La Santa Sede al Consiglio dei diritti dell'uomo sulla crisi economica

L’attività finanziaria deve basarsi sui principi etici 

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MEDELLÍN, martedì, 24 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervento pronunciato il 20 febbraio dall’Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, durante la decima sessione speciale del Consiglio dei diritti dell’uomo (Hrc) circa l’impatto della crisi economica e finanziaria mondiale sulla realizzazione e il godimento effettivo dei diritti umani.

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Come i mezzi di comunicazione sociale ci ricordano ogni giorno, la crisi finanziaria mondiale ha causato una recessione globale  con conseguenze sociali drammatiche, inclusa la perdita di milioni di posti di lavoro e il grave rischio che per molti Paesi in via di sviluppo gli Obiettivi di sviluppo del millennio non si possano raggiungere. I diritti umani di innumerevoli persone sono compromessi, incluso quelli all’acqua, al cibo, alla salute e a un lavoro decoroso. Soprattutto, quando ampi segmenti di una popolazione nazionale vedono i loro diritti sociali ed economici vanificati, la perdita di speranza mette a repentaglio la pace. La comunità internazionale ha la responsabilità legittima di chiedere perché si è creata questa situazione, di chi è la responsabilità e in che modo una soluzione concertata può farci uscire dalla crisi e facilitare il ripristino dei diritti. La crisi è stata causata, in parte, dal comportamento problematico  di alcuni attori del sistema finanziario ed economico, inclusi amministratori bancari e quanti avrebbero dovuto essere più diligenti per quanto riguarda i sistemi di monitoraggio e di affidabilità. Quindi sono loro ad avere la responsabilità dei problemi attuali. Tuttavia, le cause della crisi sono più profonde.

Nel 1929, riflettendo sulla crisi di allora, Papa Pio XI osservò: «Ai nostri tempi non vi è solo  concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia  in mano di pochi, e questi sovente  neppure proprietari, ma solo depositari  e amministratori del capitale,  di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento» (Quadragesimo anno, n. 105). Osservò anche che la libera concorrenza si era autodistrutta  basandosi sul profitto come unico criterio. La crisi attuale ha dimensioni economiche, giuridiche e culturali. L’attività finanziaria non può ridursi a ottenere facili profitti, ma deve includere anche  la promozione del bene comune  fra quanti  prestano, prendono in prestito e lavorano. L’assenza di un fondamento etico ha portato la crisi a tutti i Paesi, a basso, medio e alto reddito. Signor presidente, la delegazione della Santa Sede esorta a prestare una rinnovata «attenzione alla necessità di un approccio etico alla creazione di collaborazioni positive  fra mercati,  società civile e Stati» (Papa Benedetto XVI).

L’impatto delle conseguenze negative è comunque più drammatico  sul mondo in via di sviluppo e sui gruppi più vulnerabili in tutte le società. In un recente documento, la Banca Mondiale stima che, nel 2009,  l’attuale crisi economica globale potrebbe spingere altri 53 milioni di persone al di sotto della soglia  dei 2 dollari al giorno. Questa cifra si aggiunge a quella di 130 milioni di persone costrette alla povertà nel 2008 dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia. Queste tendenze minacciano gravemente l’esito della lotta alla povertà negli Obiettivi di sviluppo del millennio entro il 2015. È evidente che a risentire di più delle difficoltà economiche saranno i bambini e per il 2009 è previsto un ingente aumento del tasso di mortalità infantile nei Paesi poveri.

È noto che i Paesi a basso reddito sono estremamente dipendenti da due flussi finanziari: l’aiuto estero e le rimesse degli emigrati. Nei prossimi mesi entrambi i flussi diminuiranno in maniera significativa a causa del peggioramento della crisi economica. Nonostante la rinnovata affermazione ufficiale dell’impegno dei donatori ad aumentare l’Official development assistance (Oda) secondo l’accordo di Gleneagles, attualmente la maggior parte dei donatori non sono in condizioni di soddisfare il loro obiettivo di aumentare gradualmente l’Oda entro il 2010. Inoltre, le cifre più recenti rivelano una diminuzione dei flussi di aiuto. Questo fa pensare con preoccupazione che un eventuale effetto diretto della crisi economica mondiale possa essere una maggiore riduzione  degli aiuti ai Paesi poveri. D’altro canto, le rimesse dei lavoratori emigrati  si sono già ridotte  in modo significativo. Questo minaccia la sopravvivenza economica di famiglie intere che ricavano una parte consistente del loro reddito dal trasferimento di fondi effettuato dai parenti che lavorano all’estero.

Signor presidente, la delegazione della Santa Sede desidera  concentrarsi su un aspetto specifico di questa crisi:  il suo impatto sui diritti umani dei bambini, il che spiega anche che cosa è sintomatico del distruttivo impatto di tutti gli altri diritti sociali ed economici. Attualmente, alcuni importanti diritti  dei poveri dipendono molto  dai flussi ufficiali di aiuto  e dalle rimesse dei lavoratori. Fra questi vi sono i diritti alla salute, all’istruzione e al cibo. In diversi Paesi poveri, infatti, i programmi educativi, sanitari e alimentari vengono realizzati grazie ai flussi di aiuto dei donatori ufficiali. Se la crisi economica ridurrà quest’assistenza, la realizzazione di questi programmi potrebbe essere messa a repentaglio. Parimenti, in molte regioni povere, intere famiglie possono avere figli istruiti e decentemente nutriti grazie alle rimesse  degli emigrati. Se la riduzione  di entrambi i flussi continuerà, priverà i bambini del diritto di essere educati, creando una doppia conseguenza negativa. Non solo impediremo ai bambini il pieno esercizio del loro talento, che, a sua volta,  potrebbe essere messo al servizio del bene comune, ma si porranno anche le precondizioni di difficoltà economiche a lungo termine.  Un minore investimento nell’istruzione oggi si tradurrà in una minore crescita  domani. Al contempo,  un’alimentazione povera dei bambini peggiora in maniera significativa l’aspettativa di vita, aumentando i tassi di mortalità sia infantile sia adulta. Le negative conseguenze  economiche di questo vanno oltre  la dimensione personale e colpiscono società intere.

Signor presidente, mi permetta di menzionare un’altra conseguenza della crisi economica globale che potrebbe essere particolarmente importante per il mandato delle Nazioni Unite. Troppo spesso,  periodi  di gravi difficoltà economiche  sono stati contraddistinti dall’aumento di potere di Governi caratterizzati da una dubbia propensione alla democrazia. La Santa Sede prega affinché questo tipo di conseguenze possa essere evitato nella crisi attuale, perché sfocerebbe in una grave minaccia per la diffusione dei diritti umani fondamentali per i quali quest’istituzione ha lottato con tanta tenacia.

Negli ultimi cinquant’anni si sono raggiunti alcuni importanti risultati nella riduzione della povertà. Signor presidente, questi risultati sono a rischio ed è necessario un approccio coerente  per tutelarli mediante un rinnovato senso di solidarietà, in particolare  per quei segmenti di popolazione e per quei Paesi più colpiti dalla crisi. Tuttavia si ripeteranno errori vecchi e più recenti,  se non si intraprenderà un’azione internazionale concertata volta a promuovere e tutelare tutti i diritti umani e se le dirette attività finanziarie ed economiche non verranno poste su una strada etica che possa anteporre le persone, la loro produttività e i loro diritti  all’avidità che può scaturire dall’attenzione al solo profitto.     

[Fonte: L’Osservatore Romano]

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ZENIT Staff

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