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Carissimi fratelli e sorelle,
«Non hanno più vino» – disse Maria supplicando Gesù affinché lo sposalizio potesse continuare nella festa, come del resto sempre deve essere: «Gli invitati a nozze non possono digiunare quando hanno con loro lo sposo» (cfr Mc 2, 19). Poi la Madre di Gesù si recò dai servi per raccomandar loro: «Fate quello che vi dirà» (cfr Gv 2, 1-5). E quella mediazione materna rese possibile il «vino buono», premonitore di una nuova alleanza tra l’onnipotenza divina e il cuore umano povero ma disponibile. È ciò che, del resto, era già successo in passato quando – lo abbiamo ascoltato nella prima lettura – «tutto il popolo rispose insieme e disse: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!”» (Es 19, 8).
Queste stesse parole salgano dal cuore di quanti siamo radunati qui in questa chiesa di Sant’Antonio, sorta grazie alla benemerita opera missionaria dei Frati minori cappuccini, i quali la vollero quale nuova Tenda per l’Arca dell’Alleanza, segno della presenza di Dio in mezzo al popolo in cammino. Su di loro e su quanti collaborano e traggono beneficio dall’assistenza religiosa e sociale qui elargita, il Papa traccia una benevola e incoraggiante Benedizione. Saluto con affetto ciascuno dei presenti: Vescovi, presbiteri, consacrati e consacrate, e in modo particolare voi, fedeli laici, che abbracciate consapevolmente i doveri d’impegno e di testimonianza cristiana che derivano dal sacramento del Battesimo e, per gli sposati, anche dal sacramento del Matrimonio. E, dettato dalla ragione principale che ci raduna qui, un mio saluto carico di affetto e di speranza va alle donne, alle quali Dio ha affidato le sorgenti della vita: Vivete e scommettete sulla vita, perché il Dio vivente ha scommesso su di voi! Con animo grato, saluto i responsabili e gli animatori dei Movimenti ecclesiali che hanno a cuore, tra l’altro, la promozione della donna angolana. Ringrazio Mons. José de Queirós Alves e ai vostri rappresentanti per le parole che mi hanno rivolto, illustrando gli affanni e le speranze di tante silenziose eroine quali sono le donne in questa Nazione amata.
Tutti esorto ad un’effettiva consapevolezza delle condizioni sfavorevoli a cui sono state – e continuano ad essere – sottoposte tante donne, esaminando in quale misura la condotta e gli atteggiamenti degli uomini, a volte la loro mancanza di sensibilità o di responsabilità, possano esserne la causa. I disegni di Dio sono diversi. Abbiamo sentito nella lettura che tutto il popolo rispose insieme: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!» Dice la Sacra Scrittura che il Creatore divino, nell’esaminare l’opera compiuta, vide che qualcosa mancava: tutto sarebbe stato buono, se l’uomo non fosse stato solo! Come poteva l’uomo solo essere ad immagine e somiglianza di Dio che è uno e trino, di Dio che è comunione? «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (cfr Gn 2, 18). Dio di nuovo si mise all’opera per creare l’aiuto che mancava, e lo dotò in modo privilegiato introducendo l’ordine dell’amore, che non vedeva abbastanza rappresentato nella creazione.
Come sapete, fratelli e sorelle, quest’ordine dell’amore appartiene alla vita intima di Dio stesso, alla vita trinitaria, essendo lo Spirito Santo l’ipostasi personale dell’amore. Orbene, «nel fondamento del disegno eterno di Dio – come diceva il compianto Papa Giovanni Paolo II – la donna è colei in cui l’ordine dell’amore nel mondo creato delle persone trova un terreno per gettare la sua prima radice» (Lett. ap. Mulieris dignitatem, 29). Infatti, nel vedere l’affascinante incanto che irradia dalla donna a causa dell’intima grazia che Dio le ha donata, il cuore dell’uomo si illumina e si rivede in essa: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa» (Gn 2, 23). La donna è un’altro «io» nella comune umanità. Bisogna riconoscere, affermare e difendere l’uguale dignità dell’uomo e della donna: sono ambedue persone, differentemente da ogni altro essere vivente del mondo attorno a loro.
Ambedue sono chiamati a vivere in profonda comunione, in un vicendevole riconoscimento e dono di se stessi, lavorando insieme per il bene comune con le caratteristiche complementari di ciò che è maschile e di ciò che è femminile. Chi non avverte, oggi, il bisogno di dare più spazio alle «ragioni del cuore»? In un mondo come l’attuale dominato dalla tecnica, si sente bisogno di questa complementarietà della donna, affinché l’essere umano vi possa vivere senza disumanizzarsi del tutto. Si pensi alle terre dove abbonda la povertà, alle regioni devastate dalla guerra, a tante situazioni tragiche risultanti da migrazioni forzate e non… Sono quasi sempre le donne che vi mantengono intatta la dignità umana, difendono la famiglia e tutelano i valori culturali e religiosi.
