di Carlo Climati
ROMA, venerdì, 27 marzo 2009 (ZENIT.org).- E’ in corso a Roma, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum dei Legionari di Cristo, il convegno “Amare la Vita”, organizzato dall’Associazione “Difendere la vita con Maria” nel decennale della sua fondazione, in collaborazione con la Facoltà di Bioetica dello stesso Ateneo.
L’incontro ha l’obiettivo di dare una risposta alla crisi di valori che colpisce duramente la nostra società, offrendo una riflessione e un contributo efficace alla luce dell’insegnamento del Magistero e della Dottrina Sociale della Chiesa.
Aprendo il congresso, Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, ha parlato dell’emergenza educativa in Italia e in Europa, sottolineando l’importanza dei mezzi di comunicazione per far conoscere il lavoro dei volontari impegnati in aiuto delle mamme in difficoltà. Grazie alla loro opera preziosa, in questi anni moltissimi bambini hanno potuto vedere la luce.
Padre Gonzalo Miranda, L.C., docente della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha evidenziato il significato positivo e costruttivo dei documenti della Chiesa cattolica sul tema della vita, prendendo spunto dal “sì” di Maria che è “all’origine dell’incarnazione di Gesù e della nostra salvezza; l’origine di una nuova vita e di un nuovo slancio vitale di salvezza”.
“Potrebbe sembrare – ha affermato – che i nostri documenti dicano solamente ‘no’. Ma, in realtà, ogni ‘no’ nasce da un ‘sì’. Mi sembra significativo che l’Istruzione Dignitas personae apra e chiuda con un riferimento a questa fondamentale considerazione”.
“Nell’introduzione, il testo parla di un ‘un grande sì alla vita umana’ (n.1); nella conclusione ribadisce: ‘Dietro ogni ‘no’ rifulge, nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande ‘sì’ al riconoscimento della dignità e del valore inalienabili di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato all’esistenza’ (n.37)”.
“Sembra abbastanza evidente che se uno dice ‘no alla tortura’ sta proclamando un ‘sì al rispetto alla dignità di ogni persona umana’; se si dichiara contrario al furto lo fa perché è favorevole alla difesa dei beni personali”.
“E’ forse eccessivo chiedere che questa elementare considerazione valga anche per gli insegnamenti morali del Magistero della Chiesa?”, ha chiesto.
Leonardo Macrobio, docente della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha spiegato che “l’attuale panorama culturale sembra caratterizzato dall’annebbiamento di alcuni parametri che, invece, erano ben chiari fino a qualche decennio fa”.
“Non è inutile – ha osservato – tentare di analizzare quali siano le componenti di questa ‘nebbia’ culturale, per averne coscienza nel momento in cui si opera concretamente e per porre rimedio alle eventuali distorsioni rilevate”.
“È evidente che la nostra è la società della comunicazione di massa. La mole di informazioni che ci arriva quotidianamente è potenzialmente infinita. Si pensi all’utilizzo sempre più intensivo di Internet e di tutti i servizi connessi alla telefonia cellulare. Non si tratta, ovviamente, di demonizzare alcunché, ma di chiedersi dove stia il limite tra l’informazione e la formazione (acritica), ossia domandarsi con quale precomprensione l’utente si ponga di fronte a questa mole di dati”.
Sempre nell’ambito comunicativo, secondo il docente, “non si può negare l’utilizzo intensivo dell’antilingua, ossia quel modo particolare di comunicare un concetto che, pur non snaturandolo, lo esprime in maniera tecnicistica o utilizzando perifrasi tese ad allontanare l’oggetto definito. Ad esempio, l’utilizzo di parole come ‘blastocisti’ o ‘ovocita fecondato’ invece di ‘figlio'”.
Un altro ambito problematico, sostiene Macrobio, è “il riduzionismo scientista e materialista, con tutte le conseguenze e le precomprensioni culturali che questo comporta”.
“È evidente – ha affermato il docente della Facoltà di Bioetica – che un’antropologia di tipo ‘orizzontale’, puramente quantitativa (o che, al più, tenta di ‘misurare le qualità’ per renderle oggettivabili) non può non comportare una difficoltà intrinseca nel concepire come degne di ogni rispetto tutte le fasi della vita, anche quelle più problematiche”.
“In questo, la deriva scientista delle scienze positive trae le sue origini dall’antropologia di stampo evoluzionista che, considerando l’uomo come una sorta di ‘scimmia evoluta’, di fatto, lo riduce allo stesso livello del mondo animale. Le conseguenze di questa impostazione sono evidenti anche nella pratica: in alcuni Paesi del mondo è meglio essere un cucciolo di panda piuttosto che un secondogenito che ancora deve nascere”.
Proprio quest’ultima annotazione, ha osservato, introduce alcune questioni di carattere giuridico. “Ogni legge ha per sua natura un intento pedagogico: punisce comportamenti e relazioni ritenute pericolose per il tessuto sociale e, conseguentemente, favorisce lo sviluppo di atteggiamenti ritenuti costitutivi per la società. Nel porre un divieto, dunque, la legge indica un male passibile di punizione e, analogamente, nel concedere un determinato comportamento, la legge introduce un giudizio almeno di neutralità se non di positività”.
Partendo da questo, il professor Macrobio ha posto alcune domande: “a distanza di circa trent’anni dall’introduzione della 194/78 (la legge che ha legalizzato l’aborto in Italia), qual è la percezione sociale della gravidanza e del nascituro? Ancora: a distanza di circa cinque anni dall’introduzione della legge 40/2004 (la legge che regolamenta le pratiche di FIV in Italia), come è mutata la concezione della procreazione e l’atteggiamento conseguente nei confronti del figlio?”.
Il professor Macrobio ha concluso il suo intervento citando un passo del poeta francese Charles Péguy che descrive in maniera appropriata questo clima culturale: “C’è un altro mondo, un mondo nuovo, [dove] la nostra stessa miseria non è più una miseria cristiana. Finché la miseria era una miseria cristiana, […] c’era qualcosa di buono, per così dire. C’era materia per la grazia”.
“Il dramma del nostro mondo – ha concluso il docente – è che anche il male è vissuto in maniera solitaria, senza ricorrere a Colui che questo stesso male, il peccato, lo ha già vinto. Ed è allora, in un orizzonte senza speranza, che il male sembra essere la parola ultima e definitiva sull’uomo e sulla sua vita. La Pasqua, che tra poco celebreremo, è invece l’annuncio stravolgente che il male è già stato vinto una volta per tutte nel mistero della morte e della resurrezione di Gesù Cristo”.I partecipanti al congresso “Amare la Vita” si uniranno domenica 29 marzo alla preghiera dell’Angelus di Papa Benedetto XVI in piazza San Pietro per manifestare la propria filiale adesione e disponibilità nei confronti del Santo Padre, da sempre grande sostenitore del valore della vita dal concepimento fino alla morte naturale.