Emigrazione e secolarismo, sfide per la Chiesa nel Sud-Est europeo

Termina il 9° incontro dei delegati delle Conferenze Episcopali della regione

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ISKENDERUN (Turchia), martedì, 10 marzo 2009 (ZENIT.org).- L’emigrazione, lo status giuridico, il secolarismo e l’indifferentismo religioso sono le sfide principali che deve affrontare la Chiesa nel Sud-Est europeo, dove rappresenta inoltre una minoranza in contesti prevalentemente ortodossi o musulmani.

E’ quanto emerge dalle conclusioni del 9° incontro dei presidenti e dei delegati delle Conferenze Episcopali del Sud-Est Europa, svoltosi dal 3 all’8 marzo in Turchia sotto forma di pellegrinaggio sulle orme di San Paolo in occasione dei 2000 anni della nascita dell’apostolo.

Le Conferenze Episcopali rappresentate sono state otto: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Grecia, Moldavia, Romania, la Conferenza Episcopale Internazionale dei Ss. Cirillo e Metodio e la Turchia. L’incontro, promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), è stato ospitato da monsignor Luigi Padovese, Vicario Apostolico d’Anatolia e presidente della Conferenza Episcopale della Turchia.

Nelle conclusioni dell’evento, i partecipanti sottolineano come il tema dell’identità cristiana abbia fatto emergere “il fenomeno dell’ignoranza religiosa di molti nostri fedeli, i quali non sanno che cosa è specifico della propria fede”.

Per questo motivo, osservano, è necessario “riaffermare nella nostra predicazione e attività pastorale le verità essenziali del cristianesimo (morte e resurrezione di Gesù), come componenti primarie della nostra identità di fede”.

Alcuni fedeli, riconoscono i delegati presenti all’incontro, “mantengono più per ragioni d’ordine culturale, etico, comunitario o emozionale la loro identità cristiana senza che questa comporti una matura scelta di fede”. Di fronte a questo, emerge il bisogno di precisare ai fedeli che “questi aspetti sono importanti, ma determinante è l’incontro con la persona di Cristo”.

Allo stesso modo, bisogna insistere con i sacerdoti e i loro collaboratori pastorali affinché non si sleghi mai la trattazione delle tematiche morali dalla fede che le determina.

Ricollegandosi all’Anno Paolino, i delegati ricordano che “la speranza cristiana è un elemento d’identità del discepolo di Gesù”. Per questo, seguendo il magistero di Benedetto XVI, invitano i sacerdoti “a riprendere nella loro predicazione e attività pastorale i temi della speranza e della vita eterna”.

I rappresentanti delle Conferenze Episcopali del Sud-Est Europa hanno inoltre sottolineato le sfide che deve affrontare la regione, tra le quali spicca l’emigrazione. “I Vescovi dei nostri Paesi, nelle cui diocesi si trovano fedeli cattolici emigrati, s’impegnano a collaborare con i Vescovi di origine di questi fedeli per promuovere una cura pastorale comune”, osservano.

Un altro problema riguarda “il riconoscimento dello status giuridico delle loro istituzioni ecclesiali nell’ordinamento legislativo del rispettivo Paese”. Per far fronte a questa situazione, le Conferenze Episcopali interessate “potrebbero avviare un’azione comune presso le istanze europee”, ad esempio “in collaborazione con l’Inviato Speciale – Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa e il CCEE”.

Le Chiese del Sud-Est Europa soffrono inoltre per il secolarismo e l’indifferentismo religioso, di fronte ai quali si auspicano “una maggior presa di coscienza” e “una collaborazione di forze spirituali per venire incontro a queste sfide: collaborazione tra seminari diocesani, clero, ordini religiosi e organismi di fedeli laici”.

In un contesto in cui le Chiese sono minoritarie e vivono in Paesi a maggioranza ortodossa o musulmana, si auspica infine “un loro maggiore coinvolgimento sia nel dialogo con le rispettive Chiese ortodosse svolto dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, come pure nel dialogo con l’Islam promosso dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso”.

“I Vescovi presenti si dichiarano pronti a sostenere i lavori del Forum cattolico-ortodosso europeo, per approfondire questioni pastorali comuni che riguardano la morale e la dottrina sociale della Chiesa”, conclude il testo.

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ZENIT Staff

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