Valutazione bioetica del caso della bambina brasiliana stuprata

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di Renzo Puccetti*

ROMA, domenica, 22 marzo 2009 (ZENIT.org).- Il caso della bambina di 9 anni che, rimasta incinta per le ripetute violenze del patrigno, è stata sottoposta ad intervento di interruzione di gravidanza, con le conseguenti reazioni a vari livelli, è occasione per riflettere sulla libertà dell’uomo e come questa possa decidersi per il bene, ma anche per il male. La persona adulta che aveva la custodia della bambina, della sua salute, della sua integrità, che avrebbe dovuto promuoverne tutte le potenzialità, sulla base di pulsioni disumane ha tradito la propria missione genitoriale, non di certo venuta meno per il fatto di non essere il padre biologico. Le profonde lacerazioni nel tessuto di innocenza, gioia, speranza di una bambina difficilmente potranno essere riparate.

La letteratura medico-scientifica mette bene in evidenza come l’abuso sessuale sia fattore di rischio per tutta una serie di patologie dell’età adulta (disturbi alimentari, da abuso di sostanze, della condotta sessuale, depressione, ideazione suicidaria) (1-3). Si tratta di semi di male capaci di incidere non soltanto nella psiche della vittima, ma anche nel fisico nella forma di aumento del rischio cardiovascolare (4), di obesità (5-6); e di malattie infettive (7). A fronte di un incremento di rischio di problemi psichici legati all’aborto (8) non vi sono evidenze scientifiche attestanti alcun effetto terapeutico della pratica abortiva sulla salute psichica delle donne, incluse quelle violentate (9).

Dal  punto di vista etico la questione merita una valutazione approfondita. Non sembra ravvisabile che l’intervento abortivo sia stato effettuato in ossequio ad una espressione di auto-determinazione da parte dei soggetti coinvolti direttamente (la bambina violentata, la madre e il padre biologico). La bambina, per la giovanissima età, non può essere ritenuta un soggetto competente (nella legislazione italiana la violenza è sempre presunta per minore di anni 14 nel caso di rapporto con maggiorenne, per minore di anni 13 nel caso di rapporto con minore con differenza di età non superiore di anni 3); se giuridicamente non si ammette la possibilità di consenso per un rapporto sessuale non è neppure invocare il consenso libero per l’intervento abortivo, stante l’immaturità della persona.  Anche la madre, che pure ha fornito il consenso per l’aborto, lo avrebbe fatto dietro pressante insistenza da parte dei medici. Siamo quindi in presenza di un aborto effettuato sulla base di ragioni presentate come “umanitarie”. Il giudizio morale deve quindi procedere solo dopo avere preventivamente valutato gli aspetti di ordine medico-sanitario.

A tale proposito è necessario chiarire in via previa che quello dibattuto è un caso particolare, per il combinato della giovanissima età della madre e della gravidanza gemellare. Le valutazioni che seguiranno procederanno per via teorica, dal momento che la pressoché totalità dei dati clinici non è disponibile. Le poche notizie che filtrano parlano di un non meglio specificato rischio di “rottura dell’utero” e di emorragia in una bambina alta 1 metro e 36 centimetri ed un peso di 36 kg (10). Queste ultime informazioni, se corrette, fanno pensare che, se la bambina ha effettivamente 9 anni, il suo peso ed altezza sono sopra la media, tali misure sono infatti più in linea con un’età compresa tra i 10 e gli 11 anni. Se poi fosse iponutrita, allora peso ed altezza sarebbero in accordo con una bambina tra gli 11 e i 12 anni. Queste considerazioni non modificano in alcun modo la gravità del delitto compiuto sulla bambina da parte del patrigno violentatore, ma sono unicamente riportate per inquadrare al meglio la questione dal punto di vista sanitario.

La letteratura è assai divisa sul fatto che la gravidanza negli adolescenti costituisca un fattore di rischio di per sé. La revisione di Lawlor e Shaw indica la presenza di evidenze non univoche. Mentre secondo alcuni lavori la gravidanza adolescenziale costituirebbe un fattore di rischio sia per la madre che per il bambino, altre evidenze non confermano tali conclusioni; vi sono inoltre studi secondo cui le gravidanze nelle adolescenti sarebbero caratterizzate da un più basso rischio (11); in una delle revisioni citate l’aumento di rischio per eventi avversi (anemia, ipertensione gravidica, basso peso alla nascita, prematurità, ritardata crescita intrauterina, mortalità neonatale) sarebbero da attribuire alle condizioni sociali, economiche, comportamentali che hanno favorito la gravidanza adolescenziale (12).

In una vasta e recente analisi retrospettiva condotta su oltre 175.000 gravidanze in bambine di 10-15 anni alcuni eventi, quali parto pretermine, basso peso alla nascita e mortalità neonatale, sono risultati statisticamente più frequenti, anche considerando solo i casi con le migliori condizioni socio-ambientali (13). In uno studio retrospettivo condotto in India sono stati registrati 16 decessi su 2279 parti di adolescenti (0,72%) (14). In un’altra valutazione che ha confrontato 2490 gravidanze di ragazze tailandesi di 13-20 anni con quelle di oltre tremila ragazze di 20-25 anni, le uniche differenze hanno riguardato l’aumento d’incidenza di anemizzazione e di travaglio pretermine (15).

In una valutazione di 4500 gravidanze in ragazze olandesi di età compresa tra 13 e 19 anni è stato evidenziato un incremento del rischio di parto pretermine e di morte intrauterina del feto. Per converso le adolescenti avevano una durata minore del travaglio e con minore frequenza vi era necessità di assistenza al parto (16). La stessa posizione espressa in un documento della Organizzazione Mondiale della Sanità non sembra indicare particolari incrementi del rischio per la vita della madre in caso di prosecuzione della gravidanza (17).

Dal momento che i medici hanno sostenuto l’esistenza di un rischio per la vita della giovanissima madre derivante dalla prosecuzione della gravidanza, riteniamo sarebbe segno di serietà e di trasparenza rendere disponibili per la comunità scientifica i dati clinici a sostegno della loro prognosi, una speranza che, seppure non ancora svanita, purtroppo è prevedibile andrà delusa, stanti i venti di ideologia che soffiano attorno ai protagonisti della vicenda (ad una conferenza sulla salute femminile i medici in questione sarebbero stati accolti con una vera e propria ovazione) (18). Queste considerazioni trovano una conferma indipendente nell’articolo di Massimo Pandolfi dedicato al caso (19).

Sulla base di queste informazioni colui che adotta un criterio teleologico proporzionalistico emetterà il proprio giudizio morale sulla liceità dell’intervento di aborto sulla base della ponderazione delle conseguenze che da esso derivano. Così procedendo, l’attribuzione al concepito di un valore pari a zero (ignorando così quanto meno una mole impressionante di dati scientifici) e i pur minimi rischi sanitari associati alla gravidanza e al parto faranno pendere il giudizio in favore dell’intervento di aborto. Se invece il proporzionalista attribuirà al concepito un valore maggiore di zero egli sarà costretto ad effettuare una complicata ponderazione dei beni in gioco e delle possibili conseguenze il cui risultato sarà aperto a qualsiasi esito, rimanendo comunque legato alla valutazione del valore riconosciuto al concepito e alla stima dei rischi sanitari.

Diverso l’atteggiamento di chi, volendo seguire il costante insegnamento del Magistero (e ponendosi tra i tanti sulle orme di S. Agostino che nella lettera Contra Mendacium ammoniva a considerare che le più grandi nefandezze avrebbero potuto trovare non solo giustificazione, ma diventare persino degne di premio se la valutazione morale si dovesse basare sulle buone intenzioni) riconoscesse l’esistenza di azioni intrinsecamente malvagie (per se mala), azioni che in ogni caso, a prescindere da tutte le circostanze (semper et pro semper) non possono che essere  espressio
ne di un male oggettivo, nei confronti delle quali il rifiuto è obbligatorio. Non è il caso di esaminare le critiche rivolte al proporzionalismo, basti qui ricordare il fermo rigetto di tali teorie morali contenuto nell’enciclica di Papa Giovanni Paolo II Veritatis Splendor. Nella prospettiva degli assoluti morali l’aborto provocato diretto è sempre un delitto perpetrato contro la vita di un essere umano per definizione innocente. Nessuna circostanza, nessuna “buona intenzione” può cambiare questo fatto. La valutazione delle circostanze potrà intervenire solo nella valutazione della colpa.

Questo fatto non è contraddetto, ma è anzi confermato da quei casi in cui, salvando la vita della madre, si subisce la morte del figlio in grembo. Si tratta dei casi che ricadono sotto quella che è conosciuta come “dottrina del duplice effetto”, quando vi sono due doveri e non possono essere entrambi compiuti. Il tipico caso è rappresentato dall’asportazione dell’utero canceroso gravido, intervento ritenuto moralmente ammissibile quando, nella classica formulazione di padre Marcelino Zalba (20) sono soddisfatti quattro requisiti:

1. l’azione è in se stessa buona o almeno indifferente;

2. l’effetto buono NON è ottenuto mediante l’effetto cattivo (non si può fare il male per fare il bene n.d.r.);

3. c’è una proporzione tra effetto buono e cattivo tale da giustificare il male prodotto;

4. la volontà di chi pone l’atto poggia solo sull’effetto buono del caso. Invocare questo principio sembra oltremodo arbitrario, proprio per assenza dei requisiti previsti. Seppure con tutti i distinguo del caso, così come la morale insegnata dalla Chiesa condanna la guerra preventiva, allo stesso modo non può approvare la condotta che sopprime la vita innocente per un possibile futuro pericolo.

Il diritto canonico prevede per il delitto di aborto la scomunica latae sententiae proprio per richiamare le persone alla gravità di tale azione, gravità che circostanze come quella del caso esaminato possono offuscare. Il giudizio sui comportamenti (non sulle persone) è preciso ambito di competenza della riflessione etica e bioetica. È evidente che lo sforzo di proteggere la verità senza ferire le persone è titanico, ma ugualmente è da tenere presente che la fedeltà alla verità è forma eccellente di esercizio della carità.

[*Il dott. Renzo Puccetti è specialista in Medicina Interna e Segretario dell’associazione “Scienza & Vita” di Pisa e Livorno]

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1.         Fergusson DM, Boden JM, Horwood LJ. Exposure to childhood sexual and physical abuse and adjustment in early adulthood. Child Abuse Negl. 2008 Jun;32(6):607-19.

2.         Simpson TL, Miller WR. Concomitance between childhood sexual and physical abuse and substance use problems. A review. Clin Psychol Rev. 2002 Feb;22(1):27-77.

3.         Turner M. Female sexual compulsivity: a new syndrome. Psychiatr Clin North Am. 2008 Dec;31(4):713-27.

4.         Batten SV, Aslan M, Maciejewski PK, Mazure CM. Childhood maltreatment as a risk factor for adult cardiovascular disease and depression. J Clin Psychiatry. 2004 Feb;65(2):249-54.

5.         Pinhas-Hamiel O, Modan-Moses D, Herman-Raz M, Reichman B. Obesity in girls and penetrative sexual abuse in childhood. Acta Paediatr. 2009 Jan;98(1):144-7.

6.         Rohde P, Ichikawa L, Simon GE, Ludman EJ, Linde JA, Jeffery RW, Operskalski BH. Associations of child sexual and physical abuse with obesity and depression in middle-aged women. Child Abuse Negl. 2008 Sep;32(9):878-87.

7.         Arreola S, Neilands T, Pollack L, Paul J, Catania J. Childhood sexual experiences and adult health sequelae among gay and bisexual men: defining childhood sexual abuse. J Sex Res. 2008 Jul-Sep;45(3):246-52.

8.         Fergusson DM, Horwood LJ, Boden JM. Abortion and mental health disorders: evidence from a 30-year longitudinal study. Br J Psychiatry. 2008 Dec;193(6):444-51.

9.         Puccetti R. Abortion and mental health: who has the burden of proof? The Lancet.com, comment, 03 September 2008 [letter].

10.       ANSA, 7 Marzo 2009; h 14,48.

11.       Lawlor DA, Shaw M. Too much too young? Teenage pregnancy is not a public health problem. International Journal of Epidemiology 2002; 31: 552-554.

12.       Cunnington A. What’s so bad about teenage pregnancy? The Journal of Family Planning and Reproductive Health Care 2001; 27: 36-41.

13.       Chen XK, Wen SW, Fleming N, Demissie K, Rhoads GG, Walker M. Teenage pregnancy and adverse birth outcomes: a large population based retrospective cohort study. Int J Epidemiol. 2007 Apr;36(2):368-73.

14.       Anandalakshmy PN, Buckshee K. Teenage pregnancy and its effect on maternal and child health–a hospital experience. Indian J Med Sci. 1993 Jan;47(1):8-11.

15.       Watcharaseranee N, Pinchantra P, Piyaman S. The incidence and complications of teenage pregnancy at Chonburi Hospital. J Med Assoc Thai. 2006 Oct;89 Suppl 4:S118-23.

16.       Buitendijk SE, van Enk A, Oosterhout R, Ris M. Obstetrical outcome in teenage pregnancies in The Netherlands. Ned Tijdschr Geneeskd. 1993 Dec 4;137(49):2536-40.

17.       WHO – Department of Child and Adolescent Health and Development. Adolescent Pregnancy: Issues in Adolescent Health and Development. 2004.

18.       AGInews, 11 marzo. http://www.agi.it/estero/notizie/200903111107-est-rt11058-art.html.

19.       M. Pandolfi. La verità sulla bimba incinta di nove anni in Brasile. 16-03-2009. http://club.quotidianonet.ilsole24ore.com/pandolfi/la_verita_sulla_bimba_incinta_di_nove_anni_in_brasile.

20.       M. Zalba. Theologiae Moralis Summa, I, n. 340. in L. Melina. Morale: tra crisi e rinnovamento. Gli assoluti morali, l’opzione fondamentale, la formazione della coscienza. Ares, 1993. p. 47.

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ZENIT Staff

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