Udienza del Papa ai giovani volontari del Servizio Civile nazionale italiano

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 29 marzo 2009 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato questo sabato ricevendo in udienza i giovani volontari del Servizio Civile nazionale italiano.

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Cari giovani!

Benvenuti e grazie per questa vostra gradita visita. Per me è sempre una gioia incontrare i giovani; in questo caso, sono ancor più contento perché voi siete volontari del servizio civile, caratteristica questa che rafforza la mia stima per voi, e mi invita a proporvi alcune riflessioni legate alla vostra specifica attività. Prima, però, desidero salutare il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il senatore Carlo Giovanardi, che ha promosso questo incontro a nome del Governo italiano, ringraziandolo anche per le sue gentili parole. Come pure saluto le altre Autorità presenti.

Cari amici, che cosa può dire il Papa a giovani impegnati nel servizio civile nazionale? Innanzitutto, può congratularsi per l’entusiasmo che vi anima e per la generosità con cui portate a compimento questa vostra missione di pace. Permettete poi che vi proponga una riflessione che, potrei dire, vi riguarda in modo più diretto, una riflessione tratta dalla Costituzione del Concilio Vaticano II Gaudium et spes – “gioia e speranza” – che concerne la Chiesa nel mondo contemporaneo. Nella parte finale di questo documento conciliare, dove viene affrontato anche il tema della pace tra i popoli, si trova un’espressione fondamentale sulla quale è bene soffermarsi: “La pace non è stata mai stabilmente raggiunta, ma è da costruirsi continuamente” (n. 78). Quanto reale è questa osservazione! Purtroppo, guerre e violenze non cessano mai, e la ricerca della pace è sempre faticosa. In anni segnati dal pericolo di possibili conflitti planetari, il Concilio Vaticano II denunciava con forza – in questo testo – la corsa agli armamenti. “La corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è la via sicura per conservare saldamente la pace”, ed aggiungeva subito che la corsa al riarmo “è una delle piaghe più gravi dell’umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri” (GS, 81). A tale preoccupata constatazione i Padri Conciliari facevano seguire un auspicio: “Nuove strade – essi affermavano – converrà cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché possa essere rimosso questo scandalo e al mondo, liberato dall’ansietà che l’opprime, possa essere restituita la vera pace” (ibid.).

“Nuove strade”, dunque, “partendo dalla riforma degli spiriti”, dal rinnovamento degli animi e delle coscienze. Oggi come allora l’autentica conversione dei cuori rappresenta la via giusta, la sola che possa condurre ciascuno di noi e l’intera umanità all’auspicata pace. È la via indicata da Gesù: Lui – che è il Re dell’universo – non è venuto a portare la pace nel mondo con un esercito, ma attraverso il rifiuto della violenza. Lo disse esplicitamente a Pietro, nell’orto degli Ulivi: “Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno” (Mt 26,52); e poi a Ponzio Pilato: “Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù” (Gv 18,36).

È la via che hanno seguito e seguono non solo i discepoli di Cristo, ma tanti uomini e donne di buona volontà, testimoni coraggiosi della forza della non violenza. Sempre nella Gaudium et spes, il Concilio affermava: “Noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei più deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri o della comunità” (n. 78). A questa categoria di operatori di pace appartenete anche voi, cari giovani amici. Siate, dunque, sempre e dappertutto strumenti di pace, rigettando con decisione l’egoismo e l’ingiustizia, l’indifferenza e l’odio, per costruire e diffondere con pazienza e perseveranza la giustizia, l’uguaglianza, la libertà, la riconciliazione, l’accoglienza, il perdono in ogni comunità.

Mi piace qui rivolgere a voi, cari giovani, l’invito con cui ho concluso l’annuale messaggio del 1° gennaio scorso per la Giornata Mondiale della Pace, esortandovi “ad allargare il cuore verso le necessità dei poveri e a fare quanto è concretamente possibile per venire in loro soccorso. Resta infatti incontestabilmente vero l’assioma secondo cui «combattere la povertà è costruire la pace»”. Molti di voi – penso ad esempio a quanti operano con la Caritas ed in altre strutture sociali – sono quotidianamente impegnati in servizi alle persone in difficoltà. Ma in ogni caso, nella varietà degli ambiti delle vostre attività, ciascuno, attraverso questa esperienza di volontariato, può rafforzare la propria sensibilità sociale, conoscere più da vicino i problemi della gente e farsi promotore attivo di una solidarietà concreta. È questo sicuramente il principale obiettivo del servizio civile nazionale, un obiettivo formativo: educare le giovani generazioni a coltivare un senso di attenzione responsabile nei confronti delle persone bisognose e del bene comune.

Cari ragazzi e ragazze, un giorno Gesù disse alla gente che lo seguiva: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8,35). In queste parole c’è una verità non solo cristiana, bensì universalmente umana: la vita è un mistero d’amore, che tanto più ci appartiene quanto più la doniamo. Anzi, quanto più ci doniamo, cioè facciamo dono di noi stessi, del nostro tempo, delle nostre risorse e qualità per il bene degli altri. Lo dice una celebre preghiera attribuita a san Francesco d’Assisi, che inizia così: “O Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace”; e termina con queste parole: “Perché è dando che si riceve, perdonando che si è perdonati, morendo che si risuscita a vita eterna”. Cari amici, sia sempre questa la logica della vostra vita; non solo adesso che siete giovani, ma anche domani, quando rivestirete – ve lo auguro – ruoli significativi nella società e formerete una famiglia. Siate persone pronte a spendersi per gli altri, disposte anche a soffrire per il bene e la giustizia. Per questo assicuro la mia preghiera, affidandovi alla protezione di Maria Santissima. Vi auguro un buon servizio e vi benedico tutti di cuore insieme con i vostri cari e le persone che quotidianamente incontrate.

[© Copyright 2009 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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