di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 3 febbraio 2009 (ZENIT.org).- I Vescovi italiani invocano amore e assistenza e non sospensione dell’alimentazione e idratazione per Eluana Englaro.
Denunciano inoltre la falsa pietà che invece di alimentare e idratare Eluana, utilizza i farmaci per fargli accettare le sofferenze e la morte.
Nella conferenza stampa di presentazione del comunicato finale dei lavori del Consiglio Episcopale Permanente, svoltasi il 3 febbraio a Roma presso la Radio Vaticana, monsignor Mariano Crociata, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ha sostenuto che “il discorso più eloquente è stato e rimane, da parte della Chiesa, il servizio silenzioso delle suore che fino a ieri hanno accudito Eluana”.
Detto questo però, il presule ha quindi affermato di “non potere fare a meno di far notare una contraddizione enorme e inconcepibile”.
“Da un lato – ha spiegato – si toglie cibo e acqua, dall’altro lato si ricorre a sedativi e medicine per far sopportare l’effetto immediato di essere privata del sostegno vitale di cibo e acqua”.
Dal punto di vista umano, monsignor Crociata ha tenuto a “ribadire l’assoluta vicinanza e comprensione per la famiglia e la ragazza. Una compassione rispettosa, perché sono convinto che quando ci avviciniamo al mistero del dolore e della morte bisogna tacere, e per chi crede, pregare”.
A questo proposito il Segretario della CEI ha raccontato di una coincidenza che lo ha impressionato.
Nel celebrare la messa quotidiana ha riflettuto sul brano di Marco (5:21-43) in cui si racconta della resurrezione della figlia di Jairo.
Il brano di Marco racconta la storia di una bambina di dodici anni di cui si stava celebrando il funerale e l’intervento di Gesù che invece la invita ad alzarsi.
“Quello che più mi ha colpito – ha narrato il prelato – è una annotazione umanissima di Gesù che dice ‘datele da mangiare’, un coincidenza che impressiona!”.
Circa il trasferimento nella clinica dove dovrebbe essere rimosso il sondino che alimenta e idrata Eluana, monsignor Crociata ha sottolineato che “c’è il rischio di equivocare l’atteggiamento della pietà”.
“Alcuni – ha aggiunto – vorrebbero far passare questo togliere il sondino come un atto di pietà, ma non può essere un atto di pietà quello che provoca sofferenze, che comporta la privazione del cibo e dell’acqua”
“La vera pietà – ha sottolineato monsignor Crociata – è quella testimoniata dalle suore di Lecco che hanno accudito Eluana” perché la vera pietà è “accompagnare la sofferenza” è “la capacità di integrare la sofferenza e la morte nella nostra vita e quindi anche nella nostra cultura”.
Il Segretario della CEI ha quindi raccontato di una persona che gli ha fatto notare come “probabilmente il tema della fine della vita è un problema di quelli che stanno bene, perché tutti quelli che stanno male chiedono aiuto e sostegno: chiedono di essere accompagnati”.
“Il problema dunque – ha osservato – diventa quello della nostra capacità sociale, amministrativa ed economica di rendere possibile alle famiglie e alle strutture sanitarie di accompagnare chi è nella sofferenza, ad arrivare al termine naturale senza accanimento terapeutico e senza abbandono terapeutico”.
“Non si tratta solo dell’alleanza tra medico e paziente – ha continuato il presule – ma di tutta la società attorno al più debole”.
Monsignor Crociata ha concluso affermando che “la civiltà di una comunità si vede dalla sua capacità di salvaguardare, di accompagnare, di proteggere, di aver cura delle persone più deboli, di quelle che non hanno le forze e l’energia per andare avanti da sole, all’inizio, alla fine e durante la vita”.