Carissimi fratelli e sorelle, la storia registra quasi esclusivamente le conquiste dei maschi, quando in realtà una parte importantissima si deve ad azioni determinanti, perseveranti e benefiche poste da donne. Lasciate che, fra tante donne straordinarie, vi parli di due: Teresa Gomes e Maria Bonino. Angolana la prima, è deceduta l’anno 2004 nella città di Sumbe, dopo una vita coniugale felice da cui sono nati 7 figli; incrollabile è stata la sua fede cristiana e ammirevole il suo zelo apostolico, soprattutto negli anni 1975 e 1976 quando una feroce propaganda ideologica e politica si abbatté sopra la parrocchia di Nostra Signora delle Grazie di Porto Amboim, riuscendo quasi a far chiudere le porte della chiesa. Allora Teresa divenne la leader dei fedeli che non si arrendevano alla situazione, sostenendoli, proteggendo coraggiosamente le strutture parrocchiali e tentando ogni possibile strada per avere di nuovo la santa Messa. Il suo amore alla Chiesa la rese instancabile nell’opera dell’evangelizzazione, sotto la guida dei sacerdoti.
Quanto a Maria Bonino: era una pediatra italiana, offertasi volontaria per varie missioni in quest’Africa amata, e divenuta la responsabile del Reparto pediatrico dell’Ospedale provinciale d’Uíje negli ultimi due anni della sua vita. Votata alle cure quotidiane di migliaia di bambini lì ricoverati, Maria dovette pagare con il sacrificio più alto il servizio ivi reso durante una terribile epidemia della febbre emorragica di Marburg, finendo lei stessa contagiata; anche se trasferita a Luanda, qui decedette e qui riposa dal 24 marzo del 2005 – si compie dopodomani il quarto anniversario. La Chiesa e la società umana sono state – e continuano ad essere – enormemente arricchite dalla presenza e dalle virtù delle donne, in particolare di quelle che si sono consacrate al Signore e, poggiando su di Lui, si sono messe al servizio degli altri.
Carissimi angolani, oggi nessuno dovrebbe più dubitare del fatto che le donne, sulla base della loro dignità pari a quella degli uomini, hanno «pieno diritto di inserirsi attivamente in ogni ambito della vita pubblica, e il loro diritto deve essere affermato e protetto anche mediante strumenti legali, là dove questi appaiano necessari. Tuttavia il riconoscimento del ruolo pubblico delle donne non deve sminuire l’insostituibile funzione che esse hanno all’interno della famiglia: qui, infatti, il loro contributo per il bene e lo sviluppo sociale, anche se poco considerato, è di un valore realmente inestimabile» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace nel 1995, n. 9). Peraltro, a livello personale, la donna sente la propria dignità non tanto quale risultato dell’affermazione di diritti sul piano giuridico, quanto piuttosto come diretta conseguenza delle attenzioni materiali e spirituali ricevute nel cuore della famiglia. La presenza materna all’interno della famiglia è così importante per la stabilità e la crescita di questa cellula fondamentale della società, che dovrebbe essere riconosciuta, lodata e sostenuta in ogn
i modo possibile. E, per lo stesso motivo, la società deve richiamare i mariti e i padri alle loro responsabilità riguardo alla propria famiglia.
Carissime famiglie, certamente vi siete rese conto del fatto che nessuna coppia umana può da sola, unicamente con le proprie forze, offrire adeguatamente ai figli l’amore e il senso della vita. Infatti, per poter dire a qualcuno: «La tua vita è buona, nonostante non ne conosca il futuro», c’è bisogno di un’autorità e di una credibilità più alte di quanto possono offrire i genitori da soli. I cristiani sanno che quest’autorità più grande è stata assegnata a quella famiglia più ampia che Dio, per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo e del dono dello Spirito Santo, ha creato nella storia degli uomini, e cioè alla Chiesa. Vediamo qui al lavoro quell’Amore eterno e indistruttibile che assicura alla vita di ciascuno di noi un senso permanente, anche se non ne conosciamo il futuro. Per questo motivo, l’edificazione di ogni famiglia cristiana avviene all’interno di quella famiglia più grande che è la Chiesa, la quale la sostiene e la stringe al suo petto garantendo che sopra di essa si posa, ora e nel futuro, il «sì» del Creatore.
«Non hanno più vino» – dice Maria a Gesù. Carissime donne angolane, prendeteLa come Avvocata vostra presso il Signore. Così la conosciamo da quelle nozze di Cana: come la Donna benigna, piena di materna sollecitudine e di coraggio, la Donna che si accorge dei bisogni altrui e, volendo rimediare, li porta davanti al Signore. Presso di Lei, possiamo tutti, donne e uomini, ricuperare quella serenità e intima fiducia che ci fa sentire beati in Dio e instancabili nella lotta per la vita. Possa la Madonna di Muxima essere la stella della vostra vita; Essa vi custodisca uniti nella grande famiglia di Dio. Amen.
[© Copyright 2009 – Libreria Editrice Vaticana]