L'eccezione del Camerun, un Paese fragile ma stabile

Benedetto XVI sarà ricevuto da una giovane democrazia africana

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di Nieves San Martín

ROMA, venerdì, 13 marzo 2009 (ZENIT.org).- Parlare di giovane democrazia africana è dire tutto sul Paese che il 17 marzo riceverà Benedetto XVI. L’ultimo aggettivo evita parallelismi ingiusti o il giudizio partendo da culture diverse, che hanno avuto bisogno di secoli per raggiungere i propri equilibri politici, rotti ripetutamente senza dover andare più lontano del XX secolo.

Il Camerun è un Paese politicamente stabile, senza guerre, con quella che è stata definita “l’eccezione camerunense” ma che, come quasi tutti i Paesi africani, deve mantenere un fragile equilibrio tra tutte le etnie, le religioni e le culture che tentano di convivere in esso.

Dal punto di vista religioso, il fatto che ci siano tre grandi comunità, quasi divise in parti uguali, è una garanzia di dialogo. Nessuno prevale sugli altri: 26,8% di cattolici, 30% di religioni tradizionali e 20-22% di musulmani. Altre religioni cristiane porterebbero la percentuale di cristiani al 42%, ma non è un gruppo omogeneo, come non lo è quello delle religioni tradizionali. I musulmani sono stati gli ultimi ad arrivare nella zona, colonizzata da portoghesi, tedeschi, francesi e inglesi.

Questa giovane Repubblica presidenziale si è costituita nel 1961, dopo la riunificazione di due parti, una britannica (quella meridionale) e l’altra francese, frutto della sconfitta nella Prima Guerra Mondiale della Germania, che era la potenza colonizzatrice di questa parte dell’Africa. Il Camerun tedesco perse in queste vicissitudini una zona settentrionale britannica che passò alla Nigeria.

I primi evangelizzatori cattolici che si stabilirono in Camerun erano tedeschi. Si impegnarono nel settore educativo e sanitario e insieme alle prime congregazioni religiose che si insediarono nel Paese sono molto apprezzati.

La Repubblica è stata federale fino al 1972, quando si è trasformata in Stato unitario. Esiste un pluripartitismo imperfetto, visto che il Raggruppamento Democratico del Popolo Camerunense (RDPC), al Governo, predomina ampiamente.

Il Presidente è eletto ogni sette anni e il Paese ne ha avuti solo due: il “padre della patria”, se così si può dire, Ahmadou Ahidjo, musulmano, primo Presidente del Camerun indipendente, per vent’anni Capo di Stato, e quello attuale, Paul Biya, cattolico, Primo Ministro nel 1975 e che è succeduto ad Ahidjo nel 1982.

La decisione più controversa di questo Presidente, nel 2008, è stata la riforma della Costituzione che, tra le altre cose, prevede l’eliminazione del limite dei mandati presidenziali consecutivi, consentendo così a Biya, che ha 75 anni ed è al potere da 27, di presentarsi di nuovo alle elezioni del 2011.

La riforma è stata approvata con 157 voti a favore, 5 contrari e 15 astensioni. I 15 deputati del principale partito d’opposizione, il Fronte Sociale Democratico (FSD), hanno abbandonato il Parlamento in protesta. Partiti di opposizione e associazioni della società civile hanno criticato la modifica della Costituzione del 1996. Tra loro, i Vescovi del Paese si sono mostrati contrari al mantenimento del Presidente al potere.

Il Paese si prepara a una visita che, anche se pastorale, dà chiaramente prestigio all’attuale Presidente. Da ciò potrebbe derivare, sostengono alcuni analisti, un anticipo delle elezioni al 2009.

Fervono i preparativi

Nel frattempo, nel Paese fervono i preparativi per l’arrivo del Papa. Nel corso di una conferenza stampa del 27 febbraio, l’Arcivescovo di Yaoundé e presidente della Conferenza Episcopale (CENC), Victor Tonye Bakot, ha espresso la propria soddisfazione per l’andamento dei preparativi per accogliere il Papa.

Un atteggiamento che ha suscitato critiche, secondo la stampa locale, è la distruzione delle bancarelle di Yaoundé, che davano da vivere a migliaia di persone. Le autorità affermano che l’occasione merita che la città si abbellisca. Secondo loro, le bancarelle sono antiestetiche e per questo sono state demolite, ma è stato spiegato che i proprietari non avrebbero ricevuto un indennizzo per questo.

Anche se è vero che tutte le misure di sicurezza sono poche, non sarebbe gradito all’illustre ospite lasciare qualcuno senza lavoro.

“C’è qualcosa nell’aria, una vera gioia di sentirsi camerunensi, che si respira dalle alture della Basilica minore di Mvolyé, passando per Yaoundé, fino a Piazza San Pietro a Roma”, ha scritto il 28 ottobre scorso Abui Mama sul quotidiano locale Camerun Tribune dopo l’annuncio ufficiale del viaggio papale.

Secondo Mama, da allora il Camerun “si sente bene nella propria pelle, il che è piuttosto raro nel continente di questi tempi”. “Nella fervente comunità cattolica – aggiungeva – e anche oltre, si legge nei volti. C’è come una gioia condivisa, portatrice di speranza, che viene a dare gusto alla vita e colore alla quotidianità”. Per il giornalista, tutti desiderano mostrarsi degni dell’onore ricevuto.

Il Papa è “messaggero di pace e di fraternità”, indicava Mama, sottolineando che “la Repubblica è neutra, ma le religioni hanno un loro ruolo nella società”.

Con la visita del Papa, il Camerun, “che condivide le stesse idee di pace e di fraternità del Vaticano, raccoglie le conseguenze di una lunga ed eccellente relazione di amicizia e di cooperazione che lega i Capi dei due Stati”, aggiungeva il giornalista ricordando i due viaggi di Giovanni Paolo II nel Paese, nel 1985 e nel 1995.

“La scelta del Camerun come prima tappa della prima visita di Benedetto XVI in Africa è anche la prova che il nostro Paese conta a livello internazionale, e non manca di fornire apporti all’incontro tra culture e civiltà”, concludeva Abui Mama.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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