In Africa "serve una pace della mente e del cuore"

Monsignor Monsengwo Pasinya commenta il secondo Sinodo per il continente

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CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 3 marzo 2009 (ZENIT.org).- La pace di cui l’Africa ha bisogno non consiste solo nel “mettere il silenziatore alle armi”, ma nel favorire “una pace della mente e del cuore”.

Lo ha affermato monsignor Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo), in un’intervista a “L’Osservatore Romano” in cui affronta il tema del secondo Sinodo dei Vescovi dell’Africa, in programma in Vaticano dal 4 al 25 ottobre prossimi sul tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo (Mt 5, 13.14)”.

Il presule ha osservato che il primo Sinodo africano, del 1994, “ne esigeva un secondo per approfondire la questione della giustizia e della pace”.

“Nel quadro generale dell’Africa, purtroppo, ci sono tanti conflitti – denuncia -. Non solo armati ma anche di natura economica. Come abbiamo affermato nel primo Sinodo, il conflitto comincia sempre laddove un diritto viene violato, dove non c’è giustizia”.

La “questione scottante” da affrontare nella seconda assemblea sinodale sull’Africa è dunque quella di “individuare insieme le strade che portano alla pace, alla giustizia, alla riconciliazione”.

Dal primo Sinodo, svoltosi nel contesto del genocidio in Rwanda, di 13 Paesi africani in guerra e di un barlume di speranza in Sudafrica, che “stava rinascendo con una nuova democrazia”, è emerso il messaggio per cui la finalità dell’evangelizzazione e della missione in Africa è “costruire la Chiesa-famiglia di Dio”, cioè “far divenire le famiglie chiese domestiche e le società vere famiglie”.

“Quest’obiettivo dell’evangelizzazione vuole un’Africa pacificata a tutti i livelli – constata l’Arcivescovo, primo africano a essere segretario speciale di un Sinodo, quello recente sulla Parola di Dio (ottobre 2008) -. È su questo punto che il Papa ci chiede ora una riflessione approfondita”.

“Puntiamo a una realtà di comunione dove tutti si sentano fratelli; dove non ci siano nemici e tutti si sentano riconciliati come Cristo ci chiede di fare – spiega -. Il progetto di Chiesa-famiglia di Dio e quanto emerso nel primo Sinodo ci hanno portato automaticamente all’urgenza di una seconda assemblea”.

Il quadro del secondo Sinodo per l’Africa, riconosce monsignor Monsengwo Pasinya, è complesso: “c’è la minaccia di ripresa della cosiddetta ‘prima guerra mondiale africana’”, “ci sono le crisi in Darfur, in Uganda, in Ciad, nella Repubblica Centroafricana”.

“Rispetto al 1994 le condizioni generali di guerra sono cambiate, ma non sono scomparse. E dove c’è guerra c’è urgente bisogno di riconciliazione, di pace, di giustizia. Non si tratta solo di mettere il silenziatore alle armi. Serve una pace della mente e del cuore”.

In questo contesto, il Sinodo “viene a proposito perché ora è il momento giusto per affrontare di petto la questione della riconciliazione”, ha affermato, ricordando che nel 1994 si è dato vita “a un’assemblea di speranza, di risurrezione per l’Africa”.

L’assemblea dei Vescovi africani, riconosce, “può mettere a fuoco le situazioni particolari chiamando le cose con il loro nome”.

“La Chiesa, come famiglia di Dio, ha il dovere di intervenire a voce alta per dire alle parti che la carità cristiana è condizione irrinunciabile per intraprendere il cammino della riconciliazione. Non ci sono alternative, serve una riconciliazione vera, che avvenga nel rispetto della giustizia e del diritto e garantisca una pace duratura”.

Allo stesso modo, il Sinodo potrà approfondire “problemi di cui si parla poco”. A questo proposito, il presule ha ricordato le “grandi questioni economiche”, sottolineando ad esempio come le risorse naturali del suo Paese, la Repubblica Democratica del Congo, “potrebbero dar da mangiare al mondo intero”, ma che “se non si fa attenzione queste stesse risorse possono divenire un inferno per l’umanità”.

In Congo, infatti, esistono vasti giacimenti di uranio, “e con l’uranio si può fare anche la bomba atomica. Se le ricchezze non vengono gestite saggiamente, con discernimento, si potrebbe giungere a una proliferazione delle bombe atomiche nel mondo. Potrebbero innescarsi guerre all’infinito”.

Per questo, “è decisivo che lo sfruttamento delle risorse naturali del Paese avvenga secondo il diritto internazionale, le regole del commercio internazionale”.

Allo stesso modo, è necessaria una maggiore obiettività da parte dei mass media, che “diffondono l’idea che Africa vuol dire tragedia”.

I media, ha osservato l’Arcivescovo, “hanno la grande responsabilità di informare in modo equilibrato, ma soprattutto rispettando la verità così che ci si possa rendere conto di quello che accade”, “per evitare di stravolgere completamente la verità sull’Africa”.

Il continente africano, lamenta, è “dimenticato dai mass media, dalla politica, dal potere economico. Non suscita più l’interesse di un tempo. Nel periodo coloniale interessava per le materie prime, poi è arrivato il tempo delle strategie con la guerra fredda e la decolonizzazione. Ora la crisi economica finisce per marginalizzare e indebolire ancor di più l’Africa”.

“L’Africa non è solo disordine! Ci sono conflitti, è vero, ma tante aree vivono in pace”, ha concluso. “I problemi non mancano. Ma c’è una fondata speranza e il Sinodo la alimenterà”.

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ZENIT Staff

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