Identità cattolica e anticomunismo nell'Italia del dopoguerra

Un nuovo libro che ricostruisce storie e personaggi dimenticati

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di Francesco Mario Agnoli

ROMA, martedì, 10 marzo 2009 (ZENIT.org).- Sono ancora molte le zone grigie della storia immediatamente successiva alla fine della seconda guerra mondiale.

Per cercare di ricostruire storie e personaggi dimenticati, Giuseppe Brienza, giornalista e saggista, ricercatore affermato ed esperto ha pubblicato il volume Identità cattolica e anticomunismo nell’Italia del dopoguerra (D’Ettoris Editori, Crotone 2008, pp. 243, euro 18,90).

Come indica il sottotitolo, La figura e l’opera di mons. Roberto Ronca, il volume ripercorre la storia di questo Vescovo romano, un tempo influente e famoso e oggi pressoché dimenticato, per effetto non, come spesso avviene, del rapido trascorrere del tempo e del mutare delle situazioni, ma per una precisa scelta ideologica.

Pur se la ricerca non ha solo intenti biografici, va detto subito che la figura del protagonista vi è tratteggiata a tutto tondo nelle sue molteplici attività a cominciare da quella sacerdotale (fu Vescovo di Pompei), che, ovviamente, costituisce la base e il presupposto di ogni suo altro impegno: assistente, dal 1931, della Associazione Universitaria Romana di Azione Cattolica, poi, dal 1933 al 1948, della FUCI e Rettore del Pontificio Seminario Maggiore al Laterano.

Un ruolo quest’ultimo che gli consentì di svolgere, durante l’occupazione tedesca di Roma, una efficacissima opera di rifugio e accoglienza dei perseguitati politici e delle vittime delle leggi razziali (l’autore sottolinea che più di 800 perseguitati tra cui centinaia di ebrei restarono nascosti, grazie a mons. Ronca, nel Seminario Maggiore sino all’arrivo degli Alleati a Roma).

E’ tuttavia indubbio che l’attenzione dell’autore e, con lui, dei lettori si appunta soprattutto sull’attività svolta da mons. Ronca quale fondatore e direttore per un decennio (1946-1955) del movimento civico-politico Unione Nazionale Civiltà Italica, che s’innesta nelle esperienze, non sempre facili, maturate nella frequentazione degli studenti universitari cattolici, fra i quali cominciava allora a prevalere quella posizione culturale poi definita “cattolicesimo democratico”, alla quale era decisamente avverso sia per le venature modernistiche sia per le simpatie politiche di “sinistra” che lo caratterizzavano.

E’ verosimile che a fare dimenticare la figura e l’opera per molti versi preziosa svolta da mons. Ronca abbiano contribuito anche questi contrasti con una corrente destinata a diventare largamente maggioritaria, soprattutto negli anni difficili del post-concilio, nel mondo cattolico.

Tuttavia ancor più decisivi, ai fini dell’emarginazione e della successiva damnatio memoriae, i falliti tentativi di Civiltà italica, che pure con la sua opera di recupero e difesa della tradizione cristiana, aveva potentemente contribuito, assieme ai Comitati civici di Luigi Gedda, alla vittoria elettorale del 18 aprile 1948, a impedire lo scivolamento a sinistra della Democrazia Cristiana e, forse, alla creazione di un partito cattolico conservatore, contrastando così la politica, riuscita allora e per quattro decenni vincitrice, dell’unità dei cattolici in un solo partito.

Difficile e sostanzialmente inutile dire oggi quali sarebbero state le conseguenze, per l’Italia e per il cattolicesimo italiano, di una affermazione del progetto di Civiltà italica. Consapevole che la storia non si fa con i “se” e con i “ma”, Giuseppe Brienza non approfondisce un’ipotesi alternativa rimasta storicamente irrealizzata, ma ricostruisce con ricchezza di particolari il decennio nel corso del quale questa costituì, per dirla con James un’opzione viva.

Brienza ci ripropone, inoltre, accanto a mons. Ronca, i cattolici che ne furono protagonisti (per tutti padre Riccardo Lombardi) in seguito, come troppo spesso accade ai perdenti, “silenziati”, nonostante avessero compreso meglio di altri, inclini invece al compromesso in nome “dell’unità antifascista e resistenziale”, la vera natura del PCI, soprattutto in quegli anni, tutt’altro che democratica.

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ZENIT Staff

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