la straordinaria memoria dei carri e cavalieri egiziani gettati nel Mare Rosso non sostenessero più la fiducia in Dio, al punto da accusare Lui e Mosè di “genocidio premeditato”? Quanto è spaventoso il potere della fame di stravolgere la memoria e la coscienza! Se davvero la fame fosse capace di mutare la riconoscenza in odio cieco, dovremmo pessimisticamente concludere che realmente l’uomo “è ciò che mangia”! L’assenza di pane come di eroina: una sindrome d’astinenza tale da deformare totalmente la coscienza nel suo giudizio di libertà e verità, al punto da mutare la lode in bestemmia.

E’ evidente il messaggio: per non essere degradato alla pura istintività, l’uomo non può e non deve nutrire solo il corpo, trascurando quel cibo spirituale di cui ha bisogno l’anima perché la persona viva nella libertà dei figli di Dio. La denutrizione interiore è causa fatale dell’obesità dell’io, con la conseguente anoressia nei confronti del cibo spirituale che da’ la vita eterna all’anima. La Bibbia lo afferma così: “Nella prosperità l’uomo non comprende, è simile alle bestie che muoiono” (Salmo 49/48,21). Anoressia molto più drammatica di quella fisica, perché porta a vivere “etsi Deus non daretur”, come se Dio non ci fosse. In tal modo, l’io ipertrofico finisce per soffocare lo spirito. Anoressia subdola, perchè mentre quella del corpo si manifesta con segni e sintomi evidenti, questa è per lo più nascosta sotto un falso benessere di realizzazione personale, quella prosperità ingannevole che la deformazione sensuale della coscienza impedisce di riconoscere.

Il carmelitano san Giovanni della Croce, mistico e Dottore della Chiesa, (1542-1591), ha scritto al riguardo: “I nostri appetiti disordinati provocano nell’anima due danni principali - (possiamo sostituire alla parola anima, la parola coscienza). Il primo la priva dello Spirito di Dio; l’altro la stanca, la tormenta, la oscura, la sporca, l’indebolisce e la ferisce” (Salita del Monte Carmelo, libro I, cap 5-6). Si tratta di due danni consequenziali: come il persistere della siccità è causa di un’aridità tale da trasformare in deserto un giardino, così una condotta moralmente disordinata è causa di una tale infermità spirituale da generare insofferenza, irascibilità, tormento interiore, depressione profonda, fragilità totale, cecità e sordità, egoismo, sensualità, superbia, ecc., sintomi tutti riconducibili ad una sindrome da “astinenza di Dio”, il Quale è vita dell’uomo come l’acqua è la vita della terra e delle sue creature.

Ed ecco “il meccanismo fisiopatologico” di tale sindrome: “Dio non tollera che qualche altra cosa abiti con lui nello stesso luogo. L’unico desiderio che Dio ammette e vuole, laddove egli dimora, è quello di osservare la sua legge in ogni particolare e di prendere su di sé la croce di Cristo. Per questo motivo nella Sacra Scrittura si legge che Dio ordinava di mettere nell’arca, dove si conservava la manna, solo il libro della Legge e il bastone di Mosè (Dt 31,26), immagine della croce. Difatti, l’anima che non desidera altro che osservare la legge del Signore e portare la croce di Cristo, sarà l’arca vera, quella che racchiude in sé la vera manna, cioè Dio, quando avrà impressi in sé perfettamente questa legge e questo legno, senza affezione disordinata per nessun’altra cosa.” (id.).

Tradotto più semplicemente significa: il rapporto di amicizia con Dio è vitale per la persona umana, e poiché esso si fonda sull’ascolto orante della sua Parola e sul rinnegamento di sè, ogni volontaria ed abituale disobbedienza al Signore Gesù priva l’anima della sua grazia vitale, con le conseguenze descritte magistralmente dal santo carmelitano.

Gesù oggi riassume questa dottrina e verità in sei parole: “Io sono il pane della vita” (Gv6,35). Gesù, e solo Gesù, è la vera manna (vero cibo e vera bevanda) per l’uomo: tutti gli altri e tutto il resto sono sofisticazioni avvelenate da gettare.

Vera: nel senso con cui affermiamo che il latte materno è il vero e perfetto alimento del bambino, l’unico capace di farlo crescere perfettamente sano.

Vera: nel senso “terapeutico” di un cibo in grado di restituire la salute spirituale, perduta per l’intossicazione causata dal cibo avariato di questo mondo.

