COLLEVALENZA, martedì, 24 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Intervenendo al Convegno su "La misericordia tra giustizia e speranza" promosso dal Centro Studi della Congregazione dei Figli dell’Amore misericordioso in collaborazione con la diocesi di Città di Castello, il prof. Maurizio Malaguti, professore di Filosofia teoretica presso l’Università Alma Mater di Bologna, noto studioso di metafisica classica e cristiana in rapporto a questioni fondamentali del mondo contemporaneo, ha svolto il tema: "Tra cielo e terra: luogo dato alla misericordia". 

La misericordia - ha introdotto il prof. Malaguti - è la via che si apre verso la verità di Dio: in questa prospettiva il Salmista leva il suo canto: «Misericordia e verità s'incontreranno» (Salmo 85, 11). Dio è in sé stesso Verità perfetta, trasparenza senza alcuna ombra. Affinché possiamo divenire partecipi della sua vita, Egli, liberamente e per puro dono d'amore, si fa carico del limite: nell'atto stesso di donare la libertà, Egli assume il nihil privativum, nasconde nel silenzio l'infinita intensità della sua gloria, crea persone libere di scegliere, dona loro il luogo ed il tempo della ricerca e dell'attesa fedele.

Ogni intelligenza libera può inoltrarsi nella storia della luce e può cercare di nascondersi nella tenebra del suo stesso rifiuto. Ogni intelligenza finita, anche la più alta tra tutte le creature, è costituita tra il cielo spirituale, che nessuno può partecipare pienamente, e la "terra" che gli corrisponde. Costruiamo i nostri mondi tra l'interiorità non ancora manifestata e l'esteriorità non ancora definitivamente conquistata.

Non si può permettere – ha argomentato il prof. Malaguti – che i progressi nella conoscenza della terra, pur irrinunciabili, spengano il desiderio di aprirci al cielo spirituale. Ma quanti sono accolti nella luce dello spirito sanno trovare e riconoscere anche sulla terra le rifrazioni dell'intelligenza che si è manifestata nella creazione. Ogni raggio di verità diviene allora non "patria", ma "via".

Nella nostra debolezza noi cerchiamo o, al contrario, nel nostro orgoglio noi respingiamo la misericordia che concede beni immeritati. Ma la misericordia stessa è il dono: è la via sulla quale si incontrano le luci che scendono dal cielo e la fatica necessaria per il pane e per il vino.

Il prof. Francesco Viola, professore di Filosofia del Diritto presso l’Università di Palermo, ha trattato il tema: "Giustizia e perdono: riflessioni sulla transitional justice".

È possibile istituzionalizzare il perdono? La risposta a questa domanda – ha argomentato il prof. Viola - va cercata dapprima in alcuni istituti di "perdono giuridico" e poi nell’esame dei tentativi recenti di giustizia politica nei regimi di transizione dalla dittatura alla democrazia. Prendendo, poi, come caso emblematico quello della Commissione "Truth and Reconciliation" del Sud-Africa ne ha esaminano alcune caratteristiche generali, in parte presenti anche in altri Paesi, quali, ad esempio, l’Argentina e il Cile.

Nel corso della relazione il prof. Viola si è posto una serie di domande: 1) Possono i popoli perdonare? Gli africani, gli armeni, gli argentini, i cileni possono perdonare e/o chiedere perdono? 2) quali sono i rapporti tra la memoria individuale e la memoria collettiva? 3)Com’è possibile sanare le ferite dell’identità 4) Quali sono i caratteri propri del perdono? 5) In che senso il perdono politico e giuridico possono considerarsi come tappe del cammino verso il senso autentico del perdono?

In conclusione l’oratore ha operato un confronto fra la frammentazione dell’idea di giustizia propria della modernità e il recupero dell’interrelazione fra le varie forme di giustizia, che è un’esigenza presente nel nostro tempo.

Il prof. Antonio Pieretti, docente di Filosofia all’Università di Perugia, introducendo il tema "La misericordia come dono: verso una prassi etico-sociale" ha osservato come rispetto al perdono l’altro non sia sempre il colpevole o quello a cui si deve perdonare.

Accanto a questa categoria – ha detto il prof. Pieretti – deve esserci quella che tenga conto dell’altro, chiunque esso sia: la categoria del dono. Il dono è un gesto unilaterale, indipendentemente dall’altro e se sia stata rivolta domanda di perdono. Il dono è gratis, senza motivazione, basta che ci sei, sei tu, sei l’altro. Il dono non chiede reciprocità.

Due sono i caratteri costitutivi del dono: a): la gratuità e b) la libertà; di conseguenza non c’è né scambio né risarcimento, è un gesto assolutamente libero e unilaterale.

Proseguendo il suo argomentare il prof. Pieretti ha affermato che dietro il dono c’è un atto di fiducia, un atto che non chiede compenso, che non chiede reciprocità, è un alto atto d’amore per l’altro al quale riconosco un termine di confronto: ti faccio dono perché sei tu.

Ma qual è il fondamento del dono e della dignità che ci è stata data e che siamo chiamati a riconoscere all’altro?

Il fondamento del dono è in Dio che si è rivelato come colui che ha fatto il dono. La vita è l’espressione più alta del dono che abbiamo ricevuto. Il dono in chi ha origine come gesto libero, unilaterale e gratuito? Ha origine in Dio che lo ha fatto senza condizione, senza reciprocità. Dio è Amore, ma cos’è la misericordia rispetto all’amore di Dio?

La misericordia – ha sostenuto Pieretti – è la declinazione dell’Amore di Dio in funzione del riscatto della nostra debolezza e che viene incontro alla miseria che ci contraddistingue.

Come beneficiari del dono, per essere nati, chiamati e salvati, siamo chiamati a testimoniare la misericordia, usata verso di noi e, che noi dobbiamo all’altro, sforzandoci d’inserire perdono e giustizia nell’ottica del dono.