Un corso universitario sulla vocazione dei laici

A 20 anni dalla “Christifideles laici”

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di Chiara Santomiero

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 1° marzo 2009 (ZENIT.org).- “La pubblicazione della Christifideles laici ha costituito una vera pietra miliare nella vita del laicato cattolico”. E’ quanto affermato dal cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, nella prolusione che ha dato il via il 28 febbraio, presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, al corso “Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nella società”.

“Vent’anni dopo – ha aggiunto il porporato – vale la pena riprenderla in mano, sia ai fini di una sua rilettura alla luce di quanto vissuto agli albori del primo secolo del nuovo millennio, sia per fare un bilancio della sua effettiva ricezione tra i fedeli laici dell’attuale generazione”.

Il corso che si articolerà in dieci lezioni e terminerà il prossimo 23 maggio, è proposto dalla Pontificia Università Gregoriana Laikos e dal Forum internazionale di Azione cattolica (Fiac), in collaborazione con la Comunità di vita cristiana (Cvx) e con il patrocinio del Pontificio Consiglio per i laici, ed è rivolto non solo agli studenti delle Università pontificie romane ma anche a sacerdoti e laici interessati.

“La Christifideles laici – ha spiegato il cardinale Rylko – raccoglie i frutti del lavoro del Sinodo dei Vescovi del 1987 sulla vocazione e missione dei fedeli laici nella Chiesa e nel mondo”.

Il Sinodo era stato un forte invito per i laici “alla corresponsabilità nella missione della Chiesa in vista del terzo millennio” evitando due tentazioni: “occuparsi delle cose ecclesiali rinunciando alla cura delle realtà professionali, economiche, sociali e la tentazione di scindere fede e vita, l’accoglienza del Vangelo e l’azione nelle realtà temporali”.

“Centrale nella Christifideles laici – ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio per i laici – è la questione dell’identità del fedele laico, sintetizzata in due parole: vocazione e missione. Scaturita dal Battesimo, quella dei laici è una vera vocazione”.

Dalla pubblicazione del documento sono molti i cambiamenti intervenuti in un mondo, secondo il cardinale Rylko, “sempre più ambivalente, complesso, confuso” nel quale “non vi è più consenso sui valori che fondano la persona e la società umana”.

“Nel ‘deserto spirituale’ che è il mondo postmoderno – ha affermato il cardinale Rylko – aumenta la sete di speranza, di quella ‘grande speranza, di cui il Papa scrive nell’enciclica Spe salvi. È questa sete che noi battezzati siamo chiamati a estinguere”.

Tre le parole chiave che sintetizzano i compiti dei cristiani: identità, presenza e formazione.

“Dobbiamo ritrovare – ha affermato il presidente del Pontificio consiglio per i laici – il significato della nostra identità battesimale e andarne fieri! Il nostro vero problema non è essere minoritari, ma essere diventati volutamente marginali, irrilevanti”.

A questo proposito, ha ricordato il cardinale Rylko, “negli ultimi tempi il Papa è tornato a incoraggiare i cattolici a partecipare attivamente alla vita pubblica dei propri Paesi, apportandovi la loro competenza, la loro onestà morale e lo slancio profetico che gli viene dal Vangelo”.

È dunque importante “che essi riscoprano la dottrina sociale della Chiesa, si lascino ispirare dai suoi principi e ne impregnino le realtà temporali perché la diffusione della dottrina sociale della Chiesa è parte essenziale del messaggio cristiano”.

Ne consegue l’importanza della formazione come “l’ambito in cui si plasma la nostra identità e si decide la qualità della nostra presenza cristiana”.

“Oggi la fede – ha concluso Rylko – non si può più dare per scontata neppure nel lavoro pastorale che si fa all’interno delle nostre parrocchie. Un grande campo di azione si apre perciò per diocesi e parrocchie, chiamate come sono a ricercare vie e metodi sempre più rispondenti alle esigenze di formazione dei fedeli laici”.

“La teologia del laicato – ha affermato Salvador Pié-Ninot, docente di teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e la Facoltà di teologia della Catalogna – è stata veramente decisiva nel Vaticano II”.

A partire dal concetto della Chiesa come ‘popolo di Dio’, “il laicato passa da oggetto-suddito a soggetto-protagonista della Chiesa”.

Infatti: “viene affermata la dignità comune a tutti i membri del Popolo di Dio in forza del battesimo, viene anche messa in rilievo la missione ‘secolare’ più specifica, quella cioè di essere per sua natura, ‘Chiesa nel mondo’ e nel contempo si afferma l’importanza dell’associazionismo laicale con particolare riferimento all’Azione Cattolica, concepita in modo ampio come ‘laicato organizzato per l’apostolato’ nella Chiesa”.

Tuttavia “questa iniziale ricezione positiva che situava il tema del laicato entro un contesto ecclesiologico globale, ha comportato una progressiva dimenticanza della stessa teologia specifica del laicato a vantaggio della teologia centrale del ‘Popolo di Dio’, e successivamente della ecclesiologia conciliare della ‘comunione’ come asse strutturante tutto il Vaticano”.

In questo quadro, ha sottolinetao Pié-Ninot, la Christifideles Laici del 1988, “rinunciando ad apporti teologici nuovi, ha optato per presentarsi come un forte e urgente appello alla missione, a partire dalla parabola della vigna che configura tutto il testo attorno alla triade mistero-comunione-missione della Chiesa”.

“Sono due le questioni – ha ricordato il docente – che hanno suscitato maggiori dibattiti: quella sulla partecipazione dei laici ai ministeri ecclesiali e per questo la Christifideles laici affida il tema dei ministeri ad una commissione apposita e quella sulla realtà dei cosiddetti ‘nuovi’ movimenti e per questo presenta alcuni criteri per il discernimento ecclesiale dei nuovi movimenti , dove recupera la citazione esplicita e conciliare relativa all’Azione Cattolica”.

In continuità con la riflessione aperta dalla Christifideles laici, diverse sono le prospettive indicate dal teologo catalano, iniziando dal: “recuperare la specificità ecclesiologico-pastorale della teologia del laicato entro una ecclesiologia orientata alla missione, nella quale la presenza e la testimonianza dei laici e delle laiche nel mondo, esprima la propria e peculiare ‘indole secolare’, che pur non essendo esclusiva, è però la più comune nella Chiesa”.

Per quanto riguarda, in particolare, i ministeri affidati ai laici, “si tratta – ha affermato Pié-Ninot – di una delle esperienze più vive della Chiesa postconciliare, anche se non esente dal pericolo di una certa clericalizzazione e della perdita di riferimento al carattere secolare proprio del laicato”.

“Nonostante tutto – ha proseguito Pié-Ninot –, e tanto più data la carenza di presbiteri in diverse chiese diocesane, questi laici e laiche a cui è affidata una missione o un ministero, sono molto significativi dal punto di vista pastorale soprattutto in chiave di ‘servizio ecclesiale’”.

Per questo motivo, ha spiegato il teologo: “si parla di tali laici come di un ‘terzo polo’ ecclesiale in quanto sono “soci corresponsabili privilegiati” -partenaires privilégiés – che assumono una nuova responsabilità che li impegna in modo particolare con il segno sacramentale della Chiesa nel mondo”.

Pié-Ninot ha, quindi, lanciato un interrogativo finale: “non sarebbe possibile a nivello diocesano, senza perdere il carisma propio, andare verso una rete ampia e integrata dei laici impegnati in diverse aggregazioni laicali intorno al vescovo diocesano?”.

Forse si tratta di “un desiderio impossibile” ma “c’è l’urgenza – ha concluso il teologo – di adempiere il monito conciliare per il quale l
a Chiesa non è realmente costituita se con la gerarchia non si afferma e collabora un laicato autentico”.

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ZENIT Staff

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