Vera: cioè conforme alla verità dell’uomo, della sua natura e della sua dignità.

Ma ora è necessario che anche noi , come gli Israeliti nel deserto, ci chiediamo: la manna “che cos’è?” (Es 16,15). Qual’è oggi, per noi e per il mondo intero, il significato simbolico della manna? In vero, in teoria, sappiamo già la risposta della fede: è l’Eucaristia, è Gesù “Il pane dal cielo, pane degli angeli, pane della vita”.

Però, conoscere la risposta della fede non basta per la comunione vitale con Gesù Eucaristia, allo stesso modo in cui conoscere il valore calorico del cibo non basta per nutrire il corpo. E non basta nemmeno che il cibo arrivi nello stomaco, se lo stomaco e l’intestino non digeriscono e non assorbono.

Ecco il vero senso della domanda con cui oggi siamo interpellati da Dio: che cos’è realmente questo “pane quotidiano” che scende oggi dal Cielo sull’altare e pretende di nutrire l’uomo? L’avverbio significa la sua natura e il suo potere: che cos’è e che cos’ha, per avere la virtù di soddisfare la nostra fame di vita, dato che ognuno di noi ha ben poco a che fare con gli Angeli?

La risposta reale a queste domande è fondamentale anche per chiarire e risolvere il nocciolo vivo della questione antropologica: perché questa società non apprezza il valore assoluto e supremo della vita umana? Perché non lo riconosce fin dal suo inizio nel grembo? Perché Eluana? Le risposte si trovano tutte nel mistero dell’Eucaristia, Presenza reale di Gesù, autore della vita.

Infatti l’Eucaristia e la vita, guardando alla fonte nascosta, sono in certo modo la stessa cosa: “Io sono la vita” (Gv 11,25), “Io sono il pane della vita” (Gv 6,35). L’Eucaristia è Cristo, e solo Cristo rivela l’uomo all’uomo! E come la rivelazione del mistero della manna fu data da Dio per mezzo di Mosè, il quale rispose alla domanda stupita: “Che cos’è?”, così per conoscere la rivelazione del mistero della vita umana sono necessarie due cose: lo stupore sincero della domanda e la fede umile nella risposta data dalla Parola divina.

Anzitutto, dunque, è necessario chiedersi con sincero stupore: che cos’è l’uomo? Che cos’è la sua vita? Cos’è quell’istante nel grembo che coincide con l’uomo, essendo l’accensione della sua vita? La scienza e il buon senso naturale rispondono: l’uomo è un figlio dell’uomo! Certamente, ma insufficiente. Solo la fede da’ la risposta interamente vera: l’uomo è un figlio creato da Dio per essere figlio di Dio in eterno.

La manna non era semplicemente un alimento naturale, era un cibo divino. L’Eucaristia non è un pezzo di pane, è il Corpo di Cristo.

L’uomo non è quarantasei cromosomi che assemblano un corpo: è un figlio creato per essere “partecipe della natura divina, sfuggendo alla corruzione, che è nel mondo a causa della concupiscenza” (1Pt 2,4). Questa è la verità della vita umana!

Ancora, allora, ci chiediamo: perchè questa nostra conoscenza di fede, assolutamente reale e verace, sia riguardante l’Eucaristia, sia riguardante la vita umana, è priva di quella incantata meraviglia che dovrebbe condurre spontaneamente al rispetto assoluto della vita, al timore trepidante, all’amore che adora?

Osserva Benedetto XVI: “La fecondazione in vitro, la ricerca sugli embrioni, la possibilità della clonazione e dell’ibridazione umana nascono e sono promosse nell’attuale cultura del disincanto totale, perché si è ormai arrivati alla radice della vita.(…) Mentre i poveri del mondo bussano ancora alle porte dell’opulenza, il mondo ricco rischia di non sentire più quei colpi alla sua porta, per una coscienza ormai incapace di riconoscere l’umano. Dio svela l’uomo all’uomo; la ragione e la fede collaborano nel mostrargli il bene, solo che lo voglia vedere; la legge naturale, nella quale risplende la Ragione creatrice, indica la grandezza dell’uomo, ma anche la sua miseria quando egli disconosce il richiamo della verità morale” (Enciclica “Caritas in veritate”, n° 75).

Partiremo da qui, domenica prossima, per continuare ad assaporare il gusto misterioso e divino della manna.

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.