CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 24 marzo 2009 (ZENIT.org).- Nelle celebrazioni liturgiche africane si respira “il senso del sacro”, ha affermato mons. Guido Marini, maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, riferendosi al viaggio di Benedetto XVI in Africa, conclusosi questo lunedì.
Il presule ha sottolineato in un’intervista a “L’Osservatore Romano” il “clima di grande dignità” delle cerimonie africane vissute dal Papa in questi giorni, spiegando che “tutto vi ha contribuito: il canto, il silenzio, la parola, alcune gestualità tipiche della cultura africana, le espressioni di gioia contenuta e religiosa”.
“Sono stati incontri di preghiera molto intensi nei quali si è avuta la grazia di entrare nella bellezza del mistero di Dio e della Chiesa”, ha confessato.
Monsignor Marini ha spiegato che “si è lavorato a lungo e per tempo” perché le celebrazioni liturgiche potessero realizzarsi “nel migliore dei modi”.
“Prima, come di consueto per la preparazione dei viaggi – ha raccontato – , abbiamo avuto alcune riunioni a Roma con i responsabili liturgici locali; poi ci siamo recati sul posto per visitare i luoghi delle celebrazioni e portare avanti la preparazione avviata; infine, durante il viaggio papale, abbiamo fatto ancora qualche sopralluogo e le prove con tutti gli incaricati dei diversi servizi liturgici”.
La collaborazione, ha commentato, “è stata molto cordiale e generosa, e da parte dei responsabili locali per la liturgia vi è stata molta disponibilità a seguire le indicazioni ricevute e a definire insieme anche i dettagli”.
Secondo il presule, è possibile conciliare la necessità di rispettare i canoni della liturgia con la volontà degli africani di esprimere la loro fede secondo la cultura tradizionale, e si può fare innanzitutto partendo dalla “realtà più intima e vera della liturgia, il suo essere celebrazione del mistero del Signore, della sua morte e risurrezione per noi uomini e per la nostra salvezza, preghiera della Chiesa nella quale tutti entriamo in vista di una conversione vera della vita”.
“Quando le diverse espressioni culturali vengono messe al servizio di questa celebrazione è possibile che trovino adeguato spazio ed espressione nella liturgia”, ha osservato, senza però cambiarla.
“Perché la liturgia è un dono prezioso donato alla Chiesa – ha detto – e da essa vissuto nella continuità della sua tradizione, che non è modificabile soggettivamente e arbitrariamente”, ma che possono offrirle “una forma espressiva culturale, tipica e arricchente”.
Mons. Marini ha poi affermato che Benedetto XVI ha molto apprezzato le celebrazioni africane perché in esse “si è vissuto un intenso senso del sacro e del mistero”. “Grande è stato il raccoglimento, nonostante la grande folla di partecipanti” e “si è realizzata una fruttuosa compresenza di elementi tipici locali e di elementi universali”.
Per il maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, “la possibilità che la cultura africana possa trovare adeguata collocazione nella celebrazione dei misteri del Signore” è “senza dubbio di aiuto” anche nel tentativo di “superare il pericolo dell’adesione alle sette”.
“Non tutte le espressioni culturali sono compatibili con la liturgia della Chiesa: vi può essere la necessità di educazione e di purificazione”, ha riconosciuto monsignor Marini.
“È questo, d’altra parte, il cammino necessario di ogni cultura che si incontra con il Vangelo: ne rimane sanata e purificata e diventa capace di dargli una nuova espressione storica”, ha quindi concluso.