di Roberta Sciamplicotti
ROMA, mercoledì, 4 marzo 2009 (ZENIT.org).- L’ecumenismo è tra le sfide principali che devono affrontare le Conferenze Episcopali del Sud-Est Europa, regione in cui i cattolici rappresentano spesso un’esigua minoranza.
E’ quanto emerge dagli interventi del 9° incontro dei presidenti degli episcopati del Sud-Est europeo, in svolgimento in Turchia sotto forma di pellegrinaggio sulle orme di Paolo per i 2000 anni della nascita dell’Apostolo.
Le Conferenze Episcopali rappresentate sono otto: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Grecia, Moldavia, Romania, la Conferenza Episcopale Internazionale dei Ss. Cirillo e Metodio e la Turchia. L’evento è ospitato da monsignor Luigi Padovese, Vicario Apostolico d’Anatolia e presidente della Conferenza Episcopale della Turchia.
Dimitrios Salachas, Esarca Apostolico in Grecia, ha osservato che il popolo ellenico è “tradizionalmente religioso e cristiano, appartenente nella stragrande maggioranza alla Chiesa ortodossa, unita nella fede e nella comunione canonica col Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli”.
La Chiesa cattolica è una piccola minoranza che non supera i 50.000 fedeli, cioè lo 0,5% di una popolazione di quasi 11 milioni di abitanti. Anche se è presente in Grecia da secoli, è ritenuta da gran parte dell’opinione pubblica “come una realtà estera, confondendo la Chiesa cattolica con il Vaticano”.
In questo contesto, l’ecumenismo assume un’importanza di primo piano. “Siamo per Provvidenza Divina destinati a convivere con i fratelli ortodossi”, ha constatato l’Esarca.A tale proposito, ha evidenziato i segni di speranza emersi dagli incontri ecumenici degli ultimi decenni tra Roma e Costantinopoli, che “non solo hanno riaffermato quanto i cattolici e gli ortodossi hanno in comune, ma hanno anche avviato dibattiti più approfonditi sul significato preciso dell’unità della Chiesa”.
Anche se si intensificano i rapporti tra la Chiesa di Roma e il Patriarcato Ecumenico, ci sono “sporadici incontri” tra la Santa Sede e i vertici della gerarchia ortodossa di Grecia e la Chiesa ortodossa partecipa al dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme, “sul piano locale non risulta ancora facile intraprendere un dialogo stabile e fraterno” perché “i pregiudizi del passato pesano ancora sullo stato attuale dei nostri rapporti”, ha riconosciuto.
L’importanza dell’ecumenismo e della risposta da offrire alla società contemporanea è stata ribadita anche dal Vescovo Cornel Damian, ausiliare di Bucarest (Romania), che si è soffermato sul confronto da un lato tra il modo cattolico e la maggioranza ortodossa, dall’altro tra lo spirito cristiano e i grossi cambiamenti sociali e di mentalità dagli ultimi vent’anni, principalmente la secolarizzazione.
Dopo il crollo del comunismo, ha spiegato il presule, “la nostra Chiesa locale ha iniziato un processo di restaurazione dei valori cristiani, anche se accanto ad essa sono apparse tante altre istituzioni e istanze” “che propongono insegnamenti differenti sulla morale, sulla famiglia, sulla società”.
E’ dunque iniziata “un’era di nuove sfide” che la Chiesa “nemmeno si aspettava”. “Ci si trova, infatti, in una società pluralista, e ci siamo accorti che il nostro compito e quello di riempire gli spazi liberi con il messaggio e i valori cristiani. Non è per nulla facile, poiché ci si confronta già con tanta confusione, mancanza di ideali, relativismo e indifferenza”.
“Nel contesto pluralista, i cristiani si evidenziano tramite la testimonianza”, o “tramite lo splendore della verità che abita in loro”, “ma non si può rispecchiare la verità senza il buon esercizio della libertà di ciascun cristiano”, ha osservato.
“Ciò che ci preoccupa è come dare ragioni ai nostri cristiani per vivere la loro fede e per splendere la verità di Cristo in questo mondo secolarizzato”.
“Aiutare i nostri cristiani a riscoprire che vivere in Cristo e vocazione è a mio avviso fondamentale per l’identità cristiana”, ha commentato, aggiungendo che “è necessaria una pastorale missionaria, dove ciascun cristiano abbia un ruolo, un ministero”.
Monsignor Anton Cosa, Vescovo di Chisinau (Moldova), ha ricordato dal canto suo la “grande passione” e soprattutto la “perenne attualità della predicazione paolina”.
Nel suo Paese, ha riconosciuto, l’evangelizzazione non è sempre facile perché “l’identità cristiana – tanto predicata e pretesa da Paolo – è compromessa dall’ateismo passato, dal laicismo attuale, e dal consumismo che incalza e che sta deteriorando il già fragile tessuto sociale, soprattutto nelle giovani generazioni, troppo affascinate dall’emigrazione verso i Paesi di maggiore interesse”.
Anche in Moldova la Chiesa cattolica rappresenta poco più dello 0,5% della popolazione, ma “lotta tenacemente per il superamento di queste barriere ideologiche e culturali, attraverso l’azione pastorale (liturgia e catechesi) e l’azione solidale (carità)”.
In questo panorama, presentare le opere di San Paolo può rivestire una grande importanza, perché l’Apostolo “non si sottopone alle varie concezioni della potenza umana concepita come forma di dominio o benessere”.
“Se da una parte abbiamo il timore della identità cristiana diffusa e dalla fuga dai valori che avvicinano l’uomo a Dio, dall’altra parte con Paolo ci mettiamo lungo le strade del mondo che riconsegnare l’uomo a Dio e Dio all’uomo”, ha affermato il presule.