La Chiesa è fondamentale per far rimarginare le ferite in Africa

Spiega il direttore di progettazione di ACS

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KÖNIGSTEIN, martedì, 17 marzo 2009 (ZENIT.org).- Se si vuole favorire la guarigione delle ferite dell’Africa bisogna sostenere la Chiesa, il cui ruolo è fondamentale nella disperata ricerca di pace del continente.

E’ quanto afferma l’associazione caritativa Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che ha aumentato il suo sostegno in Africa più che in ogni altro continente, soprattutto negli ultimi tre anni, anche in risposta al fiorire delle vocazioni e al crescente numero di cattolici.

Per questo, l’organizzazione si sta concentrando maggiormente sull’educazione alla cristianità e sulla formazione umana e religiosa di clero e laici, a suo avviso fondamentali per spezzare il ciclo della violenza e altre forme di conflitto.

Il direttore della progettazione di ACS Regina Lynch ha affermato che “la Chiesa in Africa – con un crescente numero di sacerdoti e un laicato più impegnato – è senza dubbio la migliore speranza per un continente che per qualcuno non rappresenta altro che ingiustizia, spargimenti di sangue e disperazione”.

Gli ultimi dati relativi all’aiuto fornito da ACS rivelano che l’associazione ha donato 443.600 euro per l’Angola e 553.000 euro per il Camerun, su un totale di 14 milioni per l’intero continente africano.

Ricordando che le statistiche vaticane dimostrano che le vocazioni nel 2007 sono aumentate del 27,6%, la Lynch ha affermato che ACS ha risposto a questa crescita aumentando il proprio impegno per aiutare sia i seminaristi che le religiose.

“Il sostegno alle vocazioni è fondamentale – soprattutto in questo periodo di crescita numerica –, ma per ACS non è solo una questione di quantità, ma di qualità, e per questo stiamo lavorando con i superiori religiosi nel discernimento della vocazione e nella formazione”, ha commentato.

Allo stesso modo, Aiuto alla Chiesa che Soffre sottolinea l’opera nei confronti dei laici, per promuovere i valori cristiani, la prevenzione dell’Aids e altre iniziative pro-vita.

“L’aumento del lavoro in Africa da parte di ACS è una risposta alla vita e all’energia nella Chiesa – alla sua lotta per ricostruire il rispetto per la dignità umana, sviluppare vie che portino alla riconciliazione e dare ai giovani la possibilità di una vita migliore”, ha spiegato.

Spiegando quanto sia importante instillare valori cristiani come l’amore e il perdono fin dalla tenera età, la Lynch ha ricordato il successo della Bibbia del Fanciullo, distribuita in 46 Paesi africani in 64 lingue.

Allo stesso modo, sono fondamentali le iniziative di riconciliazione, ha riconosciuto, portando come esempio il sostegno di ACS al santuario mariano di Kibeho, in Ruanda, un progetto che vuole aiutare il Paese a guarire dalle profonde ferite inflitte dalla guerra civile, costata la vita a centinaia di migliaia di persone.

L’opera di ACS in Africa riguarda anche l’aiuto in zone del continente interessate dalla diffusione dell’islam, come il Sudan. Da questo punto di vista, si sponsorizzano progetti come le scuole Save the Savable (Salvare il Salvabile) per i bambini sfollati a Khartoum.

“Purtroppo, il fondamentalismo sta penetrando profondamente nel continente e in alcuni Paesi il futuro del cristianesimo è sul filo del rasoio”, ha confessato la Lynch.

“Violenza, povertà ed estremismo in regioni come l’est della Repubblica Democratica del Congo, lo Zimbabwe e il Sudan hanno fondamentalmente attaccato la dignità della persona umana – i suoi valori, il senso di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, il senso di comunità e la fiducia in Dio”.

“Se si vuole far rimarginare queste cicatrici, la Chiesa ha bisogno del nostro aiuto”, ha concluso.

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ZENIT Staff

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