di Antonio Gaspari
CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 22 marzo 2009 (ZENIT.org).- In conclusione della Prima Conferenza Internazionale sul tema “Vita, famiglia, sviluppo: il ruolo delle donne nella promozione dei diritti umani”, il Cardinale Renato Raffaele Martino ha illustrato il femminismo caritatevole incoraggiando il mondo femminile a costruire il cristianesimo del Sì.
Sabato 21 marzo, nella sede del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il porporato ha ringraziato gli organizzatori ed i presenti così come il Santo Padre per il messaggio inviato, ed ha spiegato la proposta di costruire un “cristianesimo del Sì”
Un “Sì a Dio”, Padre di tutta l’umanità e Creatore dell’uomo e della donna a sua immagine e somiglianza; un “Sì alla vita” soprattutto a quella “rifiutata con l’aborto e l’eutanasia e a quella manipolata arbitrariamente dalle nuove tecnologie”; un “Sì alla famiglia” fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna e un “Sì alle donne e al loro genio”.
Secondo il Presidente di Giustizia e Pace per dare consistenza e forma a quel nuovo femminismo sollecitato dal Santo Padre bisogna che “le donne cristiane scelgano di essere le interpreti e le protagoniste di questo cristianesimo del Sì”.
Facendo riferimento al dibattito che si è svolto durante la conferenza, il Cardinale Martino ha sottolineato che “l’emancipazione femminile fu ed è un evento epocale, contrassegnato da contrastanti e ambivalenti significati, su cui deve esercitarsi un costante, paziente, intelligente e oculato discernimento cristiano per ritenere il buono, per combattere il cattivo, per orientare l’incerto: un discernimento cristiano, ispirato e guidato da un umanesimo integrale e solidale, fermamente proteso a far avanzare la civiltà dell’amore”.
Il Presidente del dicastero vaticano ha respinto il tentativo di negare la natura femminile rifiutando il disegno del Creatore ed ha ribadito che “ci sono delle questioni non negoziabili che non ammettono deroghe e la democrazia non può essere un compromesso al ribasso, perché, in questo caso, il bene comune si trasformerebbe nel minor male comune”.
Dopo aver rilevato la necessità di investire in maniera massiccia sulle donne attraverso l’educazione e la formazione, il porporato ha precisato che l’attuale crisi economico-finanziaria “evidenzia un deficit pericoloso di valori morali e religiosi” a cui si può rispondere solo con una “formazione integrale” ed un “etica, culturale e religiosa”.
Per il Presidente di Giustizia e Pace “non c’è l’economia da sola e poi l’etica o la religione. Non c’è la giustizia da sola e poi l’amore e la carità. Non c’è la produzione e poi la distribuzione. Non c’è l’efficienza e poi la solidarietà. Non c’è la legge naturale e poi la legge nuova”.
Pensare le cose in questo modo “vuol dire accettare che il mondo possa funzionare senza Dio. Se la salvezza di Dio non investe tutti i piani, alla fine, viene espulsa da tutti i piani”.
Il Cardinale Martino ha quindi denunciato come uno “scandalo inaccettabile” l’estrema povertà, che oggi si presenta con il volto sofferente delle donne e dei bambini. Per questo ha impegnato il nuovo femminismo a costruire “un mondo più giusto e più solidale”.
“Non ci sarà nessun nuovo femminismo senza Dio, soprattutto se non si scopre Dio come Amore”, ha esclamato il porporato.
“Il vecchio femminismo – ha infine concluso – era fondato sull’individualismo egocentrico e, spesso, egoista; il nuovo femminismo deve essere intessuto di amore per la vita, per la famiglia, per gli altri: un femminismo regolato dalla regina delle virtù: la carità